Capitolo 12

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Otilia Roman

La settimana mi ha sfinita, e adesso ho solo voglia di stare a letto e guardare qualcosa sul computer oppure semplicemente dormire. Potrei fare entrambe le cose, anche perché Sandra è andata da Magda per prepararsi per la festa che ci sarà stasera al York. Nonostante le sue insistenze non è riuscita a convincermi nel uscire dal mio nascondiglio. Dopo tutto il trambusto di questa settimana ho bisogno dei miei momenti di solitudine.

Da quando dobbiamo occuparci della squadra di hockey devo dire che non ho pace. Questi ragazzi sono dappertutto. Se prima non conoscevo quasi nessuno e potevo camminare tranquillamente per il campus adesso non posso più. Mi giro a destra e mi ritrovo Kevin che ha una bella parlantina, a sinistra Ryan che forse è il più tranquillo, ma comunque non si fa sfuggire l'occasione per una veloce chiacchierata quando ci scontriamo nel campus. E non parliamo di Carter che forse si è fatto dare il mio orario da qualcuno, perché ogni due per tre me lo trovo davanti, pronto ad accompagnarmi a prendere un caffè oppure al dormitorio. Sono pochi i giorni in cui ha gli allenamenti e riesco a evitare un incontro con lui. E anche questo parzialmente, perché se non è lui che si fa trovare nei paraggi allora sono io che vado alla pista di pattinaggio per filmare dei contenuti insieme a Sandra.

Questo ragazzo sta diventando per certi versi la mia ombra, e non so dire se ciò mi dispiace o meno.

Con addosso il mio pigiama improvvisato, composto da un paio di pantaloni di flanella e una delle mie t-shirt preferite con la scritta "For the plot" che ha dei buchini nel tessuto grigio, accendo il laptop e lo lascio sul materasso mentre a gambe incrociate prendo il cellulare da sopra la scrivania per chiamare mia madre.

Sono quasi le undici da lei, perciò molto probabilmente ha finito tutto quello che aveva da fare e sicuramente si sarà messa a letto per guardare qualche serie tv tipo Beautiful. Ha una così grande passione per quelle cose. Oppure e l'unica cosa che riesce a tenerle compagnia vista la mia lontananza.

Con una mano metto la password sul laptop e con l'altra tengo il telefono in posizione mentre attendo la risposta dall'altra parte. I miei capelli sciolti sono disordinati e annodati tra di loro. Forse una volta finita la chiamata mi farò una doccia bollente e con la pelle ancora arrossata mi infilerò sotto le coperte a guardare qualche documentario true crime. In fin dei conti siamo nel periodo horror dell'anno no?

Non sono una fan dei film dell'orrore dove esseri sovrannaturali spuntano fuori come funghi dopo una tempesta. Ma i documentari sui crimini sono niente male. Mi rilassano anche.

Non dovrei sorprendermi quando Sandra mi manda memes sul fatto che coloro che si rilassano guardando true crime sono degli psicopatici, però secondo me quella con maggiori problemi è lei, perché sa che mi piace guardargli e continua a condividere la stanza con me.

‹‹Ciao, tesoro.›› la voce di mia madre mi riporta alla realtà, il mio sguardo tornando sulla sua figura adesso racchiusa sullo schermo del cellulare.

‹‹Ciao, mamma.›› sorrido portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio ‹‹Come stai?››

‹‹Bene.›› mi guarda con dolcezza, ma leggo un po' di preoccupazione nelle sue iridi ‹‹Volevo chiamarti anch'io.›› aggiunge, e il tono della sua voce passa da dolce a esitante.

Mi sposto sul materasso, raddrizzando la schiena e inarcando un sopracciglio. Perché quel tono di voce?

‹‹Sei sicura di stare bene?›› chiedo titubante ‹‹Per caso è successo qualcosa?››

Sei la mia Chicago (hockey romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora