Capitolo 15

461 43 21
                                    

Lasciate una stellina al capitolo per supportarmi, è importante. 🌸

Otilia Roman

Mi ha davvero portata al dormitorio alle dieci meno dieci. Giuro, questo suo gesto mi ha fatto sorridere come un idiota perché è stato uno dei pochi che ha dato davvero peso alle mie parole. Ha considerato che anche quello che devo fare io, il mio lavoro, è importante. Che quel che dico conta e non deve essere sottovalutato oppure ignorato.

Non ha nemmeno cercato di convincermi nel restare di più oppure nel invitarlo di sopra.

Eppure...

Eppure mi ritrovo a girare sui talloni prima di aprire il portone e guardarlo fisso negli occhi, perché Lui ha insistano nel accompagnarmi fino alla porta anche se la sua auto è ferma a pochi passi da noi con le luci d'emergenza accese.

Mi perdo per un attimo nella profondità del verde delle sue iridi, è la brezza fredda di inizio novembre quella che mi fa decidere di parlare. E non per augurargli "buona notte".

‹‹Ti va un documentario true crime?›› chiedo a bruciapelo, un po' perché non vorrei ricevere un no come risposta e un po' perché ho una leggera paura del sì. 

Lo vedo quel luccichio nei suoi occhi. Quella lieve curvatura delle sue labbra alla mia richiesta che cerca di nascondere con un colpo –fin troppo finto- di tosse. Il modo in cui fa un passo avanti per avvicinarsi a me, facendo sì che i miei polmoni si riempiano nuovamente del suo odore. Dio, sento già le guance prendermi colore e i palmi delle mani iniziare a sudare. Non so perché succede, siamo amici. Solo amici.

Indossare la sua maglia non è una cosa da amica, mi rammenta la mia coscienza.

Fanculo, la zittisco.

Faccio un respiro profondo, mordicchiando il labbro superiore e dondolandomi da un piede all'altro, mentre lui mi osserva senza proferire parola.

Se non gli va potrebbe semplicemente dirlo, no?

Se vuole andare al York, così come ha detto prima a Sandra, può benissimo farlo. Non sarò io a fermarlo. Non sarò io a interferire con i suoi piani. Beh, forse un po' con la mia richiesta lo sto facendo, ma Carter ancora non mi ha risposto.

‹‹Dovrei parcheggiare prima meglio l'auto.›› tecnicamente la sua non è una risposta da sì oppure no, ma lascia intendere qual è il suo intento. 

Si avvicina ancora di un passo, senza levarmi gli occhi di dosso, senza la minima intenzione di andare a fare quel che ha appena detto. L'intensità del muschio bagnato dalla rugiada mattutina che inghiotte la corteccia del albero.

‹‹Sicuro...›› abbasso lo sguardo sul suo pomo d'Adamo, per poi tornare a lasciarmi inghiottire dalle sue iridi ‹‹sicuro che non vuoi andare al York?››

‹‹Parcheggio la macchina.›› ripete e noto benissimo come il suo sguardo scende dal mio per posarsi sulla mia bocca, eppure lo ignoro, facendo finta che non sia successo.

Fingendo che neanch'io abbia guardato per un paio di secondi la sua, di bocca. 

‹‹Ok.›› non aggiungo altro, resto lì, davanti il portone del dormitorio e aspetto con le mano in tasca, fisicamente parlando, che lui torni.

Per mia fortuna trova velocemente un posteggio adeguato per l'auto, per mia sfortuna... beh, in realtà non c'è nessuna sfortuna per adesso, eppure la notte è giovane.

Una volta in camera ci leviamo le scarpe, lasciandole accanto al armadio. Sarà stupido da dire, però apprezzo che segua il mio esempio nel farlo, e ho notato che l'ha fatto anche le scorse volte. Che dire: odio la gente che cammina con le scarpe con cui viene da fuori in camera. Se puoi deve anche sedersi sul mio letto... 

Sei la mia Chicago (hockey romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora