CAPITOLO 7

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Era già mattina inoltrata quando il rumore della pioggia bussava sui vetri delle finestre della camera in penombra, ridestando Haruka. La bionda con ancora gli occhi chiusi, si stiracchiò lasciando correre una mano lungo il lato del letto, tranquillizzandosi nel sentire i lunghi e morbidi capelli della sua amata sotto il suo tocco; spostò successivamente la mano più in là sfiorando anche il braccio di Hikaru. Si alzò dunque di scatto realizzando che ciò che stava vivendo in quelle ore non fosse solo un sogno, o un incubo, in base alla prospettiva in cui lo si affrontava. Corse dal lato del letto che occupava Hikaru per accertarsi delle sue condizioni di salute. Non ne capiva molto di medicina in realtà, ma sembrava respirare normalmente e questo le sembrò, in effetti, un buon segno. Rimase quindi a fissarla per un po', a sfiorare i suoi lineamenti con un dito tracciando rotte leggerissime sulla sua pelle, quindi si chinò su di lei sussurrandole orgogliosa: - Sei la perfezione fatta umana... E sei mia figlia! - e le diede un bacio sulla fronte coperta dalle bende. Sfiorò anche il viso di Michiru, ancora profondamente addormentata poco distante dalla spalla di Hikaru, e disse: - E a te mio immenso amore, grazie perchè ogni cosa che fai per me, compresa lei, mi rende una donna migliore... - Prese una coperta abbandonata ai piedi del letto e coprì entrambe per non far loro prendere freddo. Richiuse piano la porta dietro di se e si diresse infreddolita in cucina; quella mattina il cielo era cupo, pioveva a dirotto ed il suo umore non era dei migliori. Aveva proprio bisogno di un caffè bollente per riprendersi. Mentre era seduta assorta nei suoi pensieri, Haruka sorseggiava la bevanda ascoltando i messaggi in segreteria e prestando orecchio solo di tanto in tanto allo scroscio incessante della pioggia in quella pessima giornata dicembrina. Gli avvenimenti degli ultimi tempi l'avevano parecchio turbata: non era certo facile impedire il risveglio della guerriera della distruzione soprattutto a causa delle continue interferenze delle Guardian, e contemporaneamente ritrovarsi a dover fare i conti con una grana proveniente da uno spazio tempo-diverso da quello attuale, che minacciava l'esistenza della sua famiglia, prima ancora che esistesse. E poi c'era Hikaru, la figlia adolescente concepita però nel futuro, ignara che i suoi genitori fossero ancora vivi, e che soprattutto l'avessero presa in casa con loro. Era tutto così complicato: questa distorsione spazio-temporale stava mettendo a dura prova i nervi di tutti, specialmente i suoi, che da impulsiva, era adesso costretta invece a fare esercizio di riflessione costante, onde evitare che le situazioni precipitassero ancora più velocemente, e tutto questo le portava via così tante energie da sentirsi stanca e demotivata. Inoltre covava in un angolo recondito del suo cuore una collera repressa nei riguardi della Regina Serenity del XXX secolo ed il suo entourage. Non poteva credere di essere stata vittima di una così profonda ingiustizia da parte di una persona che aveva sempre amato, rispettato e servito fedelmente in ogni spazio-tempo. Lei e Neptune erano sempre state ligie al dovere, non avevano mai messo in discussione una sola delle regole stabilite dai sovrani, avevano sempre difeso, talvolta a scapito della loro vita, i confini più esterni del sistema solare e mai un gesto di apprezzamento o di gratitudine nei loro confronti. Anzi, appena possibile, per preservare gli equilibri di palazzo, era stata utilizzata senza alcun riguardo come capro espiatorio di un crimine considerato tale soltanto da loro. Come se amare qualcuno fosse un crimine, mentre reprimere e cancellare ogni prova esistente di un amore familiare fosse un atto lecito. Poteva capire che l'improvvisa ed inaspettata incursione nemica nel sistema solare aveva portato spavento e scompiglio, ma perchè riversare la colpa di tutto ciò su lei e Neptune? E' pur vero che la legge impediva alle guerriere Sailor del sistema solare esterno di poter vivere una vita di comunità, ma Neptune era così forte, indipendente e sola che se ne innamorò fin dalla prima volta che i loro occhi si incontrarono. Ricordava bene il loro primo incontro avvenuto proprio al Palazzo di Cristallo, durante un vertice per la difesa dell'universo. Ricordava questa donna con una veste verde acqua e lunghi capelli ondulati al vento, che ad ogni suo passaggio lasciava un' inebriante scia di brezza di mare. E poi i suoi occhi imperscrutabili come le profondità dell'oceano, la sua risata argentina, il suo carisma e la sua misteriosa personalità, ma soprattutto la sua più grande nemica: la solitudine che le accomunava molto di più di qualsiasi altra cosa. Se anche avesse voluto resisterle non sarebbe mai riuscita a dire di no ad una creatura divina come lei. Forse era questo il punto? Che Uranus aveva finito col preferire Neptune a lei? Forse la vera insubordinazione agli occhi della regina non consisteva nell'aver deciso di condividere la propria vita con Neptune e la loro bambina, ma piuttosto la perdita di interesse nei riguardi suoi e dei suoi capricci reali. Eppure nella sua vita aveva una corte intera che orbitava intorno a lei, ad iniziare dal principe Endymion suo consorte e reggente del regno della Terra, e dalle fedelissime Guardian, di cui Mars era, tra tutte, la più presa di lei. Perchè prendersela allora con due persone che si costruivano soltanto la propria vita insieme in tempo di pace in un angolo remoto dell'universo? Ad ogni modo era piuttosto certa che se ad amare Neptune c'era il rischio di essere accusati di insubordinazione, non gliene importava di nulla: una sola Neptune valeva dieci, cento, mille insubordinazioni con relative punizioni, tanto il loro era un amore predestinato, ed era consapevole che si sarebbero cercate e raggiunte ancora, ancora ed ancora in ogni reincarnazione ed in ogni arco temporale. Il corso dei suoi pensieri fu però interrotto da un rumore di passi che si dirigevano verso la cucina, così qualche attimo dopo, Michiru le si presentò sull'uscio della porta appoggiando una mano allo stipite: - Buongiorno... - disse ancora assonnata, tentando di sistemarsi i capelli arruffati. - Buongiorno a te... Siedi, ti verso un po' di caffè caldo... - le disse sorridendo premurosa Haruka. L'altra allora si sedette e si stropicciò gli occhi. - Grazie... - disse prendendo la tazza bollente tra le mani per scaldarsi. - Ehi, hai un viso molto stanco... perchè non fai una doccia? Magari potrebbe rigenerarti un pò... - le parlò con la solita premura la bionda. - Devo tornare da Hikaru! - replicò l'altra sorseggiando velocemente il caffè. - Michiru, si tratta solo di cinque minuti! Se ti fa stare tranquilla sto io con lei per un pò, anche se non credo possa scappare, viste le sue condizioni... - constatò Haruka per poi continuare: - Ad ogni modo Setsuna ha avvisato che se non ci sono emergenze il medico verrà soltanto nel pomeriggio... - - Immagino di essere impresentabile, vero? Per questo mi spedisci in doccia! - scherzò timidamente l'altra, ma accettò il suggerimento della compagna tenendo in considerazione soprattutto l'apprensione che stava dimostrando nei suoi riguardi in quel momento. Forse una bella doccia dopo il caffè l'avrebbe aiutata ad affrontare quella triste giornata piovosa sotto un'altra prospettiva.
Mentre Michiru era sotto la doccia, Haruka si sedette di fianco ad Hikaru prendendole la mano e tornò col pensiero alle sue riflessioni: - Sei stata molto sfortunata piccolina, ti hanno separato dai tuoi genitori, cucito addosso un'etichetta che non appartiene a noi e addestrata alla cieca obbedienza alla sovrana... E nonostante tutto tu sei rimasta fedele e coerente con i tuoi valori e le tue origini... Non mi meraviglierei se un giorno fossi accusata di insubordinazione anche tu... Ma non preoccuparti, qui c'è il tuo papà e non permetterò mai più a nessuno di allontanarti da noi. Tu non hai ancora visto tua madre, ma da quando ha saputo che eri sua figlia è diventata una donna ancora più bella e affascinante... Forse è questo il segreto: l'hai resa donna a tutti gli effetti... - Ma di nuovo i suoi pensieri furono bruscamente interrotti dal suono insistente del campanello. Considerato che non stavano aspettando nessuno, indugiò ad andare ad aprire, ma lo scampanellare insistente la innervosì, quindi, decisa a dirne quattro al malcapitato di turno, aprì con veemenza la porta. - Ciao Haruka... - le disse subito Usagi, con un briciolo di timore per la prevedibile reazione dell'altra. Sapeva benissimo che presentarsi a casa delle due era forse una mossa azzardata e che probabilmente avrebbero ottenuto scarsi risultati, ma erano tutte preoccupate per le sorti di Hikaru, della quale dopo l'altra sera non avevano avuto più notizie. Rei e Makoto passarono persino in pasticceria per chiedere informazioni, ma nessuno seppe dar loro risposte attendibili. - Che cosa volete da qua? - chiese bruscamente loro la bionda. - Come sta Hikaru? - parlò con apprensione sempre crescente Rei, rivelando senza troppi giri di parole il motivo per cui erano lì. - Non sono affari vostri! Andatevene! - disse richiudendo la porta, ma Minako bloccò quest'ultima con un piede. - Fa freddo, piove a dirotto, siamo bagnate fradicie. Se siamo qui invece che a casa al calduccio è soltanto per chiedere di Hikaru, non mi sembra carino che tu ti comporti in questo modo! - la affrontò Minako. - Ah, non ti sembra carino? Io mi comporto sempre come voglio, figurati se non lo faccio in casa mia! - replicò l'altra.
- Siamo preoccupate e dispiaciute per quello che le è accaduto, lasciaci la possibilità di starle accanto... Di starvi accanto! - rispose Usagi. - Ti ringrazio ma hai già fatto troppi danni! - - Di cosa stai parlando? - la accusò Makoto, parandosi dinnanzi ad Usagi per proteggerla. - Adesso basta! Smettetela di comportarvi come bambine dispettose! Andiamo via, è chiaro che non vogliono intromissioni neppure in questo momento. Come se ogni cosa fosse sotto il loro monopolio! - disse caustica ma anche realistica Ami. - Per favore Haruka lasciami entrare solo un attimo per vederla... - insistè ancora Rei, noncurate degli attriti tra le altre. - E perchè dovrei farlo? Dimmi, sei forse la sua fidanzata? - le disse pungente Haruka, che ben conoscendo la risposta giocò ugualmente col tormento interiore di Rei in maniera quasi crudele, come crudele era stato il destino riservato a lei ed alla sua famiglia nel XXX secolo. - Sei senza cuore! - la accusò ancora Makoto, tentando di difendere la sua amica dalla mortificazione appena ricevuta. - Ah, io sarei senza cuore? Avete la minima idea dei problemi che ha causato a tutti noi la vostra regina nel XXX secolo per i suoi... - - Haruka! - intervenne una voce autoritaria alle sue spalle. Haruka si voltò e scorse Michiru che le aveva raggiunte in accappatoio. La violinista fece un cenno di diniego col capo, quindi Haruka realizzò: a causa della sua impulsività stava parlando fin troppo e stava rischiando di compromettere la riuscita della missione di Hikaru che invece, pur di difendere il suo segreto, si era fatta quasi ammazzare. Michiru si avvicinò a sua volta alla porta e noncurante di essere in deshabillè, chiese: - Come sta Chibuisa? - - Bene, grazie ad Hikaru. Adesso sta riposando con Mamoru... - si affrettò a risponderle Usagi, accorgendosi che nel suo tono non vi era la rabbia ed il risentimento mostrati invece da Haruka e sperò per un attimo che potesse essere un segnale di apertura verso di loro. Michiru si rivolse poi personalmente a Rei:
- Hikaru è molto debole. In questo momento non è in condizione di ricevere viste. Quando starà meglio ti prometto che le dirò che sei passata... - - Michiru per favore, solo un attimo, lasciatemela vedere solo un attimo! - supplicò ancora Rei. - Per favore, adesso andate... - disse richiudendo la porta dietro di se. - Che sfacciate, osare venire qui dopo tutto quello che è successo! - commentò infastidita Haruka. - Haruka, io capisco la tua frustrazione, ma non puoi prendertela con loro senza motivo! - - Hikaru è di là, mezza morta perchè ha fatto da scudo col suo corpo a Sailor Moon e sua figlia, vallo a dire a qualcun altro che non c'è motivo di prendersela con loro! - si arrabbiò la bionda. - Immagino che se si è comportata così avesse delle motivazioni valide. Evidentemente nonostante tutto ha ritenuto che fosse giusto così; noi dovremmo solo fidarci di Hikaru. Non è una sprovveduta! - replicò Michiru dirigendosi verso la vetrata del salotto, attratta dal rumore delle stille di pioggia che si frangevano contro di essa. Nell'oltrepassarla, la bionda avvertì ancora quell'inebriante scia di brezza di mare, la stessa che le accendeva ogni volta i suoi desideri più reconditi, e le fu immediatamente dietro; allentò leggermente la cinta dell'accappatoio, lasciando che le cadesse un pò all'altezza del torace e prese a baciare la spalla nuda della compagna, fino ad arrivare al collo.
- Pensi che ad Hikaru piacerebbe un fratellino o una sorellina? - le sussurrò poi all'orecchio maliziosamente. - Cosa c'è, ci stai prendendo gusto a fare il papà? - la provocò Michiru. - Chi non vorrebbe essere il padre dei tuoi figli? - le sussurrò ancora, mordendole l'orecchio. - Troviamo prima un modo per poter far restare Hikaru qui con noi, poi penseremo al fratellino... - le rispose Michiru prendendole il volto con entrambe le mani per baciarla, quindi disse: - Ora scusami, ma per un po' dovrai condividerti le mie attenzioni con tua figlia! - Le strizzò l'occhio mentre si rivestiva, quindi tornò in camera per assistere e medicare la ragazza. - Come sta? - chiese nuovamente Haruka quando la vide tornare in salotto dopo un po'. - E' ancora priva di conoscenza... Ormai avrebbe dovuto ridestarsi, e sinceramente la cosa inizia a preoccuparmi... - le disse Michiru sedendosi accanto a lei sul divano. Nella stanza piombò allora un silenzio strano e surreale, entrambe erano prese dai propri pensieri che momentaneamente non sentivano l'urgenza di condividere; qualcosa dentro di loro si agitava, nessuna delle due però era riuscita a definire bene cosa fosse in quel momento. Ma il rumore di una porta che si apriva ed immediatamente dopo un rumore di passi trascinati e respiri affannosi, attirò la loro attenzione. Si affacciarono subito dal salotto per vedere. Appoggiandosi alle pareti del corridoio Hikaru procedeva ansimante, piegata in due dal dolore verso l'ingresso. - Hikaru! Ma cosa stai facendo? - le chiese Michiru sorpresa nel vederla in piedi. - Grazie per l'ospitalità e per le cure, ma adesso devo proprio andare... - parlò a fatica l'altra. - Ma se non ti reggi in piedi! Dove credi di poter andare? - le disse Haruka parandosi dinnanzi. - Per favore, lasciatemi andare: ogni momento che perdo qui è una possibilità che tolgo a quelle persone di riscattarsi! - implorò loro Hikaru. - No! Non se ne parla! Stai molto male, e ti reggi in piedi a malapena! Dove credi di poter arrivare una volta uscita di qua? - tentò di fermarla Michiru trattenendola delicatamente per il braccio. - Senza contare che nemmeno i tuoi genitori ti lascerebbero andare se stessi così! - la rimproverò Haruka - E' questo il punto! Sono i miei genitori ad aver bisogno di me! - gettò la maschera Hikaru, stanca e provata da una vita di nascondimento e menzogne. - No, siamo noi che abbiamo bisogno di te! Qua e adesso! - si lasciò scappare di bocca Michiru, col timore che, se l'avessero lasciata andare in quel momento, non l'avrebbero rivista mai più. - Valgono davvero così tanto i tuoi genitori, visto che stai sacrificando per loro ogni tua singola fibra vitale? - le chiese Haruka, che consapevole e rassegnata da quella che sarebbe stata la sua risposta, si spostò liberando l'accesso alla porta di casa. - Si, sono la cosa più preziosa che io abbia e adesso che ho tutte le risposte che cercavo devo fare solo un'ultima cosa, poi potrò rendergli giustizia... Per favore lasciatemi andare... - ed aprì la porta. Si voltò indietro soltanto un'altra volta, scorgendo negli occhi di Haruka e Michiru paura e disperazione: - Non abbiate paura per me, andrà tutto bene. Grazie di tutto! - disse sorridendogli, ma fu colta da un tremendo capogiro ed una fitta al torace, che la attanagliarono in una morsa di dolore, quindi si accasciò per terra. Haruka riuscì a prenderla in braccio appena prima che urtasse ancora e senza perdere tempo si decise a riportarla a letto, ma in quell'istante un'improvvisa luce biancastra accecante le investì in pieno trasmigrando ogni singola fibra del loro essere in un diverso spazio-tempo.

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