Tence!

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Piansi, per la prima volta dopo 4 anni.
[...]
Cross mi tranquillizzò con pazienza finchè non mi alzai asciugandomi le lacrime.
'io non piango' dissi ancora singhiozzando
Lui mi sorrise e mi baciò la fronte.
'non è un male piangere' disse iniziando a camminare, io rimasi bloccata.
Lui con il suo solito tono da rimprovero mi disse 'andiamo Horan devi tornare a casa, lo sai'
'io no ehm, non so dove siamo' dissi strofinandomi una mano dietro al collo
Cross sorrise scuotendo la testa e facendomi cenno di dove andare.
La prendemmo con comoda. Nessuno dei due aveva fretta di tornare.
'è stata colpa mia?' dissi calciando un sassolino
'che?' chiese Cross
'l'incidente. È stata colpa mia vero?'
Si voltò di scatto verso di me.
'ma cosa spari? Non è colpa tua- mi prese la faccia tra le sue mani- è colpa del fato, dei fatti. Non incolparti di una cosa così pesante, okay? Queste cose succedono senza una ragione ben precisa. E' come se il destino ti volesse mettere alla prova..'
'ma io non avevo bisogno di essere messa alla prova'
'e invece si, tutti dobbiamo essere messi alla prova. E per te è stata decisa una cosa così dura perché sapevano che eri tanto forte da superarlo.'
Sospirai prima che mi strinse a sé mentre ci dirigevamo verso casa.
Appena arrivati sulla soglia mi paralizzai, tutti i muscoli si congelarono.
Cross si girò verso di me 'non mi piace l'effetto che ti fa, ti fa dimenticare quanto sei forte'
Avrei potuto rispondergli così tante cose...
'hai ragione'
'no, non mi rende debole'
'lui non mi condiziona'
Ma mi limitai a stringere le spalle, che stupida.
Poggiai la mano sulla maniglia e aprii la porta.
Iniziai immediatamente a salire le scale rivolgendo solo una veloce occhiata ai due ragazzi che stavano parlando sul divano.
Arrivata in camera chiusi la porta a chiave e mi distesi sul letto e mi addormentai subito, per fortuna.
O sfortuna...
'Nialler andiamo a giocare??' dissi rigirando la palla nelle mani
'non ne ho voglia' rispose il mio fratellone sfiorando con il pollice lo schermo del suo smartphone.
Non capivo il motivo per cui non volesse più giocare con me...
'dai andiamo!! Solo due minuti!' gli tirai il lembo della maglia
'no Tence, no.'  disse con tono duro
'daiiii' insistetti come mio solito
'ehi che ne dici se giochi all'equilibrio su quella lunga riga bianca?' propose con il dito che puntava fuori dalla finestra ma con lo sguardo ancora fisso sul telefono.
'ma papà dice che non si può' rettificai
'ma no che dici?! Stamattina mi ha detto che sono cambiate le regole ora puoi!'
Felice di quella notizia corsi fuori e mi misi a giocare sulla riga bianca ma dopo un po' divenne noioso e allora tornai in camera di Niall.
'ehi fratellone mi dai un gessetto? Voglio giocare a campana in strada' dissi in cantilena
'tieni e non scocciare' mi disse porgendomelo con lo sguardo fisso sul cellulare.
[...]
Inventai un gioco che consisteva nel tirare la palla sul numero più lontano del tabellone di campana.
Andò sul 3, sul 5 e alla fine sul 7.
Mi chinai per prendere la palla quando notai l'asfalto tremare. Alzai di scatto lo sguardo e vidi un grosso camion rosso a poca distanza dal mio naso.
L'unica cosa che sentii fu la voce di mio padre che mi chiamava e le sue braccia che mi stringevano forte.
Mi svegliai di soprassalto.
Ignorai totalmente le voci che mi chiamavano oltre la porta e mi costrinsi a stare sveglia.
[...]
Arrivate finalmente le 7 mi alzai da quell'agonia e mi vestii il più in fretta possibile.
Uscii di casa tanto velocemente quanto ne entrai la sera prima.
La pioggia che mi picchiettava sul viso mi aiutò a far passare il mal di testa.
Odiavo andare a scuola, ma non per le lezioni o per lo studio, quello era abbastanza tollerabile.
Lo schifo era la gente.
Io che odiavo stare tra le persone, mi ritrovavo a condividere ogni giorno 5 o 6 ore con 30 persone impossessate dal senso di onnipotenza, dipendenti dalle mode e dai pettegolezzi.
Ero completamente fuori posto in quel luogo.
Gli adolescenti hanno questa mania di dover criticare qualsiasi cosa, ma lo fanno alle spalle perché non hanno le palle di dirtelo in faccia.
Non sia mai che poi gli arrivi una cinquina e corrano a piangere dalla mamma.
Ho sempre pensato di essere nella generazione sbagliata.
Ma ci sarà mai stata una generazione giusta per me?
Non lo so. So solamente che questa generazione di sguardi fissi su uno schermo, dei 'lol' invece di una risata e di prese per il culo sotto voce mi fa schifo.
Tralasciando il mio odio verso la gente, arrivai in quell'edificio, pronta a condividere la mia aria con 30 ragazzini sudaticci e in preda dagli ormoni.
[...]
Fui l'ultima ad uscire dai cancelli.
Preferivo evitare la folla oceanica che si butta sulle porte appena suona la campanella.
L'ennesima buona notizia.
Le divise.
Altro modo per rendere più insipido questo gruppo di conformisti.
Arrivata all'angolo potevo avere una visuale completa, a destra la scuola e a sinistra casa mia.
I miei posti preferiti.
Come sempre non mi fermai neanche a casa.
Avevo sempre una buona ragione per non fermarmi, quel giorno più che mai.
Arrivata in palestra capii che quella mattina non mi sarei dovuta alzare dal letto.
La palestra era in restauro, per una settimana.
Fanculo.
Mi mancava solo che qualcuno mi annunciasse che Niall rimaneva di più in città.
Come un orologio svizzero Cross mi mandò un messaggio in cui mi diceva che quel codardo di mio fratello gli aveva chiesto di dirmi che sarebbe rimasto per tre mesi o più.
Pensavo veramente di essere in un incubo.
Provai a darmi un pizzicotto per svegliarmi.
Per mia sfortuna non ero mai stata più sveglia.
Decisi di scavarmi la fossa da sola e di andare verso casa.
Arrivata in salotto non poteva aspettarmi scenario peggiore, mia madre che mi veniva incontro con il suo nuovo ragazzo che mi avvertiva che non sarebbe tornata prima di due giorni.
Aspè, perché ho detto peggiore? Era una grazia divina non avere mia madre per due giorni!
Mi preparai un panino e mi buttai sul divano a leggere un libro.
[...]
Dopo un'ora circa la casa era ancora silenziosa, chissà dov'erano quei tre.
Cioè chissà dov'era Cross, Harry e Niall potevano tranquillamente non tornare.
Mandai un messaggio a Cross:
*wei dove sei?*
Rispose subito
*Con Chris*
*No ti prego dimmi che non sta qua* dissi, o meglio scrissi con il nervosismo a fior di pelle
*nono, fa tappa qua prima di andare a Sydney*
*Grazie al cielo!* risposi veramente sollevata
*Certo che detto dalla prima degli atei..*
*Ah-ah. Passo da te alle 8*
*non provarci, al massimo vengo io da te*
Riposai il telefono sul comodino.
Christina. Che nervi.
Una francesina fru fru di cui Cross era invaghito.
Sapevamo entrambi cosa voleva da lui.
Ma lui era troppo impegnato ad ascoltare le sue avventure di shopping estremo per vedere a ciò che veramente mirava.
Una volta ero lì lì per prenderle da Cross per aver chiamato 'prostituta' quella ragazza fatta di silicone.
Ma voi come la chiamate una che per avere dei regalini costosi fa la fidanzatina fedele e offre 'il pacchetto completo'?
Suonò il campanello. Harry.
Un veloce cenno del capo fu tutto ciò che gli rivolsi prima di accendere il televisore.
'Niall?' domanda perfetta Styles, perfetta.
Scrollai le spalle.
'Scusa, domanda sbagliata'
'Allora non sei cosi scemo eh?'
Mi limitai a guardarlo.
Quel braccio era ancora fottutamente viola.
Mi avvicinai e gli percorsi la linea dell'osso con il dito. A metà avanbraccio sobbalzò dal dolore.
La mia ipotesi era confermata.
'E' rotto, Styles. Devi andare all'ospedale.' Dissi con tono... dispiaciuto?
'non importa, tra un paio di giorni sarà guarito'
'Guarito sta minchia, muoviti.' Dissi prendendogli il cappotto
Lui sbuffò ma mi seguì.
Si vedeva che gli faceva male.
[...]
'in questo cazzo di posto bisogna aspettare tre ore per una fottuta visita?! Il mio amico ha il braccio rotto porca puttana. Se non ci fa entrare subito, entriamo da soli. Decida.' Gridai all'infermiera
Harry mi tirò via riportandomi a sedere 'non fa nulla dai'
'No ma sei davvero così cieco? Styles ci sono passati davanti un ragazzo con un occhio rosso e una bambina con il buco all'orecchio infiammato.'
Non mi stavo scaldando per Harry, mai. Era solo perché ero stanca, tutto qua.
Il caso vuole che i prossimi eravamo noi, infermiera smidollata.
Mi rifiutai di entrare dal dottore con lui, non volevo mi scambiassero per la ragazza o la sorella, mai.
Aspettando fuori sulle seggiole credo di essermi addormentata, mi svegliò il cigolio della porta da cui uscì il riccio con una fasciatura più grossa di lui.
Durante il ritorno a casa Harry mi chiese un paio di volte come avessi fatto ad indovinare che il braccio era rotto. E io gli chiesi entrambe le volte come avesse fatto a non accorgersene.
Gli occhi mi si chiudevano e ci misi tutta la mia forza per non addormentarmi.
Entrata in casa pensavo solo al mio letto ma mi resi conto che non potevo evitare per molto la voce di Cross e perciò mi fermai un po' con lui davanti al televisore.
E visto che mancava la ciliegina sulla torta a questa giornata, Niall arriva in salotto e cerca di parlarmi.
'Tence..'
'non chiamarmi così.' Ripetei per l'ennesima volta
Cross cercò di scrollarmi per farmi capire di stare tranquilla con lui, ma io mi spostai.
Sapevo io come comportarmi con mio fratello.
'Si scusa.. possiamo parlare?' disse balbettando
'secondo te? Secondo te ti voglio parlare eh?!' scattai
Lui se ne andò seguito da Styles.
'Non lo puoi trattare così, Horan' disse con il suo tono da rimprovero
'non mi dire come posso o non posso trattarlo. Non sei in posizione di giudicare.' Dissi ferma
'ah no? E perché?' mi rispose a tono
'Con quella puttanella che ti gira attorno credi di essere credibile eh? Spendi migliaia di dollari per lei, quando sai benissimo che è solo una drogata. Non vieni qua a criticare come tratto la gente quando hai una fidanzata che è ad ore.' Dissi, sperando che le mie parole potessero far terminare la conversazione.
Ma lui mi conosceva troppo bene.
'Oh Temperance, piccola e ingenua Temperance. A me non allontani. Neanche se ti ci metti di impegno. Vieni qua scema.'
Allargò le braccia e mi strinse a sé.
'sei stanchissima, va a dormire prima che uccidi qualcuno con questo umore.'
Sorrisi, per la prima volta in quella lunga giornata.
'Ah, giusto per informazione. Mi è scaduto il parchimetro. La ragazza ad ore non c'è più.'
'Che?' lo guardai incredula
Mi sorrise, ma io sapevo che dietro quel sorriso stava soffrendo. Ed io avevo girato il coltello nella piaga.
Non sapevo veramente che dire.
'io...scusa cioè-
'sssh' mi strinse più forte.
Potevo sentire il suo respiro farsi pesante, no Cross no. Si rannicchiò sulla mia spalla.
In quel momento i suoi 30 centimetri più di me si annullarono e mi sembrava di avere tra le braccia un bambino indifeso.
Sentirlo singhiozzare era come un grido dall'inferno.
'ehi...' gli presi il viso tra le mani asciugando le lacrime con i pollici 'non si merita le tua lacrime, okay?'
'avevi ragione... dovevo ascoltarti io-
'smettila. Vorrei tanto non averne avuta. Dai... tranquillo...'
'non ho saputo proteggere nemmeno lei come con Emma-
'Non dire cazzate Cross. È una storia diversa, completamente diversa. Non è stata colpa tua, in entrambi i casi, okay?'
Lui annuì inerme.
'Non mi piace l'effetto che ti fa, ti fa dimenticare quanto sei forte' sorrisi
Lui sorrise spontaneamente apprezzando la citazione.
Odiavo Christina, e dopo quella sera ancora di più. Dopo tutta la vicenda con sua sorella Emma, Cross ha sempre cercato una ragazza su cui riversare tutto il suo bisogno di proteggere le persone.
Si riteneva responsabile di tutto e ogni giorno si obbligava a rivivere quel fatto.
Non capivo come potesse qualcuno approfittarsi di una tale catastrofe.
Odiavo le persone.
Una volta che Cross si addormentò salii di sopra, finalmente a letto.
Inutile dire che mi addormentai subito.
[...]
Martedì.
Mi svegliai presto e presi tutto con comodo.
Per fortuna mi era passata la fase 'caritatevole' del giorno prima.
Mi ero intravista allo specchio con la divisa.
Trauma.
Tutta verde con un trifoglio sulla maglia, sulla gonna, sulle calze, sulle scarpe, dappertutto.
Poi si lamentano che all'estero vedono noi irlandesi come dei folletti verdi.
Regà, svegliatevi.
Scesi le scale e notai Cross che si stava svegliando.
'Le scale sono ancora intere? Non sono cadute?' disse ridendo del mio modo di scendere le scale
'ah-ah-ah. Buongiorno anche a te.' Dissi andando verso la cucina.
Sbattei contro un biondo in dormi veglia.
'scus-
Lo feci tacere con un segno della mano.
[...]
Rimpiangendo ancora di essermi alzata anche quella mattina, entrai a scuola.
Faceva ancora più schifo con le divise.
Non ne capivo il significato, eravamo già una generazione di pecore, in cui se uno si buttava da un ponte lo facevano anche gli altri, per non essere discriminati, che senso aveva accumunarci ancor di più?
E vi giuro che la mia classe non era da meno, in 30 non facevano una personalità completa.
Tralasciando tutto, il mio prof di Biologia fu meno noioso del solito e fece passare in fretta la sesta ora.
Uscita da quell'inferno mi incamminai verso casa.
(Da quando ero una casa-scuola?)
Lungo il tragitto notai una grossa folla ammassata in un angolo del parco.
Un'altra rissa. Che noia.
Non mi fermai nemmeno e proseguii diretta verso casa.
Lì mi feci un panino e mi guardai intorno, la casa era troppo silenziosa.
Cross mi aveva detto sarebbe tornato a casa sua perciò non mi aspettavo di trovarlo in casa, ma il Riccio e lo scassa coglioni sarebbero dovuti essere in casa. Boh.
Mi buttai a capofitto in un libro.
Dopo una mezz'ora, o un'ora entrò Harry farfugliando qualcosa a proposito della rissa al parco.
Quando alzai lo sguardo dal libro lo notai intento ad aprirsi una bottiglietta d'acqua, senza risultato.
Mi alzai e gliela aprii. Ma prima di ridargliela gliela richiusi un po', giusto per non essere troppo generosa.
Mi sorrise ma io fui distratta da un messaggio
*Dobbiamo parlare*
Il numero era sconosciuto ma sapevo esattamente di chi poteva essere.
'Di chi è questo numero?' chiesi ad Harry mostrandogli il telefono
'Niall.' Rispose lui abbastanza sottovoce
'okay.' Dissi velocemente cancellando messaggio e numero.
Harry lo notò.
'forse aveva bisogno' disse con voce ancora più bassa
'nah, non credo' replicai lasciando ad intendere che non ne volevo parlare.
Ma naturalmente il buonsenso era rimasto in Inghilterra.
'Sai vi somigliate molto tu e lui' disse sorridendo
Che aveva da sorridere sempre?
'ah e sentiamo in cosa dovremmo somigliarci molto?' dissi in tono tanto scherzoso quanto 'dì una cosa fuori posto e ti spezzo le ossa'.
'andiamo, avete lo stesso carattere. Avete la stesa faccia, lo stesso modo di fare. Gli occhi sono fatti con lo stampino. Siete entrambi orgogliosi e-
'sisi ho capito okay' lo interruppi dalla sua lista della spesa 'beh esco, ciao.' Dissi uscendo.
Non ero abituata a stare così tempo a casa ed ero convinta che il restare troppo in quelle quattro mura mi facesse diventare pazza.
Camminai senza meta per un'oretta.
In quel lasso di tempo pensai a molte cose, una in particolare.
Pensai a che fare con Niall. Sapevo che Cross aveva ragione quando mi diceva che dovevo affrontarlo.
Insomma, nei 4 anni della sua assenza ero diventata forte, non mi interessava più della gente.
Non ero più la bambina lagnosa che conosceva e credo che questo l'abbia spiazzato, non sapeva più come affrontarmi.
Naturalmente erano parole di Cross, non mie.
Pensai che anche per lui è stata difficile la perdita di un padre, era solo stato più furbo, si era trovato il modo per scappare dalla realtà e vivere nel suo piccolo mondo, cosa che io non ero riuscita a fare.
Devo ammettere che un po' avevo voglia di sentire ciò che aveva da dirmi ma dall'altro l'altro il mio orgoglio comandava e non mi sarei mai permessa di scendere a patti con il cuore.
Comunque quell'ora mi servì solo per crearmi ulteriori film mentali.
Ecco cosa faceva l'astinenza dalla palestra.
Senza rendermene conto i miei piedi mi portarono da mio padre.
Mi sedetti davanti alla sua fotografia, a gambe incrociate come facevo da bambina quando ci raccontava le sue avventure nei Marines di quando era ragazzo.
Iniziai a raccontargli di tutto, dalla palestra alle nuove divise, dal braccio rotto di Harry ai miei pensieri su Niall. Tralasciai la parte in cui mia madre andava con il primo che capitava, temevo che mio padre sapendolo si sarebbe rattristito. Che?
Nulla, la noia fa fare pazzie.
Mi alzai di scatto per uscire da quel posto quando all'ingresso notai Niall. Che?
Che ci faceva lui lì? Non era mai venuto a trovare papà e tanto meno era voluto andare al suo funerale perciò cosa voleva?
Prima che potessi elaborare qualcosa me lo ritrovai davanti. Ci guardammo dritti negli occhi senza dirci niente. Nessuno dei due sapeva cosa dire.
Lo sguardo di Niall si soffermò sulla fotografia di papà.
'quella foto, chi la fatta mettere?' disse quieto
'credo l'avesse chiesta lui o qualcosa del genere' risposi.
Mio padre essendo stato nei Marines era sempre pronto ad una possibile catastrofe e perciò stilava un testamento e lo rinnovava ogni 6 mesi.
Lo faceva fare anche a me e a mio fratello. Non ricordo altro, ero troppo piccola.
'perché?' dissi per riempire il silenzio
'in questa foto- cominciò Niall avvicinandosi all'immagine- c'eravamo io e te insieme a lui. Avevamo entrambi la faccia piena di cioccolato, causa la torta di nonna Rose. È per quello che rideva così' si soffermò a guardare quel gran sorriso in fotografia.
'Dov'è nonna Rose?' mi chiese Niall
'non te l'hanno detto?' gli chiesi
'non ho voluto saperlo' tipico suo.
'Nello Cheshire, in una casa di cura. Una volta all'anno ci manda una lettera. Si ricorda ancora così tante cose di noi. Sai, l'anno scorso le dissi che avrei voluto vederla ma lei me lo proibì, lo proibì ad entrambi. Vuole che la ricordiamo come la nonna sprint, dice che si vergogna di ciò che è ora'
'Che idiozia.' Rispose a proposito del rifiuto di Nonna
'La famiglia delle idiozie eh?' dissi senza pensare. Mi stavo mettendo a mio agio. E anche lui.
Sorrise 'ti ricordi dei testamenti?'
'non molto, ero troppo piccola' risposi sinceramente.
Ma ciò non sembrò scocciargli, anzi sembrava felice di raccontare la vicenda.
'Papà era in ufficio a rinnovare il testamento, quel paranoico.- disse sorridendo- tu entrasti con tutta la voglia di vivere che si ha a tre anni e volesti farlo anche tu. Corresti in camera da me e ci mettemmo a disegnare tutto quello che trovavamo in cameretta e ogni cosa era per qualcuno. La lampada a zia Rosy, il cuscino con Superman a nostro cugino Jack e quello con Batman a John. Poi c'era quel peluche- sorridemmo entrambi- disegnasti te sopra le nuvole e sotto l'orso attaccato ad un palloncino. Dicesti che staresti tornata a tormentare chi l'avrebbe preso. Poi mettemmo i disegni sotto la porta dell'ufficio di papà che quando li vide li appese in salotto. Chissà dove sono finiti.'
'ehi aspetta dov'è il mio peluche?' dissi anche abbastanza seria
'che?' Chiese Niall
'il mio peluche. Sono seria, dov'è finito?' ripetei.
Feci ridere Niall. Mi ballò l'occhio sulla foto di papà, gli somigliava così fottutamente tanto porca puttana.
Non glielo dissi e mi limitai a guardare l'orologio e ad alzarmi.
Niall fece il segno della croce e guardò me in aspetta di una replica di quel gesto.
'io non credo in queste cose' dissi semplicemente allontanandomi
'Non credi più in Dio?' chiese incredulo
Feci cenno di no con la testa
'e perché?' insistette
'Non so, la gente crede a cose che poi finiscono solo per deluderle. Papà credeva all'esistenza di qualcuno che ci protegge tutti quanti. Eppure è là, tre metri sotto terra. Preferisco non credere a niente, che a credere a qualcuno che non vedo poi così buono' spiegai
'capisco' rispose
'davvero?' risposi quasi incredula
'è una tua scelta, non mia. Non c'è nulla di male, e anche se dovessi costringerti a crederci non ci riuscirei. Vedi te potrai far finta di credere, solo per evitare moine ma comunque continueresti a non crederci davvero.'
Non gli risposi subito, ero troppo stupita da ciò che aveva appena detto. Niall, io ero rimasta a te con la memoria limitata, non potevi uscirtene con ste frasi.
'Sono d'accordo' mi sforzai di sorridergli
Arrivai a casa dove mi trovai l'ennesima sorpresa.
Odiavo le sorprese, ma quella proprio la detestai.
Non bastava avere in casa mio fratello e il suo amico, che tra l'altro si allenava nella mia stessa palestra, ora dovevo avere il gruppo al completo in casa mia.
Mi girai verso Niall che non ne era stupito.
Lo sapeva.
'lo sapevi?' scattai
'ti prego' quasi implorò
Non so cosa mi successe ma acconsentii a quella novità.
Entrammo in salotto e mi sedetti sul divano.
Poteva avermi convinto ad averli in casa, ma mai e poi mai sarei scesa a presentazioni o cazzate simili.
[...]
A cena.
Convinsi Cross a cenare con noi. Per fortuna.
'Bella Dublino' disse Leeroy, no aspè Liam.
'ma che cazzo di discorso?'
Annuii.
Niall guardò verso di me, aspettandosi di più ma si accontentò.
'Già, è una città in cui c'è tutto' rispose il biondo
'Ma fai rispondere tua sorella Niall' disse il ragazzo quasi odioso come la sua voce.
Ma con quella voce come faceva a fare il cantante?
Credo di averlo guardato male troppo a lungo perché Cross intervenne tirandomi un calcio sotto il tavolo.
'Louis, lasciala stare' intervenne Zack
'Ma che cazzo ha? Non può parlare, rispondi andiamo.' Insistette
Stretti i pugni sotto il tavolo e Cross mi scosse ancora, più per supporto che per rimprovero.
'che hai non rispondi?'
'Louis.' lo richiamò mio fratello
'l'incidente ti ha guastato la lingua?'
Scattai in piedi e senza pensarci il mio pugno entrò in collisione con la sua mascella.
Dopo il primo colpo Cross mi bloccò da dietro e mi rese impossibile continuare.
Il moro, l'altro e Niall lo portarono fuori di peso.
Oh poverino.
Cross mi guardava ma non saprei dire come, ero troppo concentrata sul riccio che imprecava.
'io non volevo, davvero non fa così di solito è che- entrò Niall passandosi una mano trai capelli.
Lo fermai.
'Va bene così, benissimo.' Risposi
Senza lasciarlo finire uscii dalla stanza, l'aria iniziava ad essere irrespirabile.
Mi fermai appena fuori dalla porta, non avevo voglia di andare in giro.
Inutile dire che Niall mi raggiunse quasi subito.
'Tence io no dai non volevo io-
'ho detto che era tutto okay, ed è tutto okay' lo interruppi neanche troppo duramente
'okay capito, non insisto' sorrise
'vado a dormire, buona notte.' Risposi
Mi addormentai con l'immagine di quella faccia fottutamente odiosa rovinata da un livido su tutta la guancia.
[...]
Mercoledì.
Mi alzai, costretta dal suono della sveglia.
Infilai la divisa e corsi fuori dalla porta.
Il salotto era già pieno di quei 5 ragazzi dominati dagli ormoni.
Ignorai tutte le loro parole buttate alle vento.
Le 6 ore bloccata a scuola erano l'unico momento di liberazione da quell'ambiente troppo familiare.
Stavo crollando senza lo sfogo della palestra. Mi rendeva troppo vulnerabile stare a casa tra tutte quelle persone che fingevano di tenerci a me.
Purtroppo le 6 ore finirono. Ma la voglia di tornare a casa era nulla, decisi di andare a trovare mio padre.
Ultimamente lo stavo pensando molto.
La strada la feci concentrandomi sulle goccioline che mi picchiettavano sulla pelle.
Arrivata davanti a mio padre rimasi un attimo impacciata prima di avvicinarmi e asciugare la fotografia dalla pioggia e sorridergli.
Mi interruppe un uomo sulla cinquantina, pelato e con la pancia che usciva dalla camicia aperta.
'ragazza togliti, oggi spostiamo la salma'
'cosa? Non si avvertono più i familiari?'
'La vedova ci ha dato l'okay'
Dopo vari attimi per rendermene conto lui mi domandò se ero un familiare perché serviva per riconoscere la salma.
Mi stava chiedendo di riconoscere i resti del corpo di mio padre, di vedere il mio eroe sconfitto.
Non potei far altro che accettare.
Mentre scavavano per arrivare alla bara picchiettavo il piede per terra. Impaziente di finire questa cosa.
Quando iniziai ad intravedere la bara mi sentii i brividi percorrermi la schiena.
Mi dissero di coprirmi la faccia perché ci sarebbe stato odore, alzai il colletto della camicia scolastica sul naso e sulla bocca.
Io che non piangevo mai ero completamente sovrastata dalle lacrime quando vivi il corpo di mio padre ancora completamente intatto, uguale a come me lo ricordavo, solo più pallido.
Singhiozzai quando vidi il mio peluche stretto nella mano destra.
Perché ero rimasta lì? Potevo andarmene e ignorare la storia.
Perché quella troia di mia madre non era venuta?
Perché ero io l'unica a cui importava ancora di papà?
Rimasi lì finchè la salma di mio padre non riposava in un altro posto tranquillo.
Tornai a casa sul pomeriggio tardi.
Percorrere la strada fu più che difficile.
Mi mancava il respiro e inciampavo nei miei stessi piedi. Il mondo al di fuori era sfocato.
Riaprendo quella cassa avevano riaperto il mio passato. Tutte le lotte fatte erano diventate inutili ormai.
Ero piccola e impotente. Senza una meta. Rivedere quel viso perfetto rovinato dalla paura sul suo volto mi aveva straziato l'anima. E poi quel peluche.
Era troppo per me. Mi ero nascosta alla vera me per troppo tempo. Mi illudevo di essere forte, ma fino a quando crollerò per il mio passato non lo potrò mai essere.
Senza rendermene conto i piedi mi portarono alla palestra. Stavo per tornare verso casa quando notai che le luci erano accese e la porta era aperta.
Ma che?
Mentre percorrevo il corridoio sentii qualcuno chiedere di me a Cross e lui che rispose che aveva escogitato un piano per farmi passare un po' di tempo in famiglia.
Quasi saltò quasi mi vide arrivare. Dovevo avere una faccia veramente distrutta a giudicare dalla sua espressione.
Mi scagliai su di lui appena fu abbastanza vicino.
Mi ero dimenticata come fosse picchiare con tanta rabbia qualcuno.
Ma lo meritava, meritava ogni pugno, ogni graffio, ogni livido e ogni singola goccia di sangue.
Se non mi avesse mentito sulla palestra non sarei ridotta così.
Nessuno osò fermarmi e non so con quale autocontrollo lo feci.
Devo ammettere che lo conciai male ma non me ne importò.
Mi ricordo perfettamente i suoi occhi senza terrore, nonostante tutto ciò che gli avevo fatto.
Stavo sfogando tutta la tensione accumulata su di lui e ciò non era dalla sua parte.
Mi alzai e me ne andai. Non ero in grado di affrontare nient'altro.
Entrai in casa e non notai quell'odioso di Louis finchè non ne uscì con:
'Ma questa dove l'ha perso il buon senso?'
Lo sollevai per il colletto della maglia a righe, lo sbattei contro il muro con tutta la forza che avevo, lo sbattei a terra e uscii di casa.
Fantastico. Ora anche casa mia era invasa dagli scassacazzo.
Ero completamente disorientata. Non sapevo che fare o dove andare.
Di solito in casi come quello andavo da Cross, ma visto che era Cross il problema, dove sarei andata?
Girovagai fino a che non vidi il sole del Giovedì mattina.
Avevo deciso di fottermene di tutto.
Nel freddo di quella notte decisi di lasciare la scuola, di trovare un qualcosa di cui vivere e di andarmene da tutto.
Tutta la gente che mi aveva fatto del male non mi avrebbe più vista.
Nella mattinata passai a prendere le mie cose essenziali in casa e mi incamminai verso la palestra, per prendere anche lì le mie cose.
Appena entrai nello spogliatoio attirai l'attenzione di tutti, ignorandola.
Feci cadere a terra uno dei borsoni mentre aprii l'altro per buttarci dentro la mia roba.
Guardandomi per la prima volta le mani dopo il pomeriggio precedente mi accorsi del sangue secco che le macchiava.
Andai verso il bagno e mi misi a lavarle.
Quando alzai lo sguardo dallo specchio intravidi il viso tumefatto di Cross che mi fissava.
Mi voltai in ricerca della porta, cercai di uscire dalla stanza ma il suo corpo mi bloccò la strada.
'Togliti dalle palle' dissi per niente convinta spingendolo.
Ma lui se lo aspettava e non si mosse dalla sua posizione.
'Prima parli poi valuto se spostarmi' disse come se la sua faccia non portasse i segni del giorno prima
'io non ti devo dire proprio niente, togliti.' dissi infastidita
Lui rise e si avvicinò a me.
Io indietreggiai ma lui continuò a venire verso di me finchè non scontrai la schiena contro il muro.
Mi mise una mano sotto la faccia e mi obbligò a guardare il suo viso.
'Guardami in faccia e dimmi che non dobbiamo parlare di nulla andiamo.- mi strattonò le mani fino a portarmele davanti alla faccia- guarda le tue mani e dimmi che non dobbiamo dirci nulla o vuoi vedere questo per capire che non puoi andartene senza dire nulla' disse togliendosi la maglietta e lascando strada al mio sguardo di vedere cosa le mie mani avevano fatto. Era come se mi fossi ingoiata i polmoni, non credevo di aver fatto ciò o meglio, non credevo di aver fatto ciò a lui.
Guardandolo ciò che aveva fatto era diventato così insignificante.
Era la prima volta che capii di aver esagerato con chi non se lo meritava.
Mi lasciai scivolare fino a terra e mi passai le mani nei capelli tirandoli fissando il soffitto.
Passando lo sguardo dal soffitto agli occhi di Cross quasi mi sentii male a vedere compassione nei suoi occhi.
'Non guardarmi così' scattai in piedi ma lui mi bloccò e mi strinse a sé, anche se ciò gli provocò un forte dolore a contatto con i lividi.
Approfittando della sua debolezza lo spinsi via, presi velocemente i borsoni e corsi fuori.
La fortuna fu dalla mia parte, perché in quel momento si accostò alla fermata degli autobus un pullman che senza pensare presi.
Mentre ci allontanavamo dalla palestra vidi Cross correre fuori e passarsi nervosamente una mano tra i capelli.
Dopo aver convinto l'autista di farmi stare a bordo anche senza biglietto, in cambio dell'equivalente in denaro chiesi dove eravamo diretti.
Lui mi disse un nome che non conoscevo, ma non mi sforzai di chiedere. Semplicemente accettai.
Il telefono continuò a squillare fino a quando non lo spensi. Mi sarei presa un'altra scheda telefonica quando ne avrei avuta la possibilità.
Il viaggio non durò molto, un'ora credo.
Non mi sforzai di imparare il nome del paese ma comunque era un piccolo borgo nella provincia di Dublino. Boh.
---------------ANGOLO AUTRICE------
GRAZIE!
Grazie per tutte e 80 le letture, per tutte e 14 le stelline e per i 6 commenti!
Ed eccolo qua il capitolo della svolta, devo dire che è anche abbastanza lungo rispetto agli altri.
Anyway, dopo questo capitolo ce n'è uno già pronto da postare perció appena ci sono un po' di stelline e commenti aggiorno!
Baci scriccioli!
Sally<3

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