CAPITOLO 9

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Noah

Una testa riccioluta vaga per tutta la stanza. Mi sono anche accorta che si è cambiata i vestiti.
Helene osserva ogni minimo dettaglio dei pianeti.
Non si aspettava che la portassi qui, perché c'è una cosa che lei non sa.
La prima volta che l'ho vista stavo esattamente qua, in questo planetario, a fumarmi una sigaretta in un angolino propio davanti il cartello
"vietato fumare".
È entrata con il fratello e la sorella, che io conosco e devo dire non siamo in buoni rapporti.
Dopo aver varcato la soglia è rimasta minuti interi a guardare la stanza con ammirazione.
I suoi fratelli e le altre persone all'interno stavano parlando o guardando il telefono, lei no, lei era l'unica a essere affascinata da quello che vedeva.
E lo ero anch'io la prima volta che sono entrato qui.
Ha fatto un giro su se stessa per guardarsi intorno e si è diretta ai pianeti, li ha osservati uno a uno. Cazzo se era bella.
Sono stato tutto il tempo a fissarla, il bello è che lei non aveva visto me e non mi aveva beccato, ma suo fratello e sua sorella si, erano dietro di lei, così avevo tolto velocemente lo sguardo su di lei.
Non faceva caso a nessuno, era semplicemente attratta da quello che aveva intorno.
Quando si era messa in un punto dove potevo vedere il suo viso, anche da vicino, ho visto i suoi occhi.
Verdi, di un verde acceso che non avevo mai visto prima, sembravano due smeraldi, il viso con un po' di lentiggini.
E poi mi sono accorto della sua cicatrice.
Mi sentivo un buco nello stomaco.
Gli attraversava metà guancia.
In un viso così dolce quella cicatrice non centrava nulla.
Eppure l'aveva, faceva parte di lei.
Ma anche con quella rimaneva veramente bella.
Come se l'era fatta?
Poi la seconda volta l'ho vista ai giardini, stava con dei suoi amici.
Anche là mi sono concesso di osservarla, guardare le sue mosse, e quello che faceva ma lei non mi aveva notato.
Ho cercato un modo per parlargli ma non riuscivo a trovarlo.
La terza volta è stata al campetto, quando mi stavo allenando con i miei amici.
Mi era finalmente venuta un'idea per parlarci.
Certo potevo trovarne una più civile, ma non era da me.
Stavo per tirare il canestro quando "accidentalmente" la palla le andata in faccia, per un'attimo pensavo che gli finiva dalla parte della cicatrice, ma poi è andato nell' altra.
E lei si è incazzata. Molto.
Tanto quanto mi ha urlato parole molto spregevoli e si è avvicinata a me.
E io ho sorriso soddisfatto.
Da quella conversazione ho capito che è una testa calda, aggressiva, si arrabbia facilmente e non si fa mettere i piedi in testa.
Proprio come me.
Non so cosa mi è successo, ma non riesco a levarmela dalla testa dal giorno che l'ho vista al planetario.
<<No sul serio, sono proprio curiosa di sapere come lo sapevi>> ritorna da me, si ferma e poggia le mani sui fianchi.
Ma non glielo dirò, questa cosa voglio tenerla per me.
Ha capito che non risponderò la intravedo dalla luce blu e viola nella stanza allontanarsi e si mette seduta tra uno dei tanti sedili, quelli davanti i pianeti, io invece me ne sto nello stesso angolino dell'altra volta.
<<Cosa ti era successo stamattina? in bagno>> è da un po' che glielo volevo chiedere, lei mi guarda, anche se non posso sentirlo so che si irrigidisce, e non spiaccica una parola.
<<<Da quanto li hai?>> non demordo
<<Cosa?>>
<<Sai a cosa mi riferisco. Gli attacchi di rabbia>> rispondo serio.
I suoi occhi guardano i miei, è sul punto di dirlo ma c'è qualcosa che la frena.
<<Perché lo vuoi sapere?>>
<<Sono solo curioso>>
<<Fai male a esserlo>>
<<Rispondi e basta>>
lei mi guarda infastidita e con gli occhi a due fessure. Ma poi si arrende e me lo dice.
<<Da quando ho 15 anni>>
<<Cazzo>>
<<Già>>
Annuisco, so che forse non ne vorrebbe parlare quindi non chiedo altro.
Dalla sua faccia mi sembra che si sia sforzata per dirmi anche solo questo.
È riarrivato il momento di fumare. Cerco il pacchetto di sigarette nei pantaloni, poi ne prendo una e l'accendo. Ho gli occhi fissi su di lei e anche lei sta fissando me.
Mi godo il veleno che mi sto iniettando.
Prendo il primo tiro come se non ne potessi farne a meno, e in realtà è vero, non posso farne a meno di fumare.
Helene si alza e si mette vicino a me, con la schiena al muro.
Indugio per un po' sulle sue labbra, lei se ne accorge e arrossisce di poco.
Restiamo in silenzio ancora un po', e io mi sono fatto già 5 sigarette.
<<Fumi troppo>> mi guarda con le braccia incrociate e gli occhi a due fessure.
Alzo gli occhi al cielo <<Ti preoccupi per me?>>
<<Non mi sto preoccupando. Era una supposizione>>
<<Non me ne frega un cazzo delle tue supposizioni>>
<<Se è per questo neanche a me frega un cazzo di quello che tu vuoi sapere su di me>>
faccio una risatina sommessa.
Stiamo ancora un po' in silenzio prima che parli
<<L'essere umano è masochista. Alcune persone sono così abituate a ricevere dolore che non riescono più a farne a meno. Fumiamo, anche se sappiamo che fa male e che può portare alla morte. Provochiamo le persone, superiamo i loro limiti, apriamo delle porte su cui c'è scritto di non entrare, anche se sappiamo che prima o poi avranno una reazione che ci procurerà dolore anche fisico. Beviamo e ci droghiamo, anche se sappiamo che crea dipendenza, che non riusciremo più a starne fuori e che può portarci al coma. Le persone fanno di tutto per scappare da un loop di pensieri, di azioni, di dolore e di un legame con qualcuno e quant'altro, però appena ne usciamo ci ricreiamo nuove paranoie su di esso senza neanche accorgercene, così ripartiamo da zero e rifiniamo in quel loop continuo che non finisce mai. Noi esseri umani siamo anche autodistruttivi.>>
<<Grazie professor Noah per la sua lezione sugli esseri umani>>
Mi stacco dal muro e mi metto davanti a lei, mi avvicino sempre di più e inizio a giocare con il mio dito su un suo ricciolo.
Si irrigidisce al mio contatto, il suo profumo sa di vaniglia, dolce ma allo stesso tempo un'odore forte e aspro.
Faccio un'altro passo avanti, gli sono a un centimetro dalle labbra, trattiene i respiro, forse perché anche se facesse un movimento le sue labbra toccherebbero le mie, sento un brivido attraversargli la schiena >>E comunque noi esseri umani siamo anche curiosi, e prima o poi la nostra stessa curiosità ci ucciderà Helene>> la sento irrigidirsi sempre di più, sta ancora trattenendo il respiro e io sono incantato dai suoi occhi.
Non risponde, è troppo concentrata a fissarmi la bocca, e io la becco in pieno, mi esce una risata roca.
La squadro dalla testa ai piedi, soffermandomi sopratutto su i suoi seni rotondi.
Questa situazione mi fa molto ridere.
E anche fa anche alzare il mio amichetto quando mi avvicino ancora di più sentendoli toccare il mio petto.
<<Cosa c'è, ti sei incantato Owen?>> rialzo lo sguardo su il suo viso, sono un mix tra sorpreso e divertito.
<<Allora il non ti hanno tagliato la lingua ragazzina. Comunque ti prego di ricordami la parte in cui io ti avrei detto il mio cognome>>
<<Oh, com'è che hai detto? prima o poi la nostra stessa curiosità ci ucciderà Noah>> sorride falsamente.
Mi metto di fianco a lei avvicinandomi al suo orecchio, solo ora mi accorgo di un piccolo tatuaggio che ha sotto di esso.
Delle ali.
Sono grandi e sembrano quelle di un angelo, anzi lo sono.
Lei rimane interdetta, e ancora non mi capacito dell'effetto che gli faccio.
Struscio la mia bocca sul suo collo ma senza baciarla, e avvicino la mia mano sul suo fianco, facendo una leggera pressione e dei cerchi immaginari con le dita, l'altra la avvolgo al lato del collo.
La sua pelle è calda, se potrei dire anche ardente.
Helene di rimando spalanca gli occhi, stupita di quello che sto facendo.
È pietrificata, ha i battiti del cuore a mille, gli leggo nei gli occhi che vorrebbe scappare con tutta sé stessa, ma anche rimanere qui.
Ghigno contro il suo collo.
Continuo a poggiare la mia bocca sulla sua pelle, sentendone ogni centimetro.
<<Noah! Ma che cazzo di fine hai fatto?>> una voce che conosco fin troppo bene urla nel corridoio.
Cazzo. È Chris. Quel coglione.
<<Noah si può sapere dove sei?!>>
Helene si stacca subito da me e la vedo riprendere fiato.
Una porta si spalanca e giriamo tutti e due verso essa.
Chris. Ovviamente.
<<Ah. Eri qua. Cazzo ti ho cercato per tutto il college, solo che questo posto è enorme>> si appoggia le mani sulle gambe, ha il fiatone, sembra che ha appena fatto una maratona di corsa, e lo si capisce anche dalla sua faccia ansante.
<<Si. Ero qua>> rispondo annoiato.
<<Ciao dolcezza>> Solo ora si accorge di Helene, infatti appena la vede si rimette in piedi e la saluta appoggiandosi allo stipite della porta.
Peccato che inciampa sulle sue stesse gambe e per poco non rischia di cadere in faccia avanti.
Alzo gli occhi al cielo e sento la ricciolina accanto a me ridere sotto i baffi.
<<Cosa c'era di tanto importante da dirmi, che stavi urlando per tutto il corridoio?>>
<<Ma allora mi hai sentito, perché non sei venuto da me?>> sembra offeso, ma a me fa solo che ridere.
<<Ah lascia perdere. Comunque è una questione importante. Nathan. Sta facendo a cazzotti con due tizi, lo saputo grazie a un mio amico, lo ha visto davanti al Seven Hearts. Meglio che ci sbrighiamo ad andare>> ritorna serio.
E lo faccio anche io, non rido più.
Cazzo possibile che quel coglione di mio fratello si deve sempre cacciare nei guai?
Mi giro verso Helene, mi guarda come se stesse aspettando una mia risposta.
<<Arrivo>> dico riguardando il mio amico.
<<Con te non ho finito, Lawrence>> ora mi rivolgo alla ragazza accanto a me.
<<A me sembra di non aver mai iniziato, Owen>> alza la testa decisa.
Devo dire che non sembra ancora ripresa da quello che stava succedendo prima dell'arrivo di Christopher.
In mia risposta le concedo solo una risata molto inquietante, poi avanzo verso Chris e varchiamo tutti e due la porta.
Per andare a salvare quel cretino di Nathan.
Sento sopra la mia spalla la mano del mio amico vicino a me
<<Poi devi raccontarmi cosa ho interrotto>> ghigna malizioso.
E sinceramente non lo so neanche io.

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