L'incontro

15 6 3
                                        

Evelyn trascorse il resto della notte rigirandosi nel letto, incapace di liberarsi dalla sensazione di essere osservata. Ogni volta che chiudeva gli occhi, la figura sulla strada appariva nella sua mente, fissa e immobile come un presagio. Al mattino, le sue ossa erano pesanti, gli occhi stanchi, e il mondo sembrava ovattato. La luce del sole che filtrava attraverso le tende sembrava troppo brillante, troppo normale, per tutto ciò che aveva provato.

Non poteva fare a meno di chiedersi chi fosse quell'uomo. Il modo in cui l'aveva fissata, come se sapesse qualcosa che lei ignorava, non poteva essere casuale. Doveva scoprirlo.

Decise di prendersi una pausa dalla sua solita routine. Il lavoro poteva aspettare, così come le persone che conosceva. C'era qualcosa di più urgente da affrontare: la verità. Indossò un cappotto pesante e uscì nella fredda aria autunnale, diretta verso il centro della città, verso le strade che la notte prima sembravano così diverse, avvolte da ombre che non avevano nulla di rassicurante.

Mentre camminava, Evelyn sentiva lo sguardo della gente su di lei, ma non le importava. Aveva in mente solo quel volto, o meglio, quella silhouette. Era sicura di poterlo rivedere, come se fosse stato lì ad aspettarla. La città, con i suoi vicoli stretti e le sue strade tortuose, sembrava un labirinto in cui le ombre si attorcigliavano, pronte a risucchiarla dentro.

Arrivata in un piccolo caffè all'angolo della piazza, si sedette fuori, nonostante il freddo. Si avvolse meglio nel cappotto e osservò il mondo scorrere davanti a lei. Era una giornata ordinaria per tutti gli altri, ma per lei era diversa. Sentiva l'energia nell'aria, come se qualcosa stesse per accadere.

E poi lo vide.

All'inizio pensò di essersi sbagliata. Il sole gettava lunghe ombre tra la folla, ma c'era una figura che sembrava più scura delle altre, quasi fuori posto. L'uomo della notte prima camminava tranquillamente tra la gente, come se fosse parte di quel mondo, eppure sembrava non appartenervi.

Evelyn trattenne il fiato. Il cuore le accelerò mentre lo osservava avvicinarsi, ogni passo così leggero, eppure così inevitabile, come se fosse un cacciatore che aveva già scelto la sua preda. Lei. Non era possibile che lui l'avesse trovata così facilmente, eppure lì stava, diretto verso di lei.

Il loro sguardo si incrociò, e Evelyn sentì il tempo rallentare. Era come la notte prima: quegli occhi, freddi e impenetrabili, la fissavano con una tale intensità da farle gelare il sangue. L'uomo si fermò davanti a lei, ignorando la gente che passava accanto, come se fossero ombre in un mondo che non gli apparteneva.

"Tu," sussurrò Evelyn, la voce che tradiva il suo nervosismo. Era una dichiarazione, ma anche una domanda. Chi era quest'uomo? E cosa voleva da lei?

Lui non rispose subito. Si limitò a osservarla per un lungo istante, come se stesse valutando se valesse la pena parlare. Poi si sedette lentamente sulla sedia di fronte a lei, senza chiedere permesso, come se fosse già stato invitato.

"Mi hai cercato," disse, la sua voce profonda e vellutata, con un accento che Evelyn non riusciva a identificare. Era come una melodia antica, qualcosa di lontano e dimenticato.

Evelyn deglutì, confusa. "Io... No. Non so chi sei."

Un leggero sorriso si fece strada sulle labbra dell'uomo, ma non raggiunse i suoi occhi. "Non ancora. Ma lo scoprirai presto."

Lei si irrigidì. C'era qualcosa in lui che la metteva a disagio, ma allo stesso tempo, non riusciva a distogliere lo sguardo. Era come essere di fronte a un abisso, sapendo che cadere sarebbe la fine, ma sentendosi comunque attratta dal vuoto.

"Chi sei?" chiese infine, cercando di mantenere la voce ferma. Doveva sapere. Quel senso di familiarità, quell'attrazione pericolosa non potevano essere casuali.

L'uomo inclinò leggermente la testa, come se fosse divertito dalla domanda. "Il mio nome è Darius."

Darius. Il nome scivolò nella sua mente come un sussurro, come se fosse già stato lì, sepolto in qualche angolo nascosto della sua memoria.

"Cosa vuoi da me?" domandò Evelyn, stringendo le mani intorno alla tazza di caffè, cercando conforto in quel semplice gesto. Ma la verità era che la sua presenza l'agitava, un'energia oscura e potente emanava da lui, qualcosa di cui non riusciva a liberarsi.

Darius si sporse leggermente in avanti, i suoi occhi come due abissi che la fissavano senza pietà. "Non sono io che ti cerco, Evelyn. Sei tu che sei stata scelta."

Le parole la colpirono come un colpo dritto al petto. Scelta. Quella parola la risuonava come un'eco nella sua mente, collegandosi al patto di cui sua madre aveva parlato prima di morire. Quel patto che legava la sua famiglia a un destino oscuro, che l'aveva sempre perseguitata senza mai rivelarsi completamente.

Evelyn si sentì come se il terreno sotto i suoi piedi stesse cedendo. "Il patto..." mormorò, e vide lo sguardo di Darius cambiare, diventare più intenso, più affilato.

"Esatto. Il tuo destino è già stato scritto, molto prima che tu nascessi," disse lui con calma, come se stesse parlando di una semplice formalità. "Ma ora è il momento di decidere se accetterai o cercherai di combatterlo."

Evelyn si sentiva paralizzata. La sua mente correva in mille direzioni, ma non riusciva a trovare una via d'uscita. Era come se tutte le strade la portassero a quell'uomo, a quel patto.

"E se non volessi farlo?" chiese, la voce rotta dall'incertezza.

Darius si alzò lentamente, la sua figura torreggiante sopra di lei. "Non è una questione di volontà, Evelyn. È una questione di destino."

Il patto oscuro Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora