Capitolo 1

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La vita è come uno specchio: ti sorride se la guardi sorridendo. 

(Jim Morrison)



«Oh mio dio». La sua voce era roca da far paura. «Ti prego, sì», urlò senza ritegno. «Più forte». Si sentì un colpo della testata del letto che sbatteva contro il muro. «Così, così!». Una, due, tre, quattro volte, a distanza sempre più ravvicinata. «Oh ti prego, più su, più su!». Altri colpi e cigolii delle molle sotto al materasso. «Oh sì, continua, continua, continua!», alzò il tono; come se fosse umanamente possibile per una donna gridare ancora più forte di così. Non contenta si lasciò andare a sospiri e a suoni gutturali di piacere. «Sto per venire, sto per venire!».

«Non ancora, cazzo», i colpi si acquietarono all'improvviso, lasciando spazio a respiri affannati e a grugniti. «Trattieniti o te lo faccio ingoiare, stronza!». Uno schiocco, come di uno schiaffo al contatto di una mano sulla pelle nuda, si propagò nell'aria e ne seguì un urlo di dolore. Sì, era proprio uno schiaffo. E forte, anche. «Ne vuoi ancora?»

«Oh sì!», ridacchiò eccitata.

I colpi ripresero a rimbombare ma meno frequenti, come lo erano anche le urla. Adesso si udivano solo grugniti e gemiti trattenuti. Fino all'esplosione di un gridolino estasiato. «Girati». Non era ancora finita.

«Oh!», urlò sorpresa. «Non ne hai avuto abbastanza?». La sua eccitazione dilagava.

Un altro schiaffo e un grido soffocato che si trasformò ben presto in un borbottio. «Mi devi quattrocento bigliettoni! Fai quello che ti dico».

Udii scricchiolare le molle e sbattere qualcosa, poi un urlo potente, un altro di fatica, e un altro ancora di disperazione. Ne seguirono altri strascicati, di godimento e delle botte ripetute contro il muro, sempre della testiera probabilmente. «Dai, cazzo. Ahrg», quel grido strozzato mi fece rabbrividire. E di nuovo schiaffi e urla, tafferugli e passi pesanti sul pavimento.

Poi silenzio. Tutto tacque.

Rimasi in ascolto ancora un po', ma per quella sera era andata. Potei liberare la testa dal cuscino con il quale avevo cercato di ripararmi da quei rumori molesti che ogni notte mi tormentavano dall'appartamento accanto. La parete della mia stanza era così sottile che mi sembrava quasi di essere dall'altra parte insieme a quei due. Lei la conoscevo, lui no. Il lui cambiava sempre in quella stanza, come anche nella vita di Dolly Glynne. Di solito il lui di turno era un tipo losco, poco raccomandabile, dalla dubbia moralità, incline a spacciare agli angoli delle strade o ai rave, e a smerciare roba di contrabbando. Inoltre poteva succedere che il lui fosse uno dei fornitori del negozio della stazione di servizio che Dolly gestiva; quando gli affari non le andavano bene si offriva di pagarli in natura svolgendo un altro tipo di attività. Seppure con una certa discrezione, per quanto potesse esserlo in una cittadina di poco più di seimila abitanti come Hurricane, nel West Virginia. Tutti sapevano tutto di tutti, o quasi. Certe cose si trova il modo di nasconderle. Certe altre no, per cui o lo si trova o si compra il silenzio con altro silenzio... non so se mi spiego. Ecco perché Dolly riceveva i suoi creditori in quell'appartamento e ogni volta era una sofferenza. Avevo provato di tutto: i tappi per le orecchie, accendere la radio o la musica a tutto volume, ma riuscivo a sentire i colpi anche con le cuffie ben infilate nelle orecchie. Era come se mi trovassi sul set di un film porno. Terrificante.

Se l'attività si prolungava prendevo il mio cuscino e mi trasferivo sul divano, ma era scomodo dormire su quell'ammasso informe che io e mia madre avevamo già trovato lì. Quell'appartamento era l'unica sistemazione che potevamo permetterci al momento. Quindi non ci provavo nemmeno a lamentarmi.

Mai innamorarti del tuo confidente (Confident #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora