Capitolo 2

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Secoli di poesia e siamo sempre al punto di partenza

(Charles Bukowski)


Quello che i genitori non ti dicono è proprio quanto hanno bisogno di te in certi momenti.

Perché da un genitore ci si aspetta che sappia prendersi cura di se stesso e anche della sua famiglia.

Però i problemi sorgono quando anche un genitore va nel panico più completo: l'orgoglio gli impedisce di chiedere aiuto agli estranei, figurarsi ai propri figli. Perché un genitore è un adulto e non può accettare l'aiuto di chi ancora deve crescere. L'adolescenza è fatta per lo svago, per uscire con gli amici, fare tardi la sera; l'adolescenza serve per farli arrabbiare gli adulti, per rendergli la vita complicata, non per facilitargliela.

Fino a qualche mese prima la pensavo così, anzi in realtà non pensavo neppure a ciò che comportava essere adulti: avevo tutto, comprese le cose inutili che la vecchia me reputava così tanto indispensabili. Mi bastava chiedere e il giorno dopo la ottenevo. Adesso invece era tutto diverso. Per prima cosa era mia madre ad avere un gran bisogno di me e non cercava minimamente di nasconderlo, anzi, tutt'altro; si affidava a me per qualsiasi cosa non riuscisse a fare, trattandomi come un'adulta. Forse per la situazione particolare ai limiti dell'assurdo in cui eravamo state catapultate e che avevamo imparato a fronteggiare contando l'una sull'altra. Lo aveva capito subito che non era più il caso di trattarmi come una bambina e mi aveva sbattuto in faccia la cruda verità prima che lo avessero fatto gli altri a scuola o ovunque andassi. Ben presto avevo imparato che sarebbe stato inutile protestare o ribellarsi e che l'unico modo per andare avanti era fare squadra.

«Ash?», sentii la voce assonnata di mia madre da dietro la porta. La discostò per fare capolino all'interno della mia camera grande quanto la cabina armadio che avevo inclusa nell'altra camera, quella che avevo nella mia vecchia casa. Lì, invece, c'era a fatica spazio per il letto e un piccolo armadio dove avevo infilato tutte le cose che ero riuscita a far entrare in una valigia quando ci avevano notificato il sequestro dell'immobile e degli altri beni intestati a mio padre. «Cosa vuol dire che...», entrò all'interno della stanza e notai che stringeva in mano il bigliettino che le avevo lasciato sul tavolo della cucina, «siamo in rosso di uno zero?». Oltre che mezza addormentata per aver dormito solo tre ore quella notte, era anche confusa. E in quel periodo lo era spesso. Soprattutto alle sei e mezzo del mattino.

Finii di infilarmi il golfino e le lanciai un'occhiataccia. «I conti che avevo fatto in previsione delle spese di questo mese avevano uno zero in meno. Colpa di quella fattura sulle scorte di medicinali per l'ambulatorio».

«Che diamine», sbuffò facendo smuovere la frangetta che le copriva la fronte. «Mi hanno appena staccato un assegno ed è già andato ancora prima di riscuoterlo», sospirò. «Che meraviglia». Si strofinò la faccia stanca e arrabbiata già appena sveglia. Indossava una felpa lunga e un paio di leggings di lana che evidenziavano le sue gambe lunghe e longilinee.

«Vedrò di trovarmi un lavoro che occupi tutta la giornata». Mi sbrigai a radunare le mie cose e a infilarle nella borsa.

«Non se ne parla!», la sua voce si fece stridula. «Devi andare a scuola, Ash». Sbarrò gli occhi castani con qualche sfumatura più chiara, proprio come i miei.

«Tanto che ci vado a fare?», alzai lo sguardo per un istante e aveva già assunto la posizione da rimprovero, con i pugni chiusi sui fianchi.

«Non so... per studiare?», sbatté le ciglia in uno sfarfallio, come se quella fosse la risposta più ovvia. «E prendere il diploma. Ti manca così poco».

Mai innamorarti del tuo confidente (Confident #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora