Capitolo 3

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TW: il capitolo presenta contenuti sensibili, scene di violenza che potrebbero urtare il lettore.

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Haylen

La musica inizia, le prime note si diffondono nella sala, avvolgendomi come una nebbia che dissolve i confini della realtà, trascinandomi in un mondo dove solo il mio corpo e il movimento esistono. Sono di nuovo qui, al centro, in bilico tra il desiderio di lasciarmi andare e la necessità di continuare. Gli occhi bruciano per la stanchezza e ogni muscolo urla, implorando una tregua, ma non posso permettermi di ascoltarli.

Mi posiziono alla sbarra, richiamo alla mente il primo passo e, al suono della battuta iniziale, alzo il braccio come se quel movimento fosse l'unica cosa che mi tenesse ancora in piedi. Sulle punte, scivolo sul pavimento che ormai è parte di me, lo sento come una seconda pelle, una superficie familiare che conosce ogni mio inciampo, ogni mio passo incerto e ogni mia vittoria. È qui, in questo spazio, che la danza diventa respiro, diventa tutto ciò che resta di me e del ricordo di mia madre.

Le gambe tremano, e non so se è per la fame o per la fatica che mi morde ogni fibra. Non ricordo nemmeno l'ultima volta in cui ho mangiato qualcosa di sostanzioso. Forse un pezzo di mela? Un sorso d'acqua? Ma tutto questo perde di significato ora, perché il ritmo mi travolge e mi guida attraverso la coreografia. Il mio corpo, così fragile, non è più che un'ombra, un'illusione che stringo e piego alla volontà della danza.

Mi guardo nello specchio, e ciò che vedo è un riflesso sbiadito, una ragazza pallida, con il volto scarno e lo sguardo perso, ma non mi fermo. Ignoro quella figura, ignoro ogni richiamo alla resa e sollevo ancora le braccia, sentendo la musica che vibra nelle ossa, ogni nota un fremito che mi spinge a non mollare.

La musica diventa carezza, diventa un abbraccio silenzioso che culla ogni movimento. Con lei mi sollevo, leggera, le braccia che si muovono come piume, mentre la mia mente si svuota e ogni dolore, ogni fatica, sembra dissolversi. Non esiste più né fame né sonno, solo quel ritmo che mi attraversa, mi governa, e mi porta verso l'ultimo passo.

Quando la musica si spegne, resto lì, immobile, sentendo il battito del cuore che rimbalza contro le costole.

E poi... il silenzio. Un silenzio che riempie la sala, come un abbraccio. Mi fermo, ansimo, le gambe che mi cedono e cado sul pavimento. Mi porto una mano all'altezza del petto, striscio verso la borsa e tiro fuori la bottiglietta d'acqua.

Mi prendo il mio tempo per ritrovare il respiro, e quando il battito del cuore si calma, raccolgo le energie per ripartire. Mi alzo, alzo una punta e premo play sullo stereo, ma vengo interrotta da una vibrazione che sento a malapena provenire dalla borsa. Aggrotto la fronte, sorpresa, e guardo lo schermo del telefono. È Jude. Il suo nome lampeggia per un istante, poi la chiamata si interrompe. Sto per posarlo di nuovo, ma subito riparte.

«Pronto?» mi schiarisco la voce, ancora sorpresa. «Jude?»

Dall'altro lato del telefono, una risata divertita. «Ci metti sempre così tanto a rispondere? Ti ho mandato un'infinità di messaggi.»

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⏰ Ultimo aggiornamento: 8 hours ago ⏰

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