Prologo

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Era una fresca sera di settembre. Mamma e figlia stavano camminando mano nella mano lungo un vialetto alberato, a passo lento. La bambina poteva avere al massimo una decina di anni. Attorno a loro le foglie rosse e gialle cadevano dagli alberi e venivano spinte poi via dal vento, prima di rotolare sul terreno.

Il vialetto era lungo e asfaltato, portava a una casa in stile coloniale, che si alzava su quattro piani. Per entrare in quella proprietà avevano dovuto superare un pesante cancello di ferro e in lontananza potevano ancora sentire l'abbaiare dei cani da guardia.

Si fermarono davanti alla scalinata che portava all'entrata della grossa villa e si scambiarono un lungo sguardo.

La bambina era chiaramente preoccupata.

«Andrà tutto bene» le disse la madre, poggiandole un bacio sulla massa di capelli scuri e ribelli.

La bambina si fece coraggio e andò a bussare al portone. Si allungò sulle punte e prese in mano il grande battente a forma di testa di leone e lo batté due volte contro il legno della porta bianca. Tornò da sua madre e attese.

Poco dopo un ragazzo poco più che ventenne aprì la porta, era in tenuta da maggiordomo. Non disse nulla, dietro di lui, però, c'era una donna. Era bassina e con degli assurdi capelli rossi raccolti in un'acconciatura alta e pomposa e aveva i due incisivi davanti incredibilmente sporgenti.

Sorrise alle due ospiti e costrinse il maggiordomo a farsi da parte.

«Oh, siete arrivate! Quasi non ci speravo più» disse la donna, indossava un lungo abito blu scarlatto, strusciava sul pavimento. «E chi è questa deliziosa creaturina?»

La bambina non rispose finché la madre non le diede una spintarella. «Deidre» disse con una vocina incerta.

«Oh, Laura, hai una figlia che è un incanto!» si complimentò l'altra facendosi da parte.

«La ringrazio, Madre Winifred» ringraziò Laura, prendendo di nuovo la mano di sua figlia nella propria ed entrando nella villa. «E grazie infinite per l'ospitalità».

La porta si chiuse alle loro spalle.

L'ingresso della villa era sfarzoso ed elegante, molto ampio e luminoso. I pavimenti erano in marmo lucido e al centro della stanza spiccava una magnifica scalinata anch'essa in marmo bianco, che portava ai piani superiori dell'edificio.

Il lungo abito di Madre Winifred frusciò sul pavimento quando si voltò verso le sue ospiti con un largo sorriso. «Sorella Laura, perché non lasci la bambina con Sorella Vera, mentre noi due discutiamo di questione non adatte ad orecchie così giovani?» suggerì la donna più anziana e la madre della piccola annuì.

Stringendole la mano, s'incamminò seguendo Madre Winifred lungo un corridoio costellato di porte. La padrona di casa bussò ad una di queste ed entrò senza aspettare risposta. «Vera, questa è la piccola Deidre, occupatene tu per favore» così dicendo, accompagnò la bambina all'uscio e poi prese sottobraccio sua madre; insieme le due donne si allontanarono.

La bambina fece scorrere i suoi curiosi occhi azzurri su tutto ciò che la circondava. Era un luogo nuovo e interessante. Sembrava un salottino. C'era un pianoforte, una libreria, un divano e una scrivania. Seduta dietro una pila di libri c'era una donna che agli occhi della bambina appariva anziana, anche se in verità avrebbe potuto dimostrare una sessantina d'anni o giù di lì. Il suo sorriso amichevole incoraggiò Deidre ad avvicinarsi.

«Ciao, io sono Vera. Tu ti chiami Deidre, giusto?» chiese e la bambina annuì. La donna le fece cenno di raggiungerla alla scrivania e lei obbedì. «Li sai fare i trucchi con le candele?» in risposta la bambina scosse la testa.

Allora, Vera aprì un cassetto della scrivania e tirò fuori due candele bianche. Una la posizionò davanti a sé, l'altra la posizionò davanti a Deidre. «Non è difficile, guarda» disse e poi si mise a soffiare piano sullo stoppino della candela. Lentamente, questo iniziò a bruciare e alla fine prese fuoco sotto gli occhi sbalorditi di Deidre. «Avanti, prova tu».

Deidre chiuse gli occhi, si concentrò moltissimo, quando li riaprì era determinata ad accendere la candela con la forza del pensiero.

I suoi occhi erano fissi sullo stoppino e la sua mente era libera da ogni sorta di pensiero, come le aveva insegnato sua madre. Poi imitò i movimenti della donna più anziana e iniziò gentilmente a soffiare sullo stoppino. Inizialmente non successe nulla.

«Continua» la incoraggiò Vera.

Dedidre non si diede per vinta. Si concentrò ancora più intensamente, visualizzò la fiamma nella sua mente e quando lo fece, lo stoppino iniziò a fumare.

«Ci sei quasi, bravissima».

Ancora pochi secondi e la candela si accese.

Vera le fece un piccolo applauso e Deidre si sentì immensamente soddisfatta del suo risultato. Non vedeva l'ora di raccontarlo a sua madre.

Le due rimasero insieme ancora a lungo. Chiacchierarono, giocarono e Vera le raccontò un sacco di storie. Alla fine, Madre Winifred bussò alla porta e Deidre scattò in piedi, ma sua madre non era con lei.

«Dov'è la mamma?» chiese, un po' impaurita.

Madre Winifred le poggiò una mano sulla testolina e le fece una carezza sincera. «Tua madre è dovuta andare via di corsa, ci ha chiesto di badare a te per qualche giorno. Fa' la brava streghetta, va bene?»

Winifred annuì, confusa e intimorita. Si voltò verso Vera e si accorse che aveva una strana espressione negli occhi, un'espressione che non riuscì a decifrare in alcun modo.

«Sta tranquilla» le disse. «Ti divertirai, qui alla Congrega» la rassicurò Vera. «Potrai giocare quanto vorrai, ci sono altre bambine della tua età con cui fare amicizia e potrai imparare a fare un sacco di cose nuove».

Questo pensiero un po' la rassicurò, quello che più la infastidiva era che sua madre se ne era andata via senza nemmeno salutarla. Fortunatamente, pensò, si sarebbe trattato solo di pochi giorni.

 Fortunatamente, pensò, si sarebbe trattato solo di pochi giorni

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