«Allora, Delia. Come ci si sente a stare a contatto con il carnefice di Portland?» domandò Cooper, seduto di fronte a me dall'altra parte del tavolino, nella sala pranzo del personale.
Era una stanza spaziosa, riservata ai dipendenti, arredata con distributori automatici, un angolo bar e alcuni tavolini disposti lungo le pareti. Mi presi qualche secondo per riflettere, alzando lo sguardo al soffitto, come se la risposta giusta potesse trovarsi lì.
«Direi... sorprendente.» risposi infine, accennando un sorriso spontaneo.
Cooper mi osservò con uno sguardo attento, quasi divertito dalla mia sincerità, e un leggero sorriso apparve anche sul suo viso, estremamente espressivo.
«Ci siamo scambiati qualche parola, quasi nessuna a dire il vero.» aggiunsi, con esitazione. «Ma devo ammettere che, nonostante le misere interazioni, mi ha colpita. Sembra lucido, non folle come ci si aspetterebbe.»
Cooper annuì, sorseggiando il suo caffè caldo.
«Molti assassini sanno essere sorprendentemente intelligenti. Sono abili manipolatori, capaci di studiare i punti deboli delle persone e sfruttarli a loro vantaggio. Non lasciarti ingannare dal suo bel viso; il suo aspetto può essere un'arma sottile, usata per confondere e creare empatia.» spiegò il ragazzo, stringendo con entrambe le mani la tazza ormai vuota, sorseggiata fino all'ultimo goccio per affrontare le ore rimanenti della notte.All'improvviso, nel bel mezzo della nostra conversazione, ci fu un blackout. L'ospedale piombò nell'oscurità più totale, ogni angolo era avvolto da un silenzio pesante e quasi minaccioso.
Io e Cooper ci alzammo di scatto, colti alla sprovvista, mentre lui frugava in fretta nella tasca del suo camice leggermente azzurrino. Quando finalmente trovò la torcia, la accese, e un fascio di luce fioca illuminò solo una piccola parte intorno a noi, lasciando il resto dell'ospedale avvolto in ombre dense e spaventose.D'improvviso, delle urla spezzarono il silenzio. Provenivano da diversi reparti, alte, angosciate, e subito seguite da lamenti confusi. Probabilmente erano i pazienti spaventati dal buio, e il pensiero mi strinse lo stomaco. Ma fu un altro suono, uno scatto metallico seguito da una serie di click, a farmi ghiacciare il sangue. Quel suono mi arrivò alle orecchie in modo acuto.
«Le porte... si stanno aprendo?» sussurrai, cercando di mantenere la calma.
Sentivo il battito del cuore rimbombare nelle orecchie mentre cercavo di capire se stessi immaginando o meno quel che stava accadendo.
Uscimmo di corsa dalla sala, inoltrandoci nei corridoi. Cooper puntò la torcia verso una delle celle e, con un brivido di incredulità, vidi la porta socchiudersi lentamente, come trascinata da una mano invisibile. In quel momento i nostri sguardi si incrociarono. Cooper sembrava altrettanto allarmato, e capii che avevamo entrambi realizzato la stessa cosa: il blackout aveva disattivato il sistema di sicurezza delle celle che si stavano aprendo, lasciando i pazienti liberi di muoversi nel buio.
Cominciammo a intravedere i pazienti, spaventati e confusi, che uscivano dalle loro celle per vagare nei corridoi, generando un'atmosfera di caos e incertezza.
Afferrai la torcia posizionata su uno scaffale vicino a noi, dopodiché iniziammo a muoverci nei corridoi, udendo passi, sussurri e lamenti che sembrarono provenire da dietro di noi. Entrambi spostammo le rispettive torce da una parte all'altra, sperando di incontrare qualche guardia o collega che potesse aiutarci.
«Dannazione, dove sono tutti?!» chiese tra sé e sé Cooper, alzando il tono di voce, visibilmente agitato dalla situazione.
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Echoes ; Nicholas Chavez | Drew Starkey
Mystery / ThrillerDelia, una giovane studentessa di infermieristica, inizia un tirocinio presso il Willow Creek Asylum, uno degli ospedali psichiatrici più antichi e controversi dell'Oregon. Sebbene l'istituto sembri un centro riabilitativo per pazienti con disturbi...