Capitolo 2

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Aurora

Poco dopo fui dimessa dall'ospedale, ma mi rifiutai di tornare alla casa del branco, così mi rifugiai a casa dei miei genitori.

Wolfgang, gli anziani e Max si lamentarono dicendo che non era sicuro, ma a me non importava. Qualsiasi posto era più sicuro che stare vicino a loro. Vicino al mio compagno, per essere precisi.

Lì in piedi sulla soglia, guardando la polvere che ricopriva ogni superficie dell'abitazione, mi resi conto improvvisamente di quanto mi sentissi sola.

Ero finalmente tornata a casa mia, ma non avevo nessuno che mi aspettava. Ero completamente sola.

Mamma non c'era più. Papà non c'era più. E nemmeno Montana.

Mi addentrai, ripensando ai bei tempi andati, ricordando quando io e papà giocavamo a nascondino o quando avevo incontrato Montana per la prima volta.

Io e lei litigavamo su tutto, ma poi facevamo pace davanti a un film horror e a una ciotola di popcorn.

Una lacrima mi solcò il viso. La asciugai. Ne avevo abbastanza di piangere.

Andai in cucina e tirai fuori la scopa, la paletta e tutto il necessario per la pulizia.

Avrei pulito questo posto fino a farlo brillare. Avrei spazzato via tutto, compresi i brutti ricordi.

Quando finii era già notte. Decisi di fare una doccia veloce e di ordinare una pizza per concludere la serata.

"Evviva, pizza!" Esultò Rhea nella mia testa. Non potei fare a meno di ridacchiare.

Ero seduta sul divano a guardare la TV quando suonò il campanello.

Presi i soldi dal tavolino e mi diressi alla porta. Stavo per aprire quando Rhea saltò in piedi, eccitata.

"È qui!" Gridò nella mia mente, saltando su e giù tutta contenta.

"Calmati, Rhea. È solo una pizza", le dissi ridacchiando. Quando aprii la porta, però, non trovai il fattorino, ma il nostro alfa.

"Ugh", gemetti, esasperata, e cercai di sbattere la porta. Ma Wolfgang la bloccò con il piede, impedendo che si chiudesse.

Provai a chiuderla un altro paio di volte, sbattendola più forte, per cercare di infliggergli un po' di dolore al piede e farlo togliere da lì. Ma quella bestia d'uomo non si muoveva.

"Cosa vuoi?" Chiesi, rinunciando a cercare di chiudergli la porta in faccia.

"Sono venuto a vedere come stai", rispose con nonchalance.

"Beh, ora mi hai visto. Sto bene. Puoi andartene", gli dissi, pronta a sbatterlo fuori.

Ma lui mi fermò ancora una volta.

"Aurora, per favore... Posso entrare?" Disse dolcemente. Per la prima volta, vidi l'emozione nei suoi occhi.

"Avanti! Ascoltiamo cos'ha da dire. Per favore?" Rhea mi supplicò nella mia mente.

"E va bene". Spalancai la porta e mi feci da parte per farlo entrare.

Lui varcò la soglia e si diresse verso il soggiorno. Chiusi la porta e lo seguii, assicurandomi di mantenere una distanza sufficiente tra noi.

Il suo odore era inebriante. Temevo che se mi fossi avvicinata avrei perso il controllo di me stessa.

Si fermò al centro del mio salotto, sembrava un cucciolo smarrito. Non potei evitare di ammirarlo.

Era perfetto. A partire dai capelli neri, giù fino alle scarpe firmate.

"È perfetto. Il nostro compagno è perfetto", disse Rhea nella mia testa, facendomi alzare gli occhi al cielo.

Odio il mio compagnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora