1 ⸙ 𝗜𝗹 𝗳𝘂𝗻𝗴𝗼-𝗽𝗮𝘁𝗮𝘁𝗮

59 14 35
                                    

Il lago era uno specchio

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Il lago era uno specchio.
Un albero brullo si era lasciato affondare, un braccio nero che si sdraiava stanco verso il largo.
   Tutt'attorno, le foglie secche galleggiavano tanto immobili da far pensare che fossero legate tra loro da un reticolo invisibile.
   La luce dell'alba si infiltrava tra i tronchi scuri e rossastri, pattinava sul filo dell'acqua e irradiava il velo di nebbia che sfocava le prime file di alberi sull'altra sponda. Sembrava che tutto il bosco tenesse il fiato sospeso in attesa che il sole si liberasse dall'orizzonte.

Itia se ne stava accovacciata, aguzzando la vista e le orecchie. Era sicura che se avesse imparato a rimanere immobile e silenziosa come le foglie sull'acqua, avrebbe avvistato un pettirosso o qualche altra specie di cui conosceva l'aspetto solo dai disegni sui libri.
   Di tanto in tanto, nell'erba alta, si intravedeva un coniglio o un cervo, più raramente una volpe. Aveva già avvistato gufi, cornacchie e una moltitudine di anatre, folaghe e cormorani che dovevano essere addormentati e nascosti lontano dal passaggio dell'uomo.

In realtà, ciò che sperava di catturare, era qualcosa di ancora più raro da osservare.
   Nonna Fern li chiamava Sospiri, un associato di energie mistiche che si manifestava in soffi di pulviscolo e sussurrava tra le fronde. In antichità qualcuno che si era perso nel bosco o era rimasto molto tempo su una barca in mezzo al lago, di notte, aveva giurato di udire il proprio nome, parole o persino intere frasi.

Rubus, uno spilungone dal volto spruzzato di lentiggini, anni prima aveva deciso di intraprendere una spedizione solitaria nei boschi sotto il Monte Arcuato e si era perso. Quando era tornato, aveva raccontato di essersi spinto fino alle Cascate Yalos e che una volta rinfrescatosi nel torrente, gli alberi avevano chiuso spontaneamente il passaggio dietro di lui.
   Da lì, i Sospiri lo avevano guidato attorno alle sponde del lago, ma non ricordava altro, nemmeno di essersi nutrito o di aver dormito e così nessuno lo prendeva più sul serio. Soprattutto perchè da allora, nel bel mezzo di una conversazione, si metteva a ridere o ripeteva frasi senza senso con lo sguardo fisso nel vuoto.

Ciò che però Itia si domandava con ricorrenza, riguardo all'intera vicenda, era questo: se lo credevano un pazzo e un bugiardo, perchè era mal visto addentrarsi nei boschi del Monte Arcuato, oltre le cascate? Certamente i Sospiri spaventavano tutti da generazioni, tuttavia non poteva essere l'unico deterrente che manteneva le persone sane di mente ben distanti dalla selva. Avrebbe voluto tanto scoprirlo, ma la verità è che per quanto ne fosse affascinata, tanto più temeva di perdere la ragione.

Un uccello gracchiò in lontananza, mentre pensava a Rubus e alla sua parlata balettante. Passi accorti si fermarono tra la sterpaglia, alle sue spalle. Il terreno era umido. Gli scarponi ci appoggiavano sopra senza fare rumore.
Un rospo gracidò. Un insetto le ronzò fastidiosamente vicino all'orecchio e la distrasse.

«Bu!»

Itia trasalì. Il taccuino che teneva in mano saltò con lei e per pura fortuna non finì nel lago. La voce che interruppe il suo studio ecologico, proveniva da Delion, che con la sua criniera fulva, il suo naso camuso e una risata chiassosa e breve aveva già ripreso a camminare verso il ponte, con le mani in tasca.

Il Marchio del SaliceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora