Alla meticolosa mente di Itia sfuggiva il momento preciso in cui aveva iniziato a malsopportare le ricorrenze gioviali del villaggio.
Sicuramente in un'età più infantile i raccoglimenti in piazza erano stati per lei fonte di ricreazione e di crescita, per fare conoscenza e coltivare le amicizie sotto la supervisione dei genitori.Dopodiché, l'adolescenza si era trascinata languidamente. La fase caotica ed estrema, ricca di nuove esperienze e trasgressioni che qualsiasi ragazzo o ragazza aveva vissuto negli anni precedenti alla maggiore età, l'aveva sorpassata senza guardarla.
Si era rtrovata, al contrario, spettatrice distante. Se tornava indietro con la memoria, riusciva a dipingersi dietro alla finestra della propria camera a spiare chi usciva di nascosto dopo il coprifuoco, mentre il lumino sulla sua scrivania era acceso per terminare l'ultimo volume de "Una Vita Errante: Oltre la Frontiera dei Carbonieri", un cucito delle ultime lettere di Solinga Kleinia inviate alla sorella tramite corvo.
Il suo sguardo poi si spostava verso l'alto recinto in ferro battuto che difendeva il villaggio dall'unico lato esposto, verso nord-est, e si affacciava ai sentieri che portavano ad altre comunità e al Monte Arcuato. Difendeva le abitazioni e campi coltivati e si conficcava nella roccia, lasciando libera la contea che si apriva a sud-ovest, verso i primi boschi ricchi di miceli.
La zona circoscritta al lago era considerata più sicura, poiché apparentemente i predoni non trovavano interesse ad attraversare terre selvagge e disabitate. Il Villaggio Salice fungeva infatti da "tappo" alla stretta valle che partiva dai piedi della grande montagna uncinata e scivolava verso sud, per giorni e giorni di cammino tortuoso e di praterie e paesaggi scoscesi, oltre i quali i villagini non si erano mai spinti, in segno di sontuoso rispetto del Verde, l'espressione più lampante e sublime di Madre Natura.
La Recinzione era valicabile attraversando i cancelli d'entrata e ne erano autorizzati solo i commercianti con i loro carri.Solinga Kleinia era in effetti l'unica persona ad aver scavalcato la recinzione di Villaggio Salice per non farci più ritorno, per motivi che erano piuttosto ovvi a tutti, inerenti al brigantaggio.
Il libro del suo diario epistolare era stato stampato in seguito alla sua presunta dipartita. Non vi erano più rinvenute notizie dei suoi viaggi per un secolo e questo la diceva lunga sul futuro di chi decideva di allontanarsi dal confine.
L'avventuriera stessa, in una delle sue prime lettere, aveva descritto un assalto, mentre si dirigeva in direzione di Selva Bendata, alle pendici del Monte Arcuato.
Dopo aver chiesto un passaggio ad un commerciante di ritorno alla terra natìa, con il suo mulo e un fucile sulle gambe, si erano assestati per la notte. Una banda di violenti aveva saccheggiato il carro, percosso e derubato il pover'uomo anche del mulo. Uno di quelli, alto e mascherato da una benda nera che copriva metà volto, aveva ben pensato di violentare la donna, la quale si era difesa con il fucile carico all'ultimo momento.Paradossalmente, sui Sentieri della Fortuna dava meno nell'occhio viaggiare a piedi, ma non lo faceva nessuno.
Il nome dato alla rete di strade percorribili che si diramava per le Terre di Kaalos, era d'altro canto piuttosto azzeccato. Il viaggio previsto attraversandola, era colmo di insidie e non tutte le comunità erano accoglienti verso i forestieri.
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Il Marchio del Salice
Science FictionA diciotto anni ci sono molti modi per divertirsi, se abiti al Villaggio del Salice: sbronzarsi alla festa del raccolto, giocare d'azzardo alla taverna, fare il bagno al lago al chiaro di luna, fumare la pipasballa, sgattaiolare nelle cantine con q...