La pelle sfiorava il metallo freddo della maniglia, con decisione, aprì la porta con un rumore sommesso. La stanza era silenziosa, l'aria densa di un quieto peso, come se anche il tempo avesse paura di disturbare quel momento.
Il suo sorriso, che da tempo aveva abbandonato ogni traccia di genuinità, affiorò sulle labbra con un sarcasmo pungente, l'unica risposta che riusciva a dare a quell'atmosfera carica di tensione. Con passo lento, quasi svogliato, si avvicinò al letto, guardando Chuuya, l'uomo che aveva amato ed odiato allo stesso momento, come se stesse osservando un'opera d'arte che non era mai riuscito a comprendere completamente.
"Guarda un po'", esordì Dazai, il tono volutamente leggero, "sembra proprio che ci siamo invertiti i ruoli. Pensavo che fossi io quello con la fissa per il suicidio, invece guardati"
Chuuya rimase in silenzio con gli occhi che cercavano qualcosa che non riusciva a trovare in quel soffitto bianco.
"Come hai fatto ad arrivare a questo punto? A essere ridotto a una figura che non ha nemmeno più la forza di gridare"
Dazai si abbassò leggermente, portandosi più vicino al viso di Chuuya che distolse lo sguardo, come se cercasse di sfuggire a quelle parole velenose che Dazai gli stava lanciando, penetrandogli dentro fino al midollo. Si sforzava di non rispondere, ma il suo corpo tradiva la sua resistenza. Un tremito appena percepibile gli percorse le dita, strette sul lenzuolo.
"Che ci fai qui, Dazai?", la voce stanca di Chuuya, ruppe il silenzio con un colpo preciso, come un coltellino che si conficca lentamente, "dopo quattro anni, ti sei rifatto vivo, proprio in questo momento. Sei l'ultima persona che avrei voluto vedere", continuava, come se ogni parola fosse un peso che faticava a sollevare. Cercava di camuffare invano il dolore causato dalla visita indesiderata con l'indifferenza.
"Non ti interessa davvero del motivo per cui sono qui. Per te resto colui che continua a distruggere ogni cosa che tocca", disse Dazai con un tono morbido, mischiato con ironia, come se stesse giocando con lui.
Chuuya chiuse gli occhi, cercando di fermare il dolore che gli lacerava il petto ad ogni singola parola uscita dalla bocca di Dazai. Eppure, in quel tono alquanto irritante, c'era qualcosa di familiare. La solita ironia, il sarcasmo che era stato tanto parte di loro, ma che ora suonava solo come una condanna.
"Non ti capisco, Dazai", rispose finalmente Chuuya, con una voce carica di un'ombra di rabbia, "quando avevo bisogno di te, non ci sei mai stato. Ed ora, ti fai vivo? Per cosa, per sfogarti, forse?"
Dazai non sapeva come rispondere. Quell'infinito passato che li aveva legati in mille modi, sembrava tornare a pressarlo, a stringerlo. Forse non c'era niente che potesse dire, niente che avrebbe potuto riparare la frattura tra loro. Eppure c'era qualcosa di profondamente reale, anche nel suo sarcasmo, in quel desiderio improvviso di rimediare, di trovare una via d'uscita dal buco nero in cui entrambi erano finiti.
"Sono qui perché mi rifiuto di lasciare che questo sia il punto finale. E se non te ne importa, se non ti importa più niente, allora forse mi interessa ancora di più", disse infine, togliendo la maschera di ironia, con tono più serio, quasi sincero.
Chuuya finalmente si voltò verso di lui, il volto impassibile, ma gli occhi che bruciavano di una rabbia che solo Dazai conosceva.
"Non ti frega niente, Dazai", disse con voce spezzata, "mi hai lasciato, ti sei allontanato ed ora sei qui a dirmi che vuoi rimediare. Ora sono stanco di sentire promesse che non mantieni, stanco delle tue parole"
Dazai sentì una stretta al cuore. La colpa che si portava dentro era una vecchia compagna di viaggio, che ormai non riusciva nemmeno a gettare via. Quello che restava, allora, non erano più scuse, ma il desiderio di vedere Chuuya rialzarsi, di non permettere che quella sofferenza continuasse a consumarlo.
"Forse ho sbagliato, ma non voglio vederti spegnere così, non come uno che non ha più nulla per cui lottare"
Il tempo sembrava sospeso, la stanza di nuovo immersa nel silenzio. Il respiro di Chuuya si fece più profondo, ma c'era una sorta di rassegnazione, come se stesse già rinunciando alla lotta, come se fosse stanco anche solo di combattere con le parole.
"Non so se posso credere a quello che dici", ammise infine, a bassa voce.
"E non so nemmeno se voglio farlo. Ma se c'è una cosa che mi interessa ancora, è che tu non mi faccia ancora male. Perché non so se riuscirei a sopportarlo di nuovo."Dazai rimase in silenzio per un lungo momento, fissando il volto del ragazzo davanti a lui. E per un attimo, in quel silenzio che li avvolgeva entrambi, sembrò che il peso del passato si alleggerisse, come se in quel preciso istante avessero trovato almeno una frazione di pace tra di loro.

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𝐈𝐋 𝐏𝐄𝐒𝐎 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐄𝐒𝐈𝐒𝐓𝐄𝐍𝐙𝐀 | 𝐁𝐔𝐍𝐆𝐎 𝐒𝐓𝐑𝐀𝐘 𝐃𝐎𝐆𝐒
Fanfiction"Si domandò se anche Dazai cercasse di anestetizzare i suoi pensieri e di sopprimere le sue emozioni per non perdere il controllo. Se corteggiasse così tanto la morte per fuggire da quell'eccesso di umanità? Che fossero più simili di quanto pensasse...