"Lucciola, lucciola, vien da me
Ti narrerò le favole
Tra le fronde e la vallata
Lucciola, lucciola incantata"
Evelayn si lasciò cullare dalle filastrocche cantate dai bambini in Lingua Madre, avanzando verso il falò con l'ombra di un sorriso a sfiorarle le labbra.
Lo Scettro si innalzava accanto a lei, stretto nella sua mano.
Il sangue di Kairos era già scomparso.
Ravi era bella nel buio della sera, punteggiata dalle luci di lucciole e farfalle blu, che a intermittenza spezzavano il buio accompagnando le luminescenze dei tulipani.
L'odore dei fiori e dell'estate era forte nell'aria, come sempre, eppure l'atmosfera era stranamente umida per una nottata di giugno. Il bastone mandò i suoi riflessi azzurri nel prato.
La giovane Arith affondò i piedi nudi nell'erba fresca, suo malgrado rabbrividì alla brezza ed a quella sensazione fredda.
Passò gli occhi sulla miriade di nuclei luminosi di Kalen che sfavillavano sopra le loro teste, in onore di quella festa.
Evie sfilò sotto la frotta di corpuscoli fiammeggianti, sempre simili a piccoli soli, che in quell'istante le ricordarono le schegge della meteora. Il bel sorriso si trasformò in una smorfia.
Si ravvivò appena solamente alla vista di Sigfrido seduto sul medesimo masso in cui, il lontanissimo giorno prima, aveva seduto il Guardiano consumando la zuppa con lei.
Frido teneva il grosso plico di fiabe aperto sulle ginocchia ed era circondato dai marmocchi del villaggio, accomodati attorno a lui accanto al falò, sparpagliati a semicerchio.
Sebbene Ravi fosse un via vai di Arith affaccendati nella preparazione del banchetto ed in pieno fermento per l'evento, Evelayn captò senza sforzo l'impressionante essenza del ragazzino in quella confusione.
Le lucciole sparpagliate nell'erba luccicavano ad intermittenza, rendendo l'atmosfera vagamente onirica e surreale.
Evie si fermò a qualche metro dal tepee del Guardiano, stringendosi lo scialle verde - indossato da poco - al collo con una mano e perdendosi nel particolarissimo piglio di quelle iridi blu, sferzate dalle fiamme. Frido girò una pagina con due dita e gli sguardi dei bambini seguirono quel gesto, trasognati.
Incredibilmente nessuno di loro spiccicava parola ed era solo la soave e particolare voce di Sigfrido a intervallare il silenzio tra quello sfogliare cadenzato.
I piccoli Arith erano ipnotizzati, incantati, con le gambe conserte ed i volti appoggiati sulle mani.
Qualcuno aveva il muso sporco di briciole ma pareva star dimenticando di continuare a mangiare.
A quella distanza le parole della fiaba narrata dal ragazzino erano indistinguibili e si confondevano con lo scoppiettare del fuoco, con i canti accennati dei tulipani scossi dalla brezza e con la melodia famigliare di un certo flauto... eppure Evelayn aveva i brividi. Come se riuscisse ad arrivarle in ogni caso la natura di quella storia.
Volse il capo poco lontano in direzione in una delle tepee illuminate, scorgendo la sagoma indistinta di Séamas che suonava il suo Strumento. Il ragazzo dalla folta e corta chioma scura, in tunica blu, sedeva su un baule lasciando libera la canzone imprigionata nel flauto di fluire all'esterno. La melodia si insinuò nel vento, accompagnando le favole di Frido.
Il cucciolo di Kirlian che gli dormiva accucciato ai piedi fece sorridere ancora Evelayn, che scordò il freddo per un po'.
Lei e Séamas si erano sempre piaciuti, erano amici sin da quando il moccio sporcava ancora i loro musetti impertinenti mentre correvano in giro a far danni. Erano stati inseparabili come Tarania e Tristan, poi crescendo il ruolo di Sacerdotessa Drago aveva portato Evie ad isolarsi... eppure gli occhi blu di quel ragazzo non smettevano mai di accompagnarla, nelle sue fantasticherie adolescenziali. Mai, neanche quando si alzava la luna e lei si ritrovava sola ed accaldata nel giaciglio di paglia della sua tepee, pensando a lui. Un afflusso di sangue le colorò le gote.
STAI LEGGENDO
I racconti di Tristan
FantasyTristan non aveva più mollato quel plico da quando Nazar lo aveva aperto e gli aveva narrato la fine. Rudy si chiese cosa raccontasse, per appassionarlo tanto.