CAPITOLO 8 - CHRISTOPHER (prima parte)

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Forse era vero che la memoria umana iniziasse a crearsi a partire dai quattro anni, perché il primo ricordo lucido che Christopher ricordasse riguardava il suo quinto anno di vita.
Quella mattina era particolarmente felice, non solo perché era iniziato l'autunno, - da lui tanto amato per via dei suoi colori caldi e per il suo incuriosirsi nel vedere le foglie cadere dagli alberi - ma soprattutto perché stava per iniziare il suo primo anno scolastico. I genitori lo avevano rassicurato, senza sapere
che lui non aveva bisogno di alcun tipo di rassicurazioni. Era infatti entusiasta di poter finalmente imparare cose "da grandi",di scoprire come funzionasse in parte il mondo a lui circostante.
Ogni qualvolta che sua madre mandava una lettera alla zia,
Christopher osservava con i suoi occhi attenti quelle strane forme che si andavano a creare con l'inchiostro sulla carta. Ora che anche lui era diventato grande abbastanza da
impugnare una penna d'oca e scrivere, non vedeva l'ora di farlo, sperando che la sua grafia fosse più simile a quella elegante della madre che a quella disordinata del padre.
No, Christopher non era affatto preoccupato per la scuola.
Sapeva che ci sarebbero stati anche altri bambini ad apprendere insieme a lui e ne era contento, avrebbe potuto farsi degli amici - o almeno questo era il termine che aveva
usato suo padre per descrivere quelli che sarebbero stati i suoi nuovi compagni di classe - e condividere con loro le sue passioni, talvolta ne avesse avuta alcuna.
Erano arrivati come sempre troppo presto, così presto che la scuola non aveva ancora aperto.
Christopher vide il padre contemplare il minuto orologio che era solito portare nella tasca della sua misera giacca beige.
Avrebbe dovuto già essere a lavoro, eppure teneva stretta l'esile mano del figlio nella sua, aspettando con lui l'apertura del cancello. Camminando per le vie, non poté fare a meno di immaginarsi come sarebbe stato l'edificio. Aveva pensato a qualcosa di colorato - pareti di un blu brillante o di un rosso corallo, verde smeraldo o di un viola tenue - magari con persino qualcosa di buffo disegnato sopra. Rimase alquanto deluso nel trovarsi invece davanti un laido istituto. Era spoglio di sentimenti, quasi fosse stato scelto appositamente per
emanare malumore e infrangere fantasie infantili...
Pian piano gli altri bambini iniziarono ad arrivare, accompagnati anch'essi chi dal padre e chi dalla madre.
Christopher non faceva altro che girarsi a destra e a sinistra,
allungando il collo, per cercare di inquadrare tutte quelle nuove
facce. Gli parve strano non sentirsi il viso solleticare dai capelli durante i suoi brevi spostamenti; purtroppo la madre aveva deciso di accorciare i suoi adorati riccioli, affermando che in quel modo sarebbe risultato più ordinato e composto.
Così, adesso, con la fronte nuda, con addosso un completo inusuale per i suoi standard e una sacca stretta al petto, attendeva con ansia l'apertura del posto che gli avrebbe rovinato la vita per i prossimi undici anni.

La prima delusione in amicizia non tardò ad arrivare.
Si rese presto conto che si era sbagliato nel credere di riuscire
ad avvicinarsi agli altri, molti di loro si conoscevano ancor prima
dell'apertura scolastica e se ne restavano quindi nella loro bolla, altri sembravano semplicemente non essere interessati a Christopher. Inizialmente aveva provato a farsi notare, a cercare qualcuno con cui giocare nelle poche pause che avevano. Fu tutto uno spreco di tempo. Gli venne da pensare che i giochi che proponeva non erano abbastanza divertenti; poi che fosse invece lui a non essere abbastanza divertente.
Passò le ricreazioni della settimana successiva seduto al suo banchetto, mangiucchiando la merenda che gli aveva preparato la madre.
Così anche la settimana dopo.
E quella dopo.
E quella dopo ancora.
Un giorno però si ritrovò davanti un bambino tutto trasandato, dai corti capelli biondi - evidentemente ricresciuti da una precedente rasatura - con le mani poggiate sui fianchi e uno sguardo di sfida iniettato negli occhi. Lo squadrò dall'alto verso il basso prima di sedersi accanto a lui senza permesso, quasi volesse essere invadente di proposito.
<< Dice mia sorella che giudico troppo in fretta ma qua sono tutti antipatici. Vedendoti solo in un angolino, mi è venuto da chiedermi se non fossi antipatico anche tu. Vorrei constatarlo in prima persona quindi dimmi un po', qual è il tuo nome? >>. Christopher rimase sorpreso dall'improvviso approccio ma si vide bene dal sorridergli, pur avendo capito la metà di quel che
l'altro avesse detto con il suo strano accento. << Christopher. Mi chiamo Christopher >>, scandì attentamente il suo nome, come aveva sentito fare alla madre quando qualcuno le chiedeva come avesse chiamato il suo primogenito. << Io mi chiamo Santhiago ma ho sempre pensato
fosse troppo elegante, puoi chiamarmi Thiago >>.
Christopher annuì vivacemente prima di iniziarlo a bombardare
con qualsiasi domanda gli venisse in mente in quel momento.
<< Perché hai un accento strano?>>.
Thiago incrociò le braccia al petto e alzò gli occhi al cielo, fingendo di essere contrariato.
<< Non è strano, è semplicemente un accento diverso dal tuo, è... particolare >>, si portò una mano al mento e assunse un'espressione vaga, << vediamo... beh, mia madre è russa quindi per un periodo ho vissuto in Russia. Immagino di aver
preso l'accento di lì, anche se l'unica lingua se so parlare bene resta lo spagnolo >>.
Christopher sembrò al settimo cielo nell'udire quella notizia. A vedere quella sua espressione euforica, Thiago scosse la testa.
<< Non è nulla di speciale, anzi, faceva troppo freddo >>.
<< A me piace il freddo però... senti, Thiago, ma tu quanti anni
hai? >>. Il biondino a quel interrogativo sogghignò, puntandosi un dito al petto. << Chi, io? Stavo aspettando che tu me lo chiedessi. Ho otto anni, suppongo tu ne abbia invece cinque o sei >>. Christopher rimase sorpreso dalla sua risposta. Era convinto che nella sua classe ci fossero solo bambini della sua
età, o almeno così gli era stato riferito. << Perché non sei nella sezione avanzata? >>.
<< Perché non sono mai andato a scuola prima d'ora. Il solo dover stare a contatto con le persone mi disgusta. In Russia mi hanno cacciato da due scuole quindi mio padre... aveva deciso di lasciar perdere per un po' la mia istruzione>>. A nominare il
padre, il volto del giovane si incupì, facendo svanire l'espressione spavalda di pochi attimi prima; cambiò quindi discorso, iniziando a parlare di animali marini.
In seguito Christopher scoprì che il suo nuovo amico ne era un patito e che passava ore a disegnare e colorare tartarughe e balene.

Ci fu un periodo, che durò anni, in cui Christopher smise di importarsene degli altri bambini, avendo reso Thiago il suo unico centro di conversazione e di gioco. La prima volta che l'aveva incontrato gli era sembrato beffardo e non collaborativo ma con il tempo aveva capito che non lo faceva con cattiveria.
Grazie a lui aveva ugualmente capito cosa fosse l'amicizia e
rendeva gli sguardi degli altri bambini meno pesanti.
<< Pensi che io sia strano? >>, gli chiese appena suonata la campanella. L'altro, come al suo solito, ne parve infastidito.
<< Perché dovrei pensare che tu sia strano? >>.
Christopher fece spallucce, come per scrollarsi di dosso i perenni occhi di giudizio che guizzavano nella loro direzione.
<< Se non lo fossi, immagino che a quest'ora starei giocando in mezzo alla classe con la classe, e non in disparte a loro >>.
<< Allora si, immagino tu sia veramente strano >>.
Christopher si offese profondamente a quelle parole e, mentre sul suo volto iniziò a farsi strada un cipiglio, si girò dandogli le spalle, per nascondere le sue guance già rigate di lacrime.
Thiago non si arrabbiò, si limitò ad alzare fiaccamente una mano e a scompigliargli i capelli.
<< Non ho mai detto che sei l'unica persona strana nei paraggi. Se vuoi possiamo essere strani insieme >>, e benché detto a scopo benefico, in cuor suo sapeva di essere lui quello strano, Christopher era soltanto troppo ingenuo da capire quanto in
realtà fosse speciale.

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