"Alan, è arrivato il papà, vieni qui!" il bambino corre immediatamente verso di noi andando incontro al padre che lo prende in braccio facendolo girare. Sorrido involontariamente alla scena che si crea. Quando per me arriva il momento di andare, Alan si avvicina a me e si mette in punta di piedi con le labbra corrucciate. Mi piego verso di lui e lascio che poggi le sue labbra sulla mia guancia. Gli sorrido e vado verso Isabel che mi aspetta appena fuori dal recinto del parco giochi.
"Come sei riuscita a tenerlo oggi?" dice lei cogliendo il momento per beffarsi di me. Sa bene che non sono mai stata una grande babysitter e ne approfitta sempre per ricordarmelo. "Non è stato troppo difficile oggi, dopo la scuola l'ho portato qui e aveva già fatto merenda, perciò il problema 'gelato che cola dal cono' non si è presentato. E fortunatamente c'erano i suoi amici." Dico, il ché non fa che suscitare in lei una risata ancora più forte della precedente. Almeno per una volta mi era andata bene.
La pioggia copre Sydney da giorni rendendo ogni istante più surreale del precedente. Le vacanze di Natale si stanno avvicinando e il caldo australiano non è ancora riuscito a farsi strada nell'infinito autunno che il cielo si è deciso a farci sopportare. Fortunatamente oggi la giornata non sembra essere particolarmente grigia, anzi fa abbastanza caldo nonostante le nuvole siano ancora fisse ad aspettare il momento giusto per attaccare. Dopo essere passate da casa per prendere la mia tavola, decidiamo di fare un giro del quartiere per non allontanarci troppo. La città si allunga sotto le ruote degli skate, mentre pullula di pendolari e cittadini che corrono per la città, indaffarate e stanche.
"Hey, guarda chi c'è." Isabel si gira per un attimo verso di me indicando un punto indefinito sulla strada. Guardo nella sua direzione notando tre teste familiari ridere e guardarci mentre gli passiamo di fianco salutandoli. Pochi istanti dopo averli superati sento qualcosa schiantarsi contro la mia schiena e un attimo dopo sono completamente bagnata. Merda. Perdo l'equilibrio per l'impatto e cerco di riacquistarlo in fretta ma con scarsi risultati. Fortunatamente cado sull'erba del parco che costeggia la strada e mi rialzo illesa. Io e Isabel li guardiamo incendiandoli con lo sguardo, neanche avessimo raggi laser che partono dagli occhi. Con uno sguardo d'intesa andiamo verso le fontanelle poco distanti all'interno del parco e riempiamo le bottigliette d'acqua mezze vuote che abbiamo negli zaini e in un attimo quelli bagnati e sorpresi sono proprio loro. Lasciamo le tavole sull'erba insieme alle loro, ritrovandoci a correre mentre loro ci stanno alle calcagna come sanguisughe. Arrivati di nuovo alle fontanelle loro riempiono i palloncini mentre cercano di spingerci via per non permetterci di fare lo stesso con le nostre bottigliette. Quando finalmente ci lasciano le fontanelle libere cerchiamo di riempirle il più velocemente possibile mentre loro corrono via per nascondersi. Sembriamo bambini, e ciò mi fa sorridere. Vaghi ricordi di me a sei anni si fanno strada nella mia mente costringendomi a deglutire a fatica. Cerco di scacciarli via: in quei ricordi non ci sono soltanto io. Mi porto istintivamente la mano al petto e stringo il ciondolo d'argento combattendo internamente tutti i demoni che si intrecciano nei miei pensieri, offuscando il presente. Il secondo gavettone arriva diretto sopra la mia testa e finalmente mi stacco dai ricordi per tornare coi piedi per terra. Mi giro e dietro di me Michael se la ride di cuore guardando la mia faccia, che deve essere quasi sicuramente incendiata dalla rabbia, perché in un attimo cambia espressione e comincia a correre. Io gli corro dietro stringendo nella mano la bottiglietta di plastica ora piena d'acqua. Corre e ride, e corro e rido. Questo momento si congela nella mia mente e ci resta a lungo, forse anche per troppo tempo. Sono così vicina a lui che posso aprire la bottiglietta e versargli l'acqua addosso, ma i miei piani si infrangono quando lui inciampa nei suoi stessi piedi e cade sull'asfalto del marciapiede. Lui fa da ostacolo ai miei piedi che corrono veloci e un istante dopo mi ritrovo addosso a lui, la bottiglietta stretta tra le mani si schiaccia, il tappo vola e l'acqua cade su di noi come pioggia. Sembra la classica scena da film, dove adesso i due innamorati si guardano attentamente negli occhi e si baciano. Invece no. Continuiamo a ridere mentre ci rialziamo. Una fitta atroce alla caviglia mi costringe di nuovo a terra e una smorfia di dolore si crea sul mio volto. "Hey, tutto okay?" Coglione, ti pare? Ti sono caduta addosso e mi sono pure presa una storta, dovrei stare bene? Sussurro un leggero 'si' per poi lasciare in sospeso la breve conversazione. Devo smettere di essere così acida.
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The Echo | Michael Clifford
FanfictionBabe we both know that the night were meanly made for say the things that you can't say tomorrow day. - Arctic Monkeys