La campanella interrompe la noiosa lezione di letteratura inglese lasciando in sospeso le parole del professore che, vedendo tutti gli studenti alzarsi e andarsene degnandolo appena di un saluto, rinuncia immediatamente a concludere il discorso. A differenza del resto della classe, me la prendo comoda, inserendo ordinatamente i fogli nella cartelletta e riponendo quest'ultima nella borsa. Prendo lo skate dall'armadietto e mentre mi dirigo verso l'uscita, metto le cuffie sulle orecchie e faccio partire la playlist dei Green Day. Appena varco la soglia dell'istituto in cui sono da poco ritornata, l'odore di pioggia si fa strada nell'aria facendomi incupire leggermente. E' dicembre, e qui in Australia ci sono sempre quaranta gradi all'ombra in questo periodo, eppure oggi il sole e coperto da nuvole grigie che non vogliono sentire ragioni di spostarsi: pioverà. Vedo in lontananza Calum e decido di andarlo a salutare prima di tornare a casa, ma più mi avvicino più mi rendo conto che non è solo e parla con qualcuno. Una voce familiare mi arriva attutita, coperta dalle mille persone che stanno uscendo in quel momento, proprio come me, ma più mi avvicino più la voce diventa sempre più chiara. Più mi avvicino più la confusione si allarga nella mia testa ostacolando le mie vane prove di collegare quella voce a un viso. Fortunatamente non devo aspettare molto tempo prima di capire a chi appartiene, ed è decisamente l'ultima persona che mi aspettavo di incontrare oggi. Faccio finta di nulla e tocco una spalla a Calum, salutandolo senza prestare attenzione al ragazzo di fronte a lui. Lui si piega verso il mio viso per lasciarmi un bacio su una guancia.
"Evs, lui è Michael, si è trasferito da poco da Canberra con la sua famiglia e finirà l'anno con me" dice il mio amico ricordandosi di non essere solo. Mi giro verso quest'ultimo salutandolo e rendendomi conto che wow, alla luce del giorno è anche più cari – Eva smettila. Gli rivolgo un sorriso tirato cercando di nascondere l'imbarazzo, ma con scarso risultato perché mi esce una smorfia che mi rende solo più ridicola, ma lo fa sorridere ancora di più. "Umh pensavamo di andare a prendere qualcosa da mangiare e farci un giro in skate, magari chiamiamo anche Luke e Isabel" incalza Calum poco dopo rivolgendosi a me. "Non per qualcosa, ma preferirei tornare a casa, magari ci vediamo stasera o domani" declino la sua offerta perché nonostante voglia stare un po' in compagnia dei miei amici, sono talmente stanca che neanche Billie Joe in persona riuscirebbe a convincermi. Sono tornata a scuola da appena una settimana e sono già sfinita. Tutti non fanno che parlare dell'accaduto, cercano di farlo a bassa voce, ma sembra che urlino di proposito invece. Sento il suo nome ovunque, e gli sguardi di tutti sul mio petto, dove ricade la collanina d'argento. E ora, ci si aggiunge anche questo qui, che neanche conosco e Calum ci sta facendo amicizia e mi sembra che qualcuno voglia rimpiazzare Ashton anche se so che non è assolutamente così. Michael neanche lo conosceva. E tutto questo non fa che mettermi ancora più a disagio. "Sei sicura?" dice Calum interrompendo i miei pensieri. La voce gli esce estremamente più dolce e gli si forma in viso un'espressione comprensiva, quasi triste. E mi spiace che debba assumere questo comportamento con me perché in questo momento sa benissimo come mi sento, perché lui si sente allo stesso modo. Ma lui è un ragazzo, deve difendersi con l'orgoglio e far finta di riuscire a reagire, come se tutto gli rimbalzasse addosso, anche se entrambi sappiamo che non è così.
Annuisco lievemente con la testa indecisa sul da farsi. Fortunatamente il mio istinto sceglie per me e comincio a dirigermi verso la parte opposta alla loro quando cambio improvvisamente idea. A casa resterei sdraiata sul letto a fissare il soffitto per ore, poi cenerei e tornerei in camera a fare lo stesso per altrettanto tempo e mi pentirei di non essere andata con loro. "Calum!" richiamo il mio amico salendo sulla tavola e cambiando i miei inutili piani. Sul suo volto si fa largo un sorriso che lo fa sembrare un bambino e quando anche Michael si alza, corriamo finalmente veloci fra il vento che si alza, gli alberi dei parchi e gli enormi palazzi che insieme formano la città di Sidney. Attraversiamo un isolato dopo l'altro finche, su mia richiesta, non arriviamo da Starbucks. Quando entriamo vado immediatamente verso la cassa e ordino un caffè doppio per tenermi sveglia e rimandare la stanchezza ancora di qualche ora. Prendo anche una brioche alla crema e mentre i due ragazzi dietro di me ordinano, occupo un tavolo libero. La porta della caffetteria si apre facendo tentennare la campanella posta in alto e vedo entrare Luke e Isabel. Probabilmente Calum deve avergli scritto un messaggio mentre venivamo qui. Gli faccio segno di avvicinarsi e così fanno. Lasciano le giacche sugli schienali delle sedie e dopo un rapido saluto vanno a ordinare anche loro. Quando tornano accanto a me si siede Michael e che cazzo stai facendo? Levati. Riesco a pensare solo a questo mentre mi sorride e in mano il suo caffè. Poi si gira verso gli altri e cominciano a parlare del più e del meno e la sua voce. Ha una voce limpida, da ragazzino, lievemente rauca e mi rimbomba nella testa come un eco sulla vetta di una montagna. È talmente chiara e bella che quasi la disprezzo per quanto bene mi fa sentire. Chi sei tu e che cazzo ne stai facendo della mia testa?! Nessuno, mai nessuno solo con il suono della sua voce, era riuscito a farmi sentire così inspiegabilmente bene e in qualche modo, mi porta ad accrescere la mia curiosità verso di lui. Lo guardo di sottecchi estraniandomi dalla conversazione sui videogame che i ragazzi stanno tenendo. Call of duty, Dongeoun and Dragons, Mario Cart, Fifa, non ha più importanza quale di questi sia. Normalmente parteciperei alla conversazione vantandomi dei miei alti livelli di nerditudine, ma stranamente in questo momento la mia testa è concentrata su qualcosa a cui non si era mai interessata. E Isabel se ne accorge. "Tutto bene?" mi sussurra a un orecchio interrompendo lo scorrere dei miei viaggi mentali. Annuisco cercando di essere convincente e non dare troppo nell'occhio. Lei diffida dicendo "Sei strana" e poi torna a sorseggiare la sua bevanda. Fortunatamente quella strana merenda finisce e torniamo indietro verso il nostro quartiere dopo un breve giro in skate. Si fa tardi, sono quasi le sette di sera e dovrei essere a casa a minuti. Saluto tutti e mi dirigo verso casa facendo scorrere le ruote sull'asfalto. Sulle note di The Hell Song dei Sum'41 sento altre ruote sull'asfalto oltre alle mie. Mi giro per guardare dietro di me vedendo dall'altra parte della strada Michael sfrecciare sulla sua tavola. "Che fai, mi pedini?" dico mentre tolgo una cuffia dalle orecchie. lui sorride un attimo poi indica un punto oltre di lui "Abito infondo alla strada" abbassa la testa leggermente spingendo il piede sull'asfalto venendo verso di me. Mi sento immediatamente in imbarazzo, che idiota.
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The Echo | Michael Clifford
Hayran KurguBabe we both know that the night were meanly made for say the things that you can't say tomorrow day. - Arctic Monkeys