capitolo quindicesimo.

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《questo e' il nostro numero, chiami se ha notizie》disse uno dei due 
     poliziotti dopo una lunga chiacchierata.

chiamai per telefono Axel, e dopo avergli comunicato il fatto compiuto attaccai e mi diressi a casa parecchio terrorizzata. mia madre mi avrebbe nuovamente picchiata per non essere tornata, e soprattutto, non potevo raccontarle nulla o la situazione sarebbe peggiorata decisamente.

《puttana che non sei altro, dove sei stata?》disse tirandomi un ceffone.

《mi sono addormentata fuo. .》non feci in tempo a completare la frase
    che mi ritrovai a terra con lei sopra me.

sentivo gia' la paura invadermi il corpo, e fui ancora piu' spaventata quando prese un coltello e mi sfioro' la gola. comincio' a fare a pezzi la
mia maglietta e fece lo stesso con i pantaloni lasciandomi in intimo e lacrime.  passo' il coltello sulla pancia e sali' poi sul seno lasciando inizialmente piccoli tagli, ma lunghi. cercai di liberarmi, cercai di scappare, ma avevo ormai talmente poche forze che per una volta rimpiangevo il fatto che non mangiavo.

continuo' a farmi tagli sempre piu' profondi,usciva sangue in ogni punto del mio corpo ed iniziai a credere che quella non fosse mia madre, o forse, non lo era mai stata. ad arrivare a questo punto, non l'avrei mai immaginato, ma mi salvo' qualcuno. venne un uomo da dietro, alto e magrolino, ma abbastanza forte, e la tiro' sul dal mio corpo. scappai in cerca di un luogo, ma vidi lei che mi rincorreva, quindi Axel dovevo evitarlo.
sembrava fossi in una scena di un film, io la vittima, mia madre l'assassino, e l'uomo il poliziotto. 

continuai a correre, e mi gettai in un cespuglio dopo qualche chilometro per seminarla. non potevo tornare a casa, e non avrei potuto farlo piu' o
mi sarei ritrovata morta a breve dopo questa scenata. le ferite perdevano ancora piu' sangue, e se non le avrei medicate si sarebbero infettate.
feci affidamento ancora una volta sul mio angelo, su quegli occhioni azzurri. dopo aver visto mia madre andarsene, mi precipitai a casa sua
nel minor tempo possibile.

suonai il campanello.

《ma che cazz. .che diavolo ti e' successo》disse spalancando occhi e
    bocca. sembrava fosse piu' spaventato di me.

《ti spiego dopo, aiutami ti prego》dissi agitata.

《ora o vai a trovare aiuto da qualcun altro》ribbatte' urlandomi contro.

《mamma, poi ti dico. aiutami ora!》strillai acidamente.

prese acqua ossigenata o disinfettante,non percepii bene cosa fosse,ma so solamente che bruciava tutto in una maniera assurda. mi accompagno' in bagno e dopo qualche secondo,mi riporto' un cambio formato da una sua felpa ed un pantalone di tuta. mi preparo' l'acqua nella vasca e dopo usci' dal bagno accostando la porta.

《 se hai bisogno chiedi》 disse.

mi infilai nell'acqua bollente e per un momento mi rilassai finche' pensieri oscuri mi tormentarono. ripensai alla mia vita. nessuno sapeva cio' che mi accadeva giorno dopo giorno e ne ero veramente stufa. lui, e' il primo che conosce "una parte" di me. ma di mia madre,e del resto non sa nulla. Charl invece,non sa proprio niente,e credo mi lascerebbe nella merda come tutte le altre persone che mi hanno conosciuto.

《sono davvero stufa》 dissi ad alta voce immergendo la testa nell'acqua.

    bussarono alla porta.

《toc toc》

《avanti》dissi tirando fuori la testa.

《come va?》mi chiese con gentilezza.

《normale, poi dopo ti racconto》dissi con freddezza nascondendo le
    lacrime tra l'acqua nella vasca.

avrei preferito che nessuno mi avesse mai vista in queste condizioni, ma quando ero con lui, non mi importava di come fossi, ero semplicemente me stessa con difetti e imperfezioni.  era strano l'effetto che mi faceva, davvero strano. 

Prendi fiato e ricominciaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora