🌲 𝐃𝐀𝐑𝐊 𝐑𝐎𝐌𝐀𝐍𝐂𝐄 𝐒𝐓𝐀𝐍𝐃-𝐀𝐋𝐎𝐍𝐄 🌲
"Era tutto quello da cui avrei dovuto tenermi lontano.
Ma ogni passo indietro mi portava solo più vicino."
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Mila ha studiato per tutta la sua adolescenza un piano di fuga che le permettesse di to...
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«Ciao, è possibile avere anche qualcosa fuori dal menù?», chiede la voce bassa e divertita del ragazzo di fronte a me. Sbatto le palpebre distrattamente, riemergendo dai miei stessi pensieri.
Alzo lo sguardo e inarco un sopracciglio confusa, la punta della penna resta pressata sul foglietto della comanda. «Tipo? Un cocktail speciale? Posso provare a chiedere al bartender, ma non ti assicuro nulla». Gesticolo verso Roland, che al bancone si muove come una trottola cercando di servire più persone possibili. Ha da poco sostituito Tommaso, che ha ricevuto una chiamata ed è corso fuori per rispondere.
Il ragazzo di fronte a me inclina la testa di lato e ghigna in un modo davvero affascinante, tuttavia non ne rimango folgorata come invece accade con qualcun altro. «Tipo il tuo numero. Ma possiamo cominciare con il tuo nome se vuoi».
Sbatto le palpebre di nuovo, sorpresa dal suo atteggiamento. Mi tocco distrattamente la cicatrice ai lati della bocca, chiedendomi se mi ha osservato bene tanto da vedere quello che mi deturpa. Sono sicura che se l'avesse notata avrebbe smesso di trovarmi attraente e avrebbe deviato la sua attenzione su Irina o su Erica.
«In realtà-».
La mia voce viene coperta da una più profonda e maschile, con un tono nettamente meno amichevole del mio. «In realtà, lei proprio non si ricorda il suo numero. E nemmeno il suo nome». Percepisco un calore al fianco quando si avvicina e la sua voce si abbassa in un sussurro urgente. «Vero, fox?».
Annuisco distrattamente, guardandolo da sopra la spalla. Tommaso mi fissa con i suoi occhi azzurro-verdi mentre annuisce a sua volta con un'espressione soddisfatta, poi mi trascina verso la stanza del personale mentre il ragazzo ci guarda immobile come uno stoccafisso, incapace di reagire al comportamento del mio collega.
«Che stai facendo?», chiedo confusa.
Lui si ferma e si gira per guardarmi in faccia. Soltanto adesso noto, nei suoi occhi, una luce che non ho mai visto prima. Le sue labbra sono curvate in un lieve sorriso che non ha nulla a che vedere con i suoi soliti ghigni, è una curva felice che finalmente gli contagia anche lo sguardo. E la cosa mi destabilizza, perché così felice e sereno è ancora più bello del solito.
«Ho bisogno di un favore».
«Da me?». Mi acciglio leggermente. «Cosa mai potresti volere da una come me?».
Il suo sguardo mi scivola addosso languidamente, dalla testa ai piedi, mentre si mordicchia il labbro. «Preferisco non rispondere a questa domanda. Non sarebbe la risposta che ti aspetti».
«Tommaso!», lo rimprovero alzando gli occhi al cielo.
«Ho raccolto abbastanza soldi da riuscire a pagare la prima retta di una delle cliniche più famose per pazienti oncologici del Paese. Mia madre ha la leucemia e io...», lo sento deglutire a fatica, come se fosse la prima volta che ne parla ad alta voce, «Io voglio soltanto che lei stia bene, ma il suo bene non è più con noi. Con me e mio fratello. Io non posso aiutarla come potrebbero fare loro, non ho quelle competenze. In più, sto fuori casa tutto il giorno per lavorare e Viktor rimane fino a metà pomeriggio in una scuola privata, lei resta perennemente sola. Ma non posso permettermi di rimanere a casa ad occuparmi di loro se voglio garantire un tetto sopra la testa e un piatto caldo ad entrambi».