Disaster

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Qualche mattina dopo, Ian si svegliò e trovò Mickey seduto accanto a lui, che si massaggiava la pancia. "Buongiorno, piccolo," disse Ian, dandogli un bacio fugace sulla guancia. "Che c'è? Stai bene?"

Mickey scosse la testa, il volto contratto dal dolore. "Cazzo, sto malissimo. Tua figlia mi sta uccidendo" rispose, cercando di trattenere le lacrime.

"Devi vomitare?" chiese Ian, preoccupato. "Ti accompagno in bagno?"

"Merda, sì, sto per vomitare" rispose Mickey, alzandosi in fretta.

I due raggiunsero velocemente il bagno e, dopo qualche minuto passato con Mickey chino sul cesso a vomitare anche l'anima e Ian inginocchiato accanto a lui che gli massaggiava la schiena e gli passava una mano tra i capelli, il rosso lasciò la stanza, permettendo all'altro di riprendersi e sciacquarsi il viso con l'acqua fredda del lavandino.

Ian tornò in camera e iniziò a vestirsi, ma ad un tratto sentì Mickey gridare, in preda al panico. "Cazzo! No, no no no! Cazzo! Merda!" gridava, il panico percepibile dalla sua voce terrorizzata.

"Mick! Cosa diavolo succede?" urlò Ian, correndo verso il bagno in boxer.

Quando entrò nella stanza, si pietrificò.

Mickey era seduto sul water, gli occhi gonfi di lacrime e il viso rosso, quasi fosse incazzato.

Aveva la testa tra le mani e non riusciva ad alzare lo sguardo da un'enorme macchia di sangue esattamente nel centro dei suoi boxer.

"P-Piccolo.." mormorò Ian, accovacciandosi accanto a lui mentre Mickey si accartocciava sul water e iniziava a singhiozzare. "Hey.. Shh, sono qui.."

Si piegò in ginocchio per guardarlo negli occhi e lo strinse, iniziando a piangere anche lui. "Cazzo..." ripeteva, mentre le lacrime scendevano anche sul suo viso. "Dai.. v-vieni, alzati.."

Ian aiutò l'altro ad alzarsi dal water e a rivestirsi, e poi lo strinse in un abbraccio che parlava senza parole.

Rimasero così per un tempo indefinito, sembrava che il mondo intorno al loro si fosse totalmente congelato. Finché Ian, riprendendosi un po', si asciugò le guance rosse rigate dalle lacrime con un lembo della maglietta. "Dobbiamo andare dalla Hill, amore.. Lo so che è difficile ma.. dobbiamo... esserne certi."

Mickey, totalmente distrutto, non riusciva a smettere di piangere. "N-No, c-cazzo.. n-non c-ce l-la f-faccio.." sussurrò, tremando come una foglia abbandonata alle intemperie di un vento gelido invernale.

"Piccolo, lo so, è una merda anche per me.. Ma.. dobbiamo andare, per favore" lo implorò Ian, cercando di mantenere la calma. Mickey annuì lentamente, entrando in camera per vestirsi con ancora gli occhi gonfi e rossi.

Ian si asciugò le lacrime e si vestì in fretta. Decise di lasciare Mickey solo per un momento e telefonò singhiozzando a Fiona. "F-Fi, per favore, puoi tenere Katy? È.. una situazione di merda," chiese, la voce rotta.

"Arrivo subito, Ian. Cosa è successo?" rispose Fiona, preoccupata.

Ma lui non rispose.

Non era qualcosa di cui si poteva parlare al telefono.

Quando Fiona arrivò dopo poco, vide Ian con gli occhi gonfi di lacrime. "Cosa diavolo è successo?" chiese di nuovo, cercando di capire.

Ian non se la sentiva di dirle la verità almeno per ora. "Non posso parlarne adesso, Fi.. ti prego. Prendi Katy e tienila occupata," disse, mentre prendeva Mickey per un braccio, che continuava a tremare e singhiozzare, nascondendo il viso nel cappotto caldo e accogliente di Ian.

Quando arrivarono allo studio della Hill, Mickey era ancora in lacrime. Lei li accolse, preoccupata. "Cosa è successo?" chiese, notando subito lo stato di Mickey.

Ian, con la voce rotta, spiegò la situazione. "Crediamo di.. aver p-perso la bambina. Non sappiamo come, ma... è..," le parole gli si ruppero in gola e i suoi occhi si riempirono nuovamente di lacrime.

La Hill, allarmata, fece stendere Mickey sul lettino. "Va bene, dobbiamo fare un'ecografia," disse, preparando l'apparecchio. "Cercate di mantenere la calma"

Dopo un momento di silenzio, interrotto solo dal singhiozzare di Mickey, la dottoressa guardò lo schermo e, con tono triste, disse: "Mi dispiace, ma.. sì, avete perso la bambina. Mi dispiace tanto, ragazzi"

La stanza fu avvolta da un silenzio straziante.

Ian e Mickey non riuscivano neanche più a piangere, si sentivano solo.. svuotati.

Erano distrutti, entrambi.

Quando uscirono dallo studio, Mickey non si era ancora ripreso. Camminava come un automa, prendendo a calci qualsiasi cosa trovasse per terra, preso dalla rabbia e dalla tristezza. "Cazzo, è tutta colpa mia!" urlò, il suo grido rimbombò nelle strade ancora silenziose di Chicago.

Ian, sentendo le parole di Mickey, lo bloccò. "Piccolo.. Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno" disse, cercando di farlo ragionare.

Mickey scosse la testa, gli occhi pieni di furia e dolore. "Fanculo, non è vero! Ero io che dovevo proteggerla nella mia pancia! E ora.. è.. È tutta colpa mia!" ripeté, la voce tremante.

"Smettila, piccolo.. È successo, e non possiamo cambiarlo. Dobbiamo affrontarlo insieme," ribatté Ian, cercando di mantenere la calma.

Dopo qualche minuto di silenzio e respiri profondi, Mickey finalmente si calmò, ma il dolore nei suoi occhi era innegabile. "Non so come andare avanti," mormorò, la voce rotta.
Ian non lo aveva mai sentito così distrutto.

Non sapendo bene cosa fare, si limitò a stringerlo in un abbraccio, facendogli sprofondare la testa nel suo petto.

Alla fine, decisero di tornare a casa, entrambi in lacrime. Quando arrivarono, chiesero a Fiona di tenere Katy per la notte, senza però dirle cosa fosse successo.

Non erano ancora pronti a rivelare l'angosciante notizia, specialmente non davanti a Kat.

Avevano solo bisogno di tempo.

Tempo per processare tutta quella merda e solo dopo trovare la forza di spiegare tutto al resto della famiglia.

Questa volta, dovevano pensare prima a loro stessi.

Dovevano riprendersi.

Dovevano affrontare la cosa.

E.. bè, la affrontarono ubriacandosi fino a sera per poi terminare la giornata con una scopata rancorosa nella doccia e un fiume di lacrime nel letto subito dopo.

La mattina dopo, Ian si svegliò e trovò Mickey affacciato sul balcone, a fumare una sigaretta con gli occhi lucidi. "Ehi, che diavolo fai sveglio già a quest'ora?" chiese Ian, avvicinandosi e cingendogli la vita con le braccia, schiacciando il petto contro la sua schiena e poggiando il mento sulla sua testa.

Mickey si girò verso di lui, la voce tremante. "Fiona ha riportato Katy andando a lavoro," rispose, senza guardarlo negli occhi.

Ian lo guardò con sguardo interrogativo. "E dov'è adesso?" chiese.

"In camera sua, sta giocando," disse Mickey, il tono di voce che tradiva una profonda tristezza.

Ian lo guardò, incerto su cosa dire o fare. "Come stai, piccolo?"

Mickey scrollò le spalle

Rimasero così, in silenzio, mentre il mondo intorno a loro continuava ad andare avanti mentre loro...

Loro proprio non sapevano come andare avanti.

Soulmates - A Gallavich fanfiction (it vers)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora