Prologo

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-Via da qui, Mostro- mi disse mia madre urlandomi con tutto il fiato che aveva in corpo.
-Mamma, ma io non ho fatto nulla perché vuoi che io vada via? Perché mi chiami mostro?- pensavo che da li a stasera gli sarebbe passata, perché spesso si arrabbiava con me, ma non sarebbe stato così.
-Quando ti ho adottata pensavo di aver adottato una bambina di pochi mesi che era stata abbandonata davanti a un orfanotrofio non un mostro come te- detto ciò andò verso camera mia -Mamma, perché tu mi hai adottato? Quindi tu non sei mia madre!- troppe domande mi frullavano nella testa: Chi erano davvero i miei genitori? Perché mi avevano abbandonato? Mi chiamavo davvero Tessa o me l'avevano dato i miei genitori adottivi?
-Non chiamarmi mai più mamma, non sei degna di chiamarmi così- dicendo queste parole mi tirò uno schiaffo -E allora ne tu ne Alfredo siete i miei genitori!- dissi mentre un dolore lancinante mi prendeva il cuore  -Vai via di qui, da questa città, non farti più vedere- mi passò lo zaino e mi sbatté la porta in faccia.
Ero stata buttata fuori di casa.

Ero distrutta, decisi di andare da Vaiolet la mia migliore amica, era la persona che era stata con me più a lungo, escluso i miei genitori naturalmente. Ci conoscevamo da 12 anni cioè dalla 1 elementare. Non ci eravamo mai più separate da quel momento, c'eravamo sempre una per l'altra, a volte pensavo che lei mi conoscesse meglio di quanto io mi conoscessi.
Assurdo no?
Giunta a casa sua suonai il campanello.
-Chi é?- senti dire dal citofono
-Sono io,Tessa- dissi con estrema tranquillità
-Vai via, vai via mostro e stai lontana da mia figlia!- disse il padre di Vaiolet.
Io non capivo più nulla, perché mi chiamavano mostro? Non avevo mai fatto nulla di male nella mia vita, cioè almeno non così tanto da essere chiamata mostro. Chi non era mai stato scoperto a fare cavolate da adolescente? Aspetta, io avevo ancora due anni di adolescenza; quindi avevo ancora tempo di fare cazzate.
-Vaiolet ti prego esci, ho bisogno di te!- dissi urlando speranzosa. Quando sentii dalle sua bocca uscire le stesse parole che mi aveva urlato mia madre e suo padre non c'è la feci più iniziai a perdere lacrime amare. Odiavo piangere soprattutto in luoghi pubblici, infatti quando succedeva sembravo una statua cui la pioggia stava bagnando le guance. Iniziai a correre più veloce che potevo, non avevo idea dove ma in quel momento avevo un'unica consapevolezza, dovevo andare il più lontano possibile da lì. Le parole uscite dalla bocca di Vaiolet continuavano a darmi il tormento "Via, via, vattene mostro". Non avevo idea del perché mi avesse chiamato così ma sapevo solo che da lì in poi l'avrei odiata come mia madre e mio padre. Arrivai all'aeroporto non avevo idea di come ci fossi arrivata ma sapevo solo che ero sfinita per lo forzo che avevo fatto: avevo corso una decina di chilometri in un' ora senza mai fermarmi da quanto ero arrabbiata. Pensandoci bene l'aeroporto era il modo più veloce per andarmene via di lì. Aprii lo zaino che mia mamma mi aveva lasciato sperai con tutto il cuore che ci avesse messo il portafoglio. I soldi che avevo dentro erano abbastanza da comprarmi un volo low-cost. Aprii il portafoglio e vidi 1 biglietto per Perth non volevo andare dove i miei genitori pensavano che andassi, infatti decisi di cambiare la destinazione da Perth a Sidney. Andai a prendere l'aereo e in meno di quanto mi aspettassi arrivai.

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