CAPITOLO SEDICI

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Cammino.
Non torno al dormitorio e non vado a cena.
Non so esattamente cosa voglio fare, ma so cosa non voglio fare.
Non voglio vedere nessuno, parlare o mangiare.
Percorro tutto il Pozzo almeno tre volte, avanzo per i corridoi e mi ritrovo sullo strapiombo.
Mi affaccio, tenendo le mani ben strette alla ringhiera. L'acqua scorre con violenza e gli spruzzi mi arrivano in faccia.
Mi accorgo di quanto sia bello il fiume impetuoso. Non ha niente a che vedere con i placidi canali dei Pacifici. È un corso d'acqua pericoloso, mortale. Il suo fascino mi rapisce.
L'incontro con i miei genitori mi ha fatto venire nostalgia di casa, ma il ricordo della mia vita tra i Pacifici ora mi disgusta. Non mi sono mai sentita a mia agio come qua, a un passo dalla morte ma con il potere di decidere di vivere. Gli Intrepidi sono la mia casa, il loro modo di vivere è il mio, la loro mentalità anche.
"Eppure io non sono risultata Intrepida" il pensiero del test attitudinale mi aveva abbandonata in questi giorni e ora si ripresenta.
Io non sono Intrepida, né Pacifica, né Erudita, né Abnegante e neanche Candida.
Mentre sono persa nei miei pensieri qualcuno si appoggia alla ringhiera di fianco a me.
«Non stai pensando di buttarti, vero?» la voce di Eric mi riporta alla realtà, lontano dal fiume e dal suo pericolo.
«No. Stavo solo pensando.»
«L'incontro con le famiglie scombussola sempre gli iniziati, vedrai che domani non ci penserai più»
«Non è questo, è che...» per un momento rivivo le stesse emozioni che avevo provato con Johanna nel frutteto. Vorrei dire tutte le mie paure e cercare aiuto; ma, come sempre, mi limito a fare finta di niente.
«Perché mio padre crede che tu sia un Escluso?» mi volto a guardarlo.
«Perché è quello che gli ha preferito far credere mio padre» Eric fissa l'acqua impetuosa. È così diverso dal ragazzino che conoscevo che mi viene nostalgia di lui.
«Che cosa è successo in questi anni, Eric?» solo delle esperienze molto forti possono averlo cambiato in questo modo.
«Sono diventato Intrepido.» taglia corto «Non ti chiedi perché sono qui allo strapiombo?»
«Stavi facendo un giro?»
«No. Ho finito di calcolare i punteggi e Quattro è nel dormitorio a sistemarli e a spiegare come funzionano»
Mi allontano di scatto dalla ringhiera. Come ho potuto dimenticare che oggi venivano esposti i risultati?
«Potevi dirlo subito!» dico a Eric correndo via.
«Pensavo che avessi bisogno di parlare!» mi urla di rimando. In effetti è quello di cui ho bisogno, ma non lo farò.

Quando arrivo al dormitorio sono già tutti davanti alla lavagna. Finisco dietro a Peter e riesco a vedere solo la sua schiena. Non voglio chiamarlo e chiedergli di spostarsi, così gli alzo un braccio e ci passo sotto. Lui si limita a guardarmi, è scuro in volto. Mi basta un'occhiata ai punteggi per capire il perché; è secondo, dietro ad Edward. Darebbe fastidio anche a me.
Io sono quarta, tra Will e Christina. Sono la prima delle ragazze e questo mi solleva, ma penso che se avessi battuto Edward sarei potuta essere come minimo terza. Non sono del tutto soddisfatta ma è un bel risultato.
Al è penultimo e, a meno che qualche interno abbia fallito, è un Escluso.
Il gruppo si disperde. La maggior parte esce a festeggiare o comunque a svagarsi. Nel dormitorio rimaniamo solo io, Al e Peter.
Al si è già messo a letto, con la faccia sprofondata nel cuscino.
«Al, non è ancora finita» gli dico avvicinandomi.
«Sono fuori» sento che sta piangendo.
«C'è ancora una possibilità, non ti disperare!»
«È solo una remota possibilità, niente di più. Sono un Escluso. Sono un rifiuto della società»
Non so come consolarlo a parole, quindi mi siedo sul bordo del letto e gli prendo la mano.
Il fatto che ci sia Peter dall'altra parte della stanza che sta osservando la scena mi infastidisce un po'; perché non è andato con i suoi amichetti a festeggiare?
«Sei la persona migliore che io abbia mai conosciuto, Al» abbasso la voce e lui mi stringe la mano.
«Esci. Voglio stare solo.»
Mi alzo senza dire una parola ed esco; Peter mi viene dietro e Al rimane solo con la sua disperazione.
«Perché sei qui?» chiedo freddamente a Peter.
«Non mi andava di vedere il tuo amico singhiozzare tutto il tempo»
«Intendo perché sei qui con me, non vai a festeggiare con i tuoi tirapiedi?»
«Non c'è niente da festeggiare in un secondo posto e loro non sono i miei tirapiedi»
Arriviamo allo strapiombo. Appoggio le mani alla ringhiera a mi isso fino a sedermici su, con la schiena rivolta all'acqua.
«Ma cosa stai facendo?» Peter mi guarda incredulo.
«Mi sono seduta»
«Sei matta? È pericoloso!»
«Hai paura?» gli chiedo sorridendo.
Non so esattamente perché lo sto facendo, ma mi sento estremamente sicura di me stessa, come se niente potesse formarmi o ferirmi in alcun modo.
Sono molto instabile e la situazione peggiora quando accavallo le gambe per pura spavalderia.
È così che si sentono i veri Intrepidi?
«Se cadi, muori.» afferma Peter avvicinandosi. Stringo un po' più forte la ringhiera; non mi fido di lui, anche se non penso che mi spingerebbe mai di sotto.
Una risata ci fa voltare entrambi. Edward si sta avvicinando barcollando. Ha in mano una bottiglia che getta nello strapiombo, è evidentemente ubriaco.
«Guarda chi abbiamo qui, due perdenti!»
Scendo della ringhiera ma non indietreggio.
«Ho interrotto qualcosa? Sai, Peter, penso che questa contadinella faccia gli occhioni dolci ad Eric! Altrimenti non si spiega come mai lui corra solo in suo aiuto»
Mi ribolle il sangue nelle vene, ma cerco di mantenere la calma.
«Non vai a consolare la tua ragazza? Fra poche ora sarà a cercare il cibo nelle spazzatura» appena Peter pronuncia queste parole, Edward scatta in avanti e lo colpisce sul viso.
Io mi scanso ma lui riesce a mettermi un braccio intorno al collo e a stringermi e sé.
«Prova a scappare ora» mi sussurra all'orecchio. Cerco di ignorare la forte puzza di alcool e provo a pensare velocemente, mentre il braccio stringe sempre di più.
Sta barcollando molto ed è così vicino alla ringhiera...
Peter lo colpisce da dietro e lui mi lascia andare.
Non mi interessa vedere chi avrà la meglio tra i due, se si ammazzassero a vicenda mi farebbero solo un favore.
Mi dirigo verso il dormitorio strofinandomi il collo, lasciandoli lì.

Un urlo, uno di quelli che ti fa gelare il sangue nelle vene.
Mi sveglio di colpo e mi metto subito a sedere.
Qualcuno continua ad urlare ma non riesco a vedere niente nel buio.
Una volta che si accendono le luci tutti accorrono verso le grida.
È Edward, steso per terra, con un coltello conficcato in un occhio. Non provo dispiacere per lui, solo lo schifo che si può provare vedendo una lama dentro un occhio.
Rimango in disparte mentre viene soccorso. Scruto una ad una le facce spaventate dei miei compagni. Qualcuno è pallido, qualcun altro è disgustato. Nel dormitorio mancano solo Peter e Drew.
Devo proprio fare una bella chiacchierata con Peter.

DIVERGENTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora