CAPITOLO TRENTAQUATTRO

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Il rossore appena accennato dell'alba lancia strane ombre sulla strada piena di buche e crepe. Sto cercando di seguire i binari, ma non è facile; continuo a correre lungo la delimitazione del quartiere degli Abneganti, senza osare avvicinarmi.
Sento gli spari farsi sempre più frequenti e forti e provo a starci lontana, rabbrividisco al pensiero di cosa sta possa stare accadendo là.
Voglio solo tornare nel quartiere degli Intrepidi, trovare Peter e porre fine a questa follia in un modo o nell'altro.
Mentre penso alla strada che devo percorrere dei rumori mi fanno distrarre e inciampo in una buca. Sento che ci sono delle persone che stanno marciando e che compariranno dal vicolo vicino.
Mi rialzo velocemente e mi nascondo dietro ad una casa, ho già estratto la pistola dalla fondina e la tengo ben stretta.
Sono due ragazzi e una ragazza Intrepidi, sono armati e hanno lo sguardo perso nel vuoto; non si rendono conto di quello che stanno facendo e mi dispiaccio infinitamente per loro.
Trattengo il fiato e mi attacco al muro facendomi sempre più piccola. Non voglio sparargli, ma se devo lo farò.
Continuano a marciare e sembrano non avermi notata; sto per tirare un sospiro di sollievo, ma la porta della casa accanto si spalanca e ne esce un uomo. Ha i capelli brizzolati e corti, un taglio tipico da Abnegante, ed è vestito totalmente di grigio.
«Che cosa avete intenzione di fare?» urla arrabbiato. Non ho neanche il tempo di gridargli qualcosa o anche solamente di pensare, i tre ragazzi gli sparano subito, senza battere ciglio. Il corpo dell'uomo cade esanime davanti alla porta, mentre dall'interno della casa arrivano delle urla.
Gli Intrepidi entrano subito nell'edificio attirati dai rumori e io esco dal mio nascondiglio. Corro verso la casa e scavalco il corpo dell'uomo senza soffermarmi a guardarlo. Non so perché lo faccio, potrei semplicemente continuare per la mia strada ed evitare ulteriori problemi, ma non posso permettere che accada una cosa del genere.
In un angolo della stanza quasi spoglia ci sono due bambini che piangono abbracciati ad una donna; difronte a loro i ragazzi sono pronti ad ucciderli.
Alzo la pistola e prendo velocemente la mira, colpisco la ragazza Intrepida al collo e lei si accascia sul pavimento.
Sento il cuore martellarmi il petto mentre gli Abneganti continuano ad urlare e i ragazzi rivolgono subito l'attenzione verso di me. Mi scanso di lato, ribalto la tavola a mi ci nascondo dietro mentre esplodono i colpi di pistola. Mi sporgo verso sinistra e sparo verso il ragazzo più alto, non so dove l'ho colpito ma lo sento cadere.
Vorrei tanto che i bambini e la donna la smettessero di urlare perché non riesco a sentire nient'altro.
L'ultimo Intrepido mi comprare di fianco e spara, io mi getto di lato sparando a mia volta due colpi.
Sento un bruciore lancinante al fianco destro ma non me ne curo. Mi rialzo con la pistola puntata in avanti, pronta a difendermi di nuovo.
L'ultimo Intrepido è steso a terra, non è morto ma sembra ferito gravemente ad una gamba. Il sangue sta scendendo copioso e il suo lamento mi trapana le orecchie. Gli sfilo la cintura a stringo la ferita, sperando che possa tenerlo in vita fino all'arrivo di qualcuno.
Mi giro verso gli Abneganti che stanno ancora piangendo.
«Dovete andarvene subito» gli dico «Spargete la voce e correte dai Pacifici, loro si prenderanno cura di voi»
Non aspetto neanche una loro risposta, mi fiondo subito fuori dalla casa. Chissà quante altre vite sono state spezzare nel frattempo e quanti altri bambini stanno piangendo terrorizzati.
Nel fianco ho un taglio non tanto profondo causato da una pallottola che mi ha colpito di striscio, fa male ma cerco di ignorarlo.
Percorro le vie senza più nessuna indiscrezione, ho troppa fretta per preoccuparmi di non essere vista. Noto tanti corpi e non vorrei soffermarmi su di essi, ma uno in particolare attira la mia attenzione. È una persona che conosco, l'ho già visto da qualche parte. Mi avvicino e guardo la sua faccia oramai inespressiva, gli occhi vitrei e i capelli biondi scompigliati del ragazzo Intrepido morto. Non appena lo riconosco sento la nausea risalirmi su per la gola.
È Will.
Lo guardo per quella che mi sembra un'eternità e sento la rabbia montarmi dentro. È morto senza sapere cosa stava facendo e a causa della sete di potere di qualcuno, e questo qualcuno la dovrà pagare molto cara.
Mi costringo ad allontanarmi dal corpo di Will ripetendo a me stessa che sto perdendo tempo, che ormai per lui non posso fare più niente.
Poco più in là noto il corpo di una donna, vado verso di lei perché mi ricorda qualcuno. Scruto il suo volto e improvvisamente mi viene in mente dove l'ho già vista. Assomiglia a Tris, è sua madre.

DIVERGENTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora