Capitolo Terzo

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-Morgana, che ci fai qui?- dissi felicissima abbracciando mia sorella

-Mi mancavi così tanto e ho deciso di farti una sorpresa, sei contenta?-

-Certo! Stai tutto il tempo che vuoi! Ma perché hai trattenuto Jerome?-

Di colpo vidi il suo andare a fuoco ed entrambi sprofondarono nell'imbarazzo più totale. Cercai di sdrammatizzare data la situazione.

-Comunque mi avete fatto un favore, ho conosciuto un tizio strano in metro, mi ha incuriosita tantissimo anche se mi ha fatta arrabbiare da matti-

-Oh e chi è? Carino? Alto? Basso? Che tipo è? Come si chiama?-

Fermai Morgana tappandole la bocca nel vero senso della parola.

Ci andammo a sedere a bordo piscina in giardino e le raccontai per filo e per segno i dettagli. Il problema è che è il primo ragazzo che mi colpisce in questo modo, ho avuto una sola storia d'amore a diciotto anni, ma certe delusioni ti rimangono talmente impresse nella memoria e nel cuore che poi fatichi a fidarti di nuovo.
Ero innamorata come non mai di un bellissimo ragazzo italiano alto, con i capelli neri e gli occhi dello stesso colore. Mi riempiva di promesse, speranze e allo stesso tempo di certezze. A diciannove anni vivevamo a casa mia, amavo quell'appartamento nel centro di Stratford, era vicino a un parco e poco distante dalla mia agenzia immobiliare allora piccola e poco rinomata ma che già mi dava la possibilità di vivere in maniera più che dignitosa. Lui lavorava come commesso in un negozio di scarpe sportive, tornava spesso a casa prima di me e cucinava la cena, accendeva delle candele per tutta casa e mi preparava la vasca con l'acqua calda per il bagno. L'uomo perfetto! Fu a lui che mi abbandonai per la prima volta, primo e per il momento unico uomo della mia vita. Se avessi saputo la sua vera natura non mi ci sarei mai nemmeno avvicinata.

Il mio flashback venne interrotto da Agathe che portava a me e mia sorella un vassoio con delle baguette integrali tostate con tacchino peperoni e pomodori, uno dei miei piatti preferiti e lei lo sapeva bene. Riuscii a godere della faccia schifata che fece Morgana vedendo dei capperi nel condimento, dopo averli meticolosamente tolti uno ad uno si mise con me a contemplare il crepuscolo e quei meravigliosi panini. Una volta finito di mangiare si alzò di scatto facendomi sussultare.

-Stasera si fa casinooo!- urlò come una quattordicenne scomposta.
Sulla mia faccia si dipinse un'espressione mista tra noia, esasperazione e curiosità "mmmh che ha in mente questa volta"

-Andrea Cole non fa casino tesoro-

- Dai per scontato che tutta Londra ti conosca? Andiamo basta che togli di mezzo quei noiosi abiti e tailleur ti spettini un pochino e cambi completamente. Di certo gli uomini d'affari non vanno a ballare dove vanno i comuni mortali-

Il mio viso divenne pensieroso, ero combattuta perché non andavo a ballare da diversi anni, ormai ero una donna di ventisei anni composta e adulta, non avevo amici con cui lasciarmi andare e col passare del tempo il divertimento, quello vero e spensierato, passò in secondo piano. Poi alzai gli occhi guardando il viso speranzoso della mia amata sorellina.

-E va bene, ma non farmi mettere paillettes e gonnelline super corte!-

-Andata, ma il posto lo decido io!-

Portai mia sorella nella cabina armadio a scegliere cosa avrei dovuto mettere ma guardava inorridita tutti i miei abiti casti ed eleganti. Mi sentii un caso disperato! "Andrea, non devi dare conto a una ragazza svampita, sei una donna d'affari, non una pole dancer". Feci tacere il mio cervello e pensai a quanto volessi rendere contenta la mia dolce sorellina che non vedevo da oltre un anno. Misi da parte eleganza, raffinatezza e pensieri da adulti e decisi di buttarmi, avevo davvero bisogno di divertirmi e magari pensare meno a quegli occhi verdi che mi avevano stregata qualche ora prima.

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