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Arrivammo in una stradina abbandonata.
Gli edifici vecchi si confondevano con il buio, l'asfalto mancava in certi punti e i lampioni non facevano quasi più luce.
Un posto perfetto per la gente che non vuole più farsi trovare.
Si sentivano in lontananza gli allarmi delle auto e qualche sirena della polizia.
Brian posò a terra lo zaino e tirò fuori nove torce. Le fece passare e tutti accesero la propria.
"Allora, dobbiamo tornare a casa prima delle otto. Non dobbiamo farci notare quindi cercate di fare meno casino possibile." Dissi.
Annuirono.
"Avete sonno?" Chiese Jake.
"Ti pare!?" Disse Carolyn quasi urlando.
"Shh zitta!" Disse Jake tappandole la bocca con la mano libera.
"Bene.. Jake e Carolyn contano." Disse Dan incrociando le braccia.
"Perché noi?" Chiese Jake.
"Perché sì." Rispose Bridgette.
Carolyn girò gli occhi e tolse la mano di Jake dalla sua bocca.
"Andate, su!" Disse Jamie indicando una parete dove l'intonaco ormai era caduto.
"Ma come facciamo a riconoscere la parete?" Chiese Charlotte.
Mi chinai sullo zaino e tirai fuori una bomboletta.
"Con questa." Agitai la bomboletta e andai verso la parete. Lasciai un 2 fatto male di colore giallo fluo sulla parete e tornai dagli altri. Misi la bomboletta nello zaino e me lo misi sulle spalle.
"Questo lo tengo io." Dissi.
Nessuna obiezione.
Carolyn andò alla parete seguita da Jake e chiese "Fino a quanto dobbiamo contare?"
"Trenta." Rispose Will sorridendo.
"Così poco?" Chiese Brian.
"È più divertente." Risposi sorridendo.
Carolyn e Jake si girarono verso la parete e iniziarono a contare.
"Uno.." Dissero insieme. Erano inquietanti.
Tipo due bambini indemoniati, e la cosa era ancora più bella.
Tutti iniziarono a correre in direzioni diverse con le luci delle torce che ballavano davanti a loro. Più andavano lontano più i loro passi sembravano quelli di tanti assassini che stavano cercando la prossima vittima.
Iniziai a correre appena Carolyn e Jake dissero "Dieci!".
Corsi in direzione di un edificio quasi spettrale.
Arrivai all'entrata e passai tra le lastre di legno vecchio che sbarravano l'entrata.
Fortunatamente avevo ancora fiato, perciò salii di corsa le scale con lo zaino che sbatteva a ogni passo sulla mia schiena e la luce della torcia che ballava davanti a me.
Feci circa otto piani di scale e arrivai alla terrazza ricoperta di ghiaia.
Feci un respiro profondo e sentii l'aria quasi pulita entrarmi nelle narici.
Camminai verso il cornicione davanti all'entrata della terrazza e mi sedetti sopra. Tolsi lo zaino dalla spalla e lo posai vicino a me.
Gli edifici vecchi di quel quartiere non superano i venti piani, così guardai giù e sorrisi. Soffro un po' di vertigini, ma finché gli edifici non superano i venti piani, va tutto bene. Girai la testa verso lo zaino, lo aprii per mettere dentro la torcia e presi il pacchetto di sigarette. Ne tirai fuori una, la accesi e aspirai.
Guardai davanti a me e vidi le luci di New York. Quelle luci che mi hanno fatto sognare per tantissimo tempo. Quelle luci con cui parlavo ogni volta che entravo in questo edificio.
Le mie paure sono nascoste là dentro, le mie felicità sono nascoste là dentro, io sono nascosta là dentro.
Finii la sigaretta e la lanciai. Posai il pacchetto con dentro l'accendino sulla ghiaia e mi alzai in piedi.
Mi guardai intorno e iniziai a camminare mettendo un piede davanti all'altro come le modelle sulle passerelle. Guardai giù, avevo il cuore che batteva a mille, ma non per paura, per piacere. Per il piacere dell'adrenalina. Non era chissà che cosa, ma in quel momento mi sentivo potente. Non so come. Non so cosa mi faceva sentire così, ma so che avevo delle ali e quelle ali erano pronte per volare, per scappare. Scappare da tutto e da tutti, scappare anche da me.
Iniziai a girare su me stessa mentre camminavo.
Ballai. Ballai fregandomene del fatto che se sbagliavo a posare un piede potevo morire.
Chiusi gli occhi e iniziai a canticchiare una canzoncina inventata al momento. Non ricordo bene le parole, ma so che parlava della libertà.
"Elizabeth." Disse una voce.
Aprii gli occhi e per lo spavento un piede mi portò nel vuoto. Chiusi di nuovo gli occhi. Trattenni il respiro, le urla, tutto. Cercai di morire prima dello schianto sul suolo.
Sapevo che stavo per morire. Il cuore ormai stava uscendo da tutti i pori in mille pezzettini.
Non sentivo più niente, nessun respiro, nessun battito. Non sentivo nemmeno l'aria che stava cercando di trasformarmi in essa.
Tutto questo in pochi millesimi di secondo.
Mentre ormai vedevo la mia immagine spiaccicata a terra, due mani mi afferrano saldamente i polsi.
Quelle mani mi trascinarono sulla ghiaia e lì ripresi a respirare.
So trattenere molto a lungo il respiro.
Il cuore decise di rientrare e riprese a battere, molto più velocemente in quel momento, ma almeno riprese a battere.
Sentii la stessa voce di prima dire "Non oggi morte, non oggi." e riconobbi subito il padrone della voce. Will.
Aprii gli occhi e quel che vidi davanti a me erano le stelle.
Scossi la testa e il suono del capo che sfregava contro la ghiaia mi rimbombava nelle orecchie.
Mi sedetti di scatto.
Vidi con la coda dell'occhio Will seduto vicino a me.
Quel Will che mi stava per uccidere, ma che mi ha salvato la vita. Ovviamente non era una cosa intenzionata il suo omicidio.
Così girai il volto verso di lui e mi buttai addosso a Will buttandolo sulla ghiaia e abbracciandolo.
Gli sussurrai all'orecchio un "Grazie Will." con aria quasi romantica.
Ridacchiò e sorrisi.
Come ho detto, la morte non mi fa paura. Non mi cambia.
Alzai la testa e lo guardai negli occhi sempre sorridendo.
I suoi occhi sono talmente chiari che mi ci specchiai, e quel che vidi era un'Elizabeth diversa da Elizabeth.
Non ci feci molto caso, ero più impegnata a godermi quel momento.
I nostri nasi si potevano toccare.
Il mio respiro che si mescolava con il suo.
Cercai le sue mani sulla ghiaia.
Le trovai e incrociai le mie dita con le sue.
Le sue mani fortunatamente oltre che ad essere belle sono molto forti, quindi riuscirono a sostenermi su di lui.
"Come posso ringraziarti?" Gli chiesi senza riuscire a togliere quel mega sorriso romantico dalle mie labbra.
"Mi basta anche solo un piccolo momento con te come premio." Disse stringendomi le mani e facendomi abbassare mentre anche lui non riusciva a togliersi il mio stesso sorriso dal volto.
In quel momento il cuore mi batteva esattamente come quando stavo per morire poco prima. E ormai mi stavo convincendo del fatto che ero innamorata di Will. Sì, innamorata. Esatto. Lo amavo ed era difficile accettarlo, ma lo amavo ogni secondo sempre di più.
Le sue mani fecero scendere il mio corpo sempre più vicino al suo fino a farmi sdraiare su di lui.
Ero letteralmente sdraiata su di lui, le gracili gambe sopra le sue muscolose (ma non troppo) gambe, il mio busto sul suo, le mie esili braccia sulle sue bellissime braccia, le mie mani sempre incrociate alle sue e la mia testa appoggiata sulla sua spalla destra.
Era una sorta di abbraccio. Non sembrava un abbraccio amichevole, ma meglio così.
"Cosa avevi prima?" Gli chiesi.
"Vedi El, Brian sta cercando di usarti per le sue solite cose. Si capisce da come ti guarda o da come si comporta con te. Voglio dire, un ragazzo innamorato non farebbe cose del genere con tanta facilità. E tu sei la mia migliore amica, voglio solo il meglio per te. Non dico che mio fratello sia uno schifo di persona, ma.. Bhè, non so se mi spiego." Rispose.
"Uhm.. O forse sei solo geloso che tuo fratello ci sta provando con la tua migliore amica." Dissi ridacchiando.
"Pft! Non dire cazzate El." Rise.
Il suo battito, secondo il mio petto, era aumentato.
"In ogni caso non dovresti comportarti così, sul serio. Ci sono rimasta malissimo ieri sera." Dissi.
"Te lo spiegherò meglio un altro giorno." Disse.
"Va bene." Risposi.
Mi rimisi nella stessa posizione di prima e avvicinai le mie labbra alle sue.
"Will, so che hai qualcos'altro che non vuoi dirmi, ma io riuscirò a scoprilo." Dissi facendo un lungo respiro.
"Buona fortuna allora." Disse ghignando.
"Grazie." Risposi.
"Oh ehm.. Quasi dimenticavo.. Charlotte mi ha detto che ha sentito te e Jamie nel bagno. Non ha capito di cosa parlavate ma ha detto di aver sentito il mio nome." Aggiunsi sperando con tutta me stessa di ottenere risposte.
"Questo è irrilevante." Rispose.
"Dimmi una cosa, ti piace Brian?" Mi chiese con un filo di preoccupazione nella voce.
"Questo è irrilevante." Risposi imitandolo.
Mi rispose con uno sbuffo.
"Cambiando discorso.. Vuoi una sigaretta?" Gli chiesi alzandomi mentre rovinavo quel fantastico momento. Queste sono le cose che mi fanno sentire meglio. Io e lui abbracciati sotto le stelle. Che c'è di meglio? Niente, credo.
"Mh.. Sì, dai." Rispose alzandosi.
Andai verso il pacchetto di sigarette, lo presi dalla ghiaia, misi l'accendino dentro e glielo lanciai.
Mi sedetti sul cornicione dandogli le spalle.
Mi raggiunse subito dopo e si mise nella mia stessa posizione. Gambe penzolanti e braccia spaparanzarte sulle cosce.
"Black Devil, vero?" Mi chiese mentre gli usciva il fumo dal naso.
"Vero." Risposi appoggiando la mia testa sulla sua spalla sinistra.
"Perché sei venuto qua?" Gli chiesi prendendogli la sigaretta per fare un tiro.
"Ci vengo spesso in questo edificio e pensavo fosse vuoto per potermi nascondere, anche perché solo un pazzo si nasconderebbe qua. Poi ho visto una ragazza e ti ho riconosciuta, così sono venuto piano piano vicino a te per salutarti ma tu, da brava rincoglionita, ti sei buttata all'indietro. Così ti ho afferrato i polsi in tempo e ora non sei spiaccicata a terra." Rispose riprendendosi la sigaretta.
"Mi ha spaventata! Era ovvio che sarei caduta, e poi non mi sono buttata all'indietro ma un piede si è involontariamente spinto nel vuoto. Comunque anche io vengo spesso qua, non mi hai mai detto che vieni anche tu." Risposi ridacchiando.
"Sarà. Anche tu non me l'hai mai detto." Disse.
"Giusto.." Risposi.
"A che punto sono gli altri?" Chiesi.
"Diciamo che ci stanno cercando tutti." Rispose sorridendo.
"Oh perfetto.. Che ne dici di scappare e di tornare a casa?" Chiesi mettendomi in piedi sul cornicione.
"Non posso rifiutare queste bellissime idee." Rispose ridacchiando e alzando la testa per guardarmi in faccia.
Sorrisi.
Eh sì, ormai il mio cuore si era accorto di desiderare lui. Lui, il mio migliore amico. Il fratello che non ho mai avuto ma che ho sempre voluto avere.
Ma non potevo amarlo perché qualcosa dentro di me mi diceva che ero solo la sua migliore amica e niente di più.

Il tempo reclama la sua fineDove le storie prendono vita. Scoprilo ora