Il dolore svegliò Walter da un sonno lungo e agitato. Sudato, come se avesse corso, si toccò subito il collo lamentandosi, sentendo un contatto bagnato con la sua mano. Il letto era umido e sporco di macchie di sangue e parte del cuscino era completamente rosso scuro tendente quasi al marrone.
Poggiò i piedi per terra e, schiarendosi gli occhi, notò come parte del pavimento era puntellato di gocce e strisce di altro sangue.
A Walter prese a martellare il petto, il respiro si fece sempre più irregolare. La paura lo stava assalendo. Quanto sangue aveva perso? Non sapeva neanche lui come facesse ad essere ancora vivo.
Si trascinò fino in bagno cercando di non cadere. Il dolore era insopportabile, la testa pesava quintali e le fortissime fitte che lo colpivano parvero un groviglio di vermi che scavano in una mela divorandola.
Quando lo raggiunse, si guardò allo specchio e quello che vide lo fece trasalire: completamente pallido, gli occhi infossati, barba incolta e piena di sporcizia, labbra tendenti al nero e mezze rotte. Con fatica si levò tutte le vesti rimanendo nudo e aprì il rubinetto della doccia. A stento riuscì a guardare la tremenda ferita subita:la carne attorno aveva quasi assunto una tonalità grigia e qualche brandello ancora penzolava miseramente. Il tutto era accompagnato da un alone violaceo che si propagava quasi fino allo sterno. Tremò solo all'orribile pensiero che quell'essere gli volesse tranciare la testa a morsi e la rabbia di quello stato pietoso lo rese ancor più irrequieto.
Scottava come un forno, sapeva di stare male e, ormai prossimo a un qualche svenimento, recuperò da una scatoletta posta sopra una una mensola una serie di contenitori con svariate pillole. Ne aprì uno e ne ingurgitò due di morfina. Mentre ingoiava sentì il collo ardere peggio delle fiamme dell'inferno.
Si piazzò nella doccia e si lasciò cadere mentre l'acqua lavava via il lerciume di quelle ore. Pochi minuti dopo il dolore si affievolì e una sensazione di benessere lo avvolse come una piuma. Resistette alla tentazione di addormentarsi; non sapeva quante ore dopo si sarebbe svegliato o se si sarebbe svegliato. Il timore di morire lo stava avvelenando così tanto da farlo restare più vigile e ne approfittò per pensare, in modo da riordinare le idee e cercare di capire come avesse fatto a ridursi in quello stato.
C'era buio quella notte e pioveva, l'incontro con il mostro e la colluttazione, il delirio e poi il nulla.
Non c'era alcun senso in quella sequenza di eventi.
Si guardò le mani, non smettevano di tremare. Una gli sembrò blu. Era malato? Lievi bruciori di stomaco e nausea. Nella sua testa riprese il "ticchettio", più lieve rispetto gli altri giorni e meno fastidioso. Non calcolò il tempo che passò lì, disteso inerte come un verme a contemplare e aspettare che tutto il male si disgregasse, d'altronde le luci intense provenienti dall'esterno lo rasserenarono: era mattina inoltrata. Il che significava che, anche quel giorno, avrebbero notato la sua assenza.
Poco gli importava. Se c'era una cosa in cui amava distinguersi era la sregolatezza di quella terribile omologazione che era costretto a sopportare e respirare ogni giorno.
Eppure la vita del Corpo del Teschio D'Ariete garantiva privilegi quasi illimitati: appartamenti privati, cure mediche gratuite, libero accesso a tutte le nazioni, sempre se potevano ormai considerasi tali.
Dopo quasi un secolo di regime del Leviatano, per quanto le carte geografiche continuassero a rappresentare gli Stati con i loro confini, Walter sapeva per certo che le linee di demarcazione erano sparite e che l'intero globo doveva essere visto sotto un'unica bandiera.

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Orizzonte nero
Science Fiction"Verrà la morte e avrà i tuoi occhi" (scusate il ritardo)