Un ragazzo alto, moro e con gli occhi verdi è in piedi accanto a miss Peterson, l'insegnante, che sembra più che mai agitata di trovarsi al cospetto di tanta bellezza.
Appena entro, mi guarda e batte le mani con fare sbrigativo
"Su Cherry Lee, a posto, veloce!
Ragazzi, lui è Joshua Jameson, si è appena trasferito qui dall'Australia! Mi aspetto da voi un caloroso benvenuto nei suoi confronti".
Ne approfitto per guardarlo meglio: ha gli zigomi marcati e lo sguardo penetrante, quasi inquisitorio.
Non sembra affatto uno sportivo, più un ribelle anticonformista.
Ms. Peterson si guarda intorno pensierosa, e adocchia il posto vuoto accanto al mio.
"Siediti pure là, caro", chioccia.
Senza aspettare che abbia preso posto, inizia la lezione: "vorrei che scriveste qualcosa sulle vacanze, ragazzi. Ma non il solito temino da quinta elementare, descrivete approfonditamente una cosa che vi ha colpito, e le vostre sensazioni al riguardo.
Potete farlo sotto forma di prosa, di poesia o anche di canzone.
Ma non siate banali!"
Mi arrovello per qualche minuto, cosa mi ha colpito davvero?
Papà che in vacanza si è comportato come se nulla fosse, come se non ci avesse praticamente scaricati per avere una nuova famiglia, migliore di quella vecchia, magari più presentabile?
O i nonni che, nonostante ciò, continuano a considerarlo il figlio perfetto e si rifiutano di non parlare con mamma, come se la colpa fosse sua?
Oppure... Michael.
Dire che mi ha colpito è un eufemismo.
Forse è il soggetto adatto a questo lavoro, potrebbe venirne fuori qualcosa di buono.
E poi, d'altronde, non mi stanco mai di parlare di lui.
Nonostante tutto.Mi metto all'opera, e mentre sono molto concentrata una voce dall'accento marcato mi distoglie dai miei pensieri.
"Ciao, scusa, Cherry, giusto?"
Non posso fare a meno di guardarlo.
Ha l'aria da bad boy, ma è adorabile quando sorride impacciato, gli si formano perfino due dolcissime fossette sulle guance.
"Si, ma chiamami pure Cher, è il mio soprannome", replico.
"Ok, allora io per te sono Josh", altro sorriso "mi dispiace disturbarti, ti ho vista molto impegnata nella scrittura, ma ho davvero bisogno di una mano e vorrei evitare di fare una figura da allocco di fronte a tutti, proprio il primo giorno".
"Non ti preoccupare, mi manca una frase, finisco e sono subito da te".Qualche minuto dopo... Pochi a dir la verità (Sì, lo ammetto, mi sono sbrigata)
"Dimmi pure".
"Grazie!, sei un angelo. Allora potresti aiutarmi per favore con questi vocaboli, non ne capisco il significato... In Australia non esistono neppure! E meno male che dovremmo, almeno in teoria, parlare inglese entrambi", ride.
"Hai ragione, nemmeno io ho mai capito tutte queste differenze linguistiche", mi unisco alla risata, e passo la mezz'ora successiva ad aiutarlo, divertendomi e scoprendo molto su di lui.
Ha due fratelli più piccoli, gemelli, e uno più grande già laureato.
Il padre è rimasto in Australia con la nuova fidanzata, mentre la madre ha deciso di cambiare aria, e soprattutto di allontanarsi da lui, venendo qui e provando a iniziare una nuova vita con i tre figli.
"Pensa, sta con la segretaria di trent'anni più giovane, quel porco... "
Le nostre situazioni familiari sono più simili di quanto pensassi.
In più, scopro che la madre si è iscritto a un gruppo di auto-aiuto, lo stesso che frequenta la mia.
Chissà, magari diventeranno amiche.
Chissà, le cose potrebbero farsi interessanti...
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How to... be ME
Teen FictionDiario giornaliero della tipica teen-ager americana, tra cotte, primi amori, litigi e drammi.