Prologo

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Suona il campanello, zia Clare alza gli occhi speranzosi e si precipita ad aprire la porta.
Ia spazzola mi rimane incastrata nei capelli per qualche secondo, poi cade a terra con un tonfo, ma dall'alta sedia su cui mi sono arrampicata, non riesco a raggiungerla, le braccia di una bambina di 6 anni sono troppo corte, non toccano il freddo pavimento di marmo del bagno.
Con un balzo sono a terra, scendo le scale lentamente, ma prima che io riesca a raggiungere l'ultimo gradino, la mia visuale viene coperta da un uomo alto, la divisa verde militare mi ricorda il bosco del parco dietro casa, il mio occhio grigio e quello dorato mi guardano dalle coccarde splendenti affisse alla divisa.
L'uomo misterioso mi guarda da dietro uno spesso paio di occhiali da sole, gli occhi sembrano come palle di fuoco, ma sono sicura sia solo un'impressione.
Zia Clare è accucciata per terra, il volto coperto dalle mani ormai rugose, singhiozzi strozzati coprono il rumore della strada, la porta ancora aperta  da sul vialetto d'ingresso.
Riporto lo sguardo sull'uomo, ma davanti a me non c'è niente, un ultimo sbuffo di fumo riempe la stanza, l'odore mi investe mentre avanzo timorosamente verso la porta, e sa di ferro, terra bagnata e sudore, leggera, c'è una punta di vaniglia, ma sparisce in un'istante, come una folata di vento estivo. Sul tavolo della cucina c'è una collana, tanti ciondoli diversi sono attaccati con cura, e di fianco ad essa, un biglietto con un indirizzo, ma non riesco a leggere bene dalla mia altezza.
Tocco appena la spalla di Clare, lei alza lo sguardo su di me, leggo tristezza, dolore e compassione, niente di buono. Ha le guance bagnate, le rughette che le contornano gli occhi sono più accentuate, i lineamenti più dolci, mentre pretende le braccia verso di me e mi stringe, affonda il viso nei miei capelli e ricomincia a piangere, più forte di prima, e mi sussurra che le dispiace, che mi vuole bene, allora capisco. Papà non tornerà più a casa, non tornerà più da me.
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Mi sveglio all'improvviso, i miei occhi fanno fatica ad abituarsi al buio, sento i capelli attacarsi al mio viso madido di sudore, le coperte aggrovigliate attorno alle mie gambe non mi rendono facile muovermi.
Dopo un'eternità passata a cercare di sgrovigliarmi dal mio letto, mi dirigo verso il bagno, muovendomi alla cieca lungo il corridoio, vado a sbattere un paio di volte contro i vari mobiletti di legno addossati alle pareti, e mi do mentalmente della stupida per non aver acceso la luce.
Quando finalmente appoggio le mani sul bordo del lavandino bianco, alzo gli occhi nello specchio, e per poco non faccio un infarto.
Mi scappa un gridolino terrorizzato, in quanto riflessa nel vetro non sono io, ma una barbona con un nido di uccelli tra i capelli e due occhiaie degne di una strega, insomma, niente di diverso dal mio aspetto normale da 10 anni a questa parte.
Qando decido di tornare in camera, la voglia di dormire è rimasta impigliata da qualche parte nel corridoio, perchè i miei occhi si rifiutano di chiudersi e la mia mente di spegnersi.
Per passare il tempo, mi rigiro tra le mani la collana che tengo sempre sul piccolo comodino azzurro vicino al mio letto, quella stessa collana che comparse sul tavolo di casa mia molto, troppo , tempo prima.
I vari ciondoli mi scivolano tra le dita, un elmetto da guerra rosso, un unicorno, ma non una di quelle adorabili creaturine arcobaleno, un maestoso purosangue bianco, il corno perlaceo sullla fronte.
Infine, mi soffermo un momento di più sul mio simbolo preferito, un falò, intorno sono incise delle piccole personcine, ma la cosa che più mi attrae, è il fuoco, è di vetro, e alla fioca luce della mia lampada, assume mille sfumature diverse. Adesso e blu, subito dopo si accende di un viola intenso, poi verde smeraldo e infine assume il colore del ghiaccio, ma anche con questo colore, mi trasmette calore, calore che ormai non ho più da quel giorno.
Quel giorno di dieci anni fa, il giorno in cui persi tutto ciò che contava davvero per me, il giorno in cui la mia vita andò in frantumi davanti ai miei occhi, il giorno, in cui una bambina di 6 anni perse l'unica famiglia che aveva.
Ancora con la collana tra le mani, cado in un sonno profondo, vuoto e silenzioso, le braccia di Morpheo non mi accolgono, ormai da troppo tempo.

A/N
Saaalve personcine belle!!
Questa é la mia prima storia vera, poiché avevo cominciato a scrivere altre due storie, ma non mi piacevano quindi ho deciso di eliminarle.
Tutto ciò che c'è da sapere su di me è che sono una fangirl accanita, e che quindi troverete alcuni (taaanti) riferimenti a vari fandoms, inoltre sono una 5SOS fan.
Riguardo alla mia vita sentimentale, Calum ed io ci siamo sposati quest'estate, il matrimonio va a gonfie vele, e abbiamo, o meglio, HO deciso che nostro figlio si chiamerà Tobias e la femmina Annabeth.
Se qualcuno ha qualcosa da dire, parli ora o taccia per sempre.
Mi firmerò || Hope
Con questo vi saluto
||Hope

Figlia della SapienzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora