Mi stiracchiai nel letto, assonnata. Diedi un'occhiata alla camera in disordine e sbadigliai: le lenzuola erano aggrovigliate sul pavimento, i miei piedi scalzi gelati.
Le gocce di pioggia scendevano lungo i vetri della finestra. Non si riusciva a scorgere la strada. Novembre era un mese umido e cupo.
Gli altipiani della Scozia brillavano di verde, il cielo riluceva d'argento: le querce frusciavano a causa dei forti venti, i prati erano invasi dalle felci.
Anche quella notte, il mio sonno era stato tormentato dagli incubi: correvo al buio, in una palude, annaspando, l'acqua melmosa mi arrivava alle ginocchia.
Puntualmente, nel sogno, intravedevo la sagoma di un uomo che, da lontano, osservava senza aiutarmi fino a quando non voltava le spalle e svaniva nella nebbia. Non so se quella figura indistinta fosse mio padre: se ne era andato quando avevo cinque anni e non ero mai riuscita a comprenderne il motivo.
Allungai la mano, verso il comodino. Dal pacchetto di Pall Mall presi una sigaretta e la accesi, rigettando fuori il fumo con nervosismo.
Mi trascinai fuori dal letto e, mentre tenevo la sigaretta fra le labbra, agguantai dalle grucce dell'armadio la divisa scolastica: la gonna a pieghe e il gilet mostravano il tartan della mia scuola, verde e blu, la giacca color smeraldo scuro sfoggiava lo stemma appuntato sul taschino frontale.
Bellshill era un paesino tranquillo, tutti si conoscevano: gli uomini nei pub, le donne al supermercato. A dir la verità, era fin troppo monotono.
Quell'anno, il 1974, avrei terminato il liceo. Dopo il diploma, avevo intenzione di andare a Glasgow per cercare lavoro perché i soldi della borsa di studio, che mi avrebbero consentito di continuare a pagare le rette scolastiche, probabilmente non sarebbero bastati.
Frequentare il college era fuori discussione. Mio padre non mi aveva lasciato altro che la casa: un vecchio cottage rustico a due piani. I muri erano di mattoni grezzi e il tetto di tegole color terracotta. Il secondo piano era stato ricavato dalla mansarda: la camera matrimoniale, la mia stanza e il bagno.
Il primo piano, invece, era costituito da un'unica sala da pranzo, con i fornelli sotto le finestre, un tavolo a quattro posti e un divano davanti al mobile del televisore.
Dopo aver indossato la divisa legai i capelli, color castano caramello come quelli di mia madre, in una coda di cavallo e scesi le scale. Appena entrata in cucina, mi bloccai nauseata.
Karl stava facendo colazione e indossava solo una maglia di cotone e i boxer. Il fatto che si arrogasse il diritto di girare per casa seminudo, solo perché ci viveva da sei mesi e solo perché era il nuovo compagno di mia madre, mi faceva saltare i nervi. Era un maiale. Non mi era mai piaciuto il modo in cui mi scrutava, pensando che non me ne accorgessi.
«Mamma, io vado.» Feci un giro largo, per non sfiorare Karl, e lui non si spostò, osservandomi con un sorriso allusivo mentre beveva il caffè.
Dal divano, percepii un mugolio come risposta.
Mi fiondai su mia madre: era sdraiata sotto il plaid e si teneva il capo. «Mamma, stai bene?» Sul parquet c'era una bottiglia di whiskey. Vuota.
«Cazzo, mamma! Hai bevuto anche ieri sera?»
«Ehi, lasciala in pace. Abbiamo festeggiato il mio nuovo lavoro all'acciaieria» intervenne Karl, seccato.
Lo fulminai. «Ti avevo detto di non farla più bere. Sai come si sente dopo...» Quell'uomo era veramente una bestia senza cervello: molte volte gli avevo raccomandato di tenere mia madre lontana dall'alcool. Il whiskey aveva un forte effetto depressivo su di lei.
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TEMPTATION (ESTRATTI)
Chick-Lit#1 NARRATIVA GENERALE SU WATTPAD Bellshill 1974, Scozia. Eve ha appena diciotto anni, viso da bambina e una spiccata tendenza alla ribellione, da quando suo padre ha abbandonato la famiglia, lasciandola sola con la madre alcolizzata e una misera bor...