Capitolo Quattro, parte seconda

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Era diventata una giornata strana. La breve chiaccherata con Rose, l'aveva resa quasi inquietante. Che cosa avrà mai potuti fare un ragazzo come George per averne contro uno come Harry? E come faceva Harry a non vedere il problema che c'era con Felicity? Troppi pensieri mi frullavano nella testa, e io continuavo a vagare per quei corridoi senza una meta precisa.

Arrivò la pausa pranzo, e di nuovo mi feci trasportare dal fiume di studenti affamati come lupi verso la grande sala mensa. Lì aspettai solitaria il mio turno, presi una fettina di pollo alla piastra e qualche fagiolino condito, e mi andai a posizionare su un tavolo esterno, vicino alla finestra, in attesa che qualcuno, per esempio Harry, prendesse il posto vuoto davanti a me. Avevo appena iniziato a tagliare la carne, quando la sedia del posto di fronte di spostò. Alzai lo sguardo e vidi un ragazzo dal sorriso perfetto sedersi.

"Ehi, sapientona!", mi salutò.

"Da quanto tempo", ironizzai senza tono. Ero troppo presa dai miei pensieri per avere un'adeguata conversazione con chiunque, in quel momento.

"Qualcuno è di pessimo umore?", chiese allora George. Decisi che, qualunque cosa avesse fatto quel ragazzo per non essere nelle grazie del mio unico amico, non poteva di certo essere così grave, e che comunque io non ne sapevo nulla e mi conveniva rimanere fuori da quella situazione, prima di tuffarmici di testa. E, comunque, nessuno poteva condannarmi perchè scambiavo quattro parole con lui, no?

"No, scusa, è che..", ci pensai un attimo su. "Nulla, giornata pesante", mentii.

"Bene, so come rallegrarla"

"Ah, davvero?", chiesi con una curiosa ironia.

"Sì, be'", fece silenzio per far crescere la suspence. "Basta la mia presenza, no?"

Scoppiai in una risata. "Devi essere molto sicuro di te, per darmi risposte del genere!"

George divenne un po' rosso sulle guance, ma probabilmente fu solo una facciata.

In quel momento, mentre io e George apparentemente sembravamo divertirci insieme, passò vicino Harry, con il suo vasoio in mano e colsi il suo sguardo. Rallentò quei pochi secondi per fissarci e capire cosa stessimo facendo, ovviamente fraintendendo il tutto, e poi proseguì in direzione di Felicity che, contenta come non mai, mi lanciò un'occhiata di vittoria. Gettai quasi violentemente la forchetta sul vassoio, stufa di quella situazione che no mi ero assolutamente andata a cercare.

"Tutto apposto?", chiese quindi gentilmente George.

"Si.", risposi secca.

"Non credo sia tutto ok, quindi molto probabilmente è per questo motivo che mi risponderai di no."

"Ehm...", feci distratta mentre ancora e ancora giravo la testa a controllare Harry e Felicity. "Cosa?"

"Stavo dicendo", poi si bloccò. "Cosa c'è che non va, Giorgia?", disse poi quasi seccato.

"Nulla, davvero!", sorrisi per confermare che non ci fosse nulla di anomalo. Non era necessario mettere in mezzo anche George in questa assurda situazione. "Cosa mi stavi dicendo?", sorrisi ancora di più.

"Ti avevo proposto una cosa, una cosa che difficilmente qualcuna sana di mente rifiuterebbe".

"Sempre la per-nulla-odiosa-sicurezza che conquista!", ironizzai. George rise, si stava divertendo. Beato lui. Non potei però non notare come le sue attenzioni mi facevano piacere. Insomma, era un bellissimo ragazzo, non sembrava neanche stupido, anche perché frequentavamo entrambi matematica avanzata, e la sua compagnia mi faceva molto piacere. "E quale sarebbe questa irrinunciabile proposta?"

"Oggi studiamo insieme. La signorina Rooney, quando ci ha assegnato quel compito, ha anche specificato che avremmo potuto studiare in gruppi, l'importante è che nessuno avrebbe fatto tutto il lavoro così che gli altri copino e basta. Quindi oggi studieremo insieme. A casa mia, ci andiamo direttamente dopo la scuola. Ciao."

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