Capitolo 1

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Dopo tutto il tempo passato, il ricordo di quei giorni rimane ancora nitido nella mia testa, e sopratutto nel mio cuore.
Correvo, veloce, distratta, magari, ritardataria che ero solita ad essere, per inseguire l'autobus, lungo quelle strade, sulle quali si ergevano, imponenti, numerosi alberi, ormai quasi tutti ingialliti e spogli, e mi sentivo viva, piena di un calore contrastante a quel freddo autunnale che gelava l'aria.
   Venne inverno, a scuola, nel frattempo, era arrivato un nuovo ragazzo, James.
Lo si vedeva già a prima vista, era un tipo alquanto strano: attorno a sé, aveva un'aura sempre un po' cupa, tetra.
E i suoi occhi, li ho in mente come se ce li avessi qui davanti a me proprio in questo momento, anch'essi allo stesso modo tenebrosi e impenetrabili, erano di un melanconico azzurro sbiadito.
  Divenne piuttosto popolare tra gli studenti fin da subito, probabilmente per il suo nome, in quanto apparteneva a una famiglia molto ricca, anzi forse la più ricca d'America.
Le ragazze gli ronzavano attorno come mosche, mentre i ragazzi lo seguivano fedeli come cagnolini. Scene alquanto penose, delle quali avrei fatto anche a meno, se solo avessi potuto.
James, lui comunque non sembrò voler legare con nessuno in particolare. Parlava, questo sì, e anche molto, troppo, con più o meno tutti, ma lo vedevo, seduta invisibile tra i banchi delle ultime file, che aveva ancora addosso quell'aria assente, delle volte persino un po' annoiato, di quando era arrivato, nonostante fosse in ogni caso sempre in compagnia.
Rideva spesso, le sue risate riempivano i corridoi come nient'altro avrebbe saputo fare.
Fino a quel momento, io e lui, sebbene frequentassimo la stessa classe, eravamo rimasti dei completi estranei.
Non era poi così strano, però, appartenevamo ad ambienti totalmente opposti. Tanto per cominciare, io non dovevo frequentare quella scuola di ricconi, figuriamoci, ma c'ero finita, purtroppo, per volontà di mia madre, che, a dispetto della nostra non affatto facile situazione economica, aveva insistito a mandarmici, con la scusa che, con le borse di studio, pagare la retta d'iscrizione sarebbe stato più semplice. Inoltre, io non ero per niente ben vista, come lo era invece lui, dai nostri compagni e dal resto della scuola, anzi, semplicemente non venivo affatto considerata.
Infine, ero troppo presa dallo studio, dalle mie preoccupazioni, perché avessi il tempo, come quelle oche delle mie compagne, di stargli dietro, assillarlo, appiccicarmi come una ventosa a lui, nella speranza che si accorgesse della mia esistenza. Sarebbe stato ridicolo, comunque, infatti era piuttosto imbarazzante, quando le ragazze, prive di pudore, iniziavano a comportarsi in una simile maniera.
Col passare del tempo, chissà come, nacque in me un odio incomprensibile nei suoi confronti.
Non mi aveva fatto nulla, è vero, ma detestavo quel suo atteggiamento da dio-sceso-in-terra, come se niente e nessuno potesse essere alla sua altezza.
E lo vedevo e lo sentivo lontano quanto avrebbe potuto esserlo una stella. Apparentemente vicino, ma, in realtà, lontano anni luce.
Poco tempo dopo, a scuola si venne a sapere che, a causa di problemi finanziari, mi ero trovata un lavoro part-time.
In un ambiente come quello, dove i ragazzi davano ogni cosa per scontato, e ottenevano ciò che volevano con estrema facilità, questa notizia divenne un vero e proprio scandalo.
Assurdo, davvero, ma non sto esagerando.
Povera disgraziata! Costretta a faticare per guadagnarsi quattro soldi... mormoravano, lanciandomi occhiate sprezzanti Quelli come lei non dovrebbero stare assieme a gente come noi.
Manco avessi la lebbra! Pensavo, ignorando le loro stupide critiche.
Anche James, non migliore di quella massa d'imbecilli, seguì i loro passi.
Allora, più che mai, passare per i corridoi, inosservata, come avrei sperato che apparissi, divenne un'impresa, così iniziai a frequentare la biblioteca sempre più spesso, specie durante la pausa pranzo. Sapevo che quegli idioti non sarebbero mai entrati in una stanza con più di tre di libri.
Tuttavia, dopo un po', quei commenti di sottofondo cominciarono a diventare sempre più fastidiosi, e un giorno, non riuscendo più a trattenermi, sbottai, piena d'ira: 《Mi fate pena, tutti quanti, e le vostre critiche mi fanno sanguinare le orecchie, da quanto sono stupide.》《Ma vi ascoltate, di tanto in tanto? Siete solo degli inutili, per giunta schifosissimi, scarafaggi, che sanno solo proferire idiozie senza un senso logico compiuto.》《Preoccupatevi per voi, piuttosto che per me! Aprite gli occhi e rendetevi conto che senza l'aiuto del vostro caro e ricchissimo papino non sareste niente, ma solo, e lo ripeto, inutili, schifosissimi, scarafaggi.》
Probabilmente avevo detto troppo, ma non me ne pentii affatto. Tutto ciò era assolutamente vero, e ne ero convinta fino all'ultima parola.
Rimasero tutti quanti così sconcertati che non riuscirono più a rispondermi.
Solo dopo qualche istante, cominciarono a comprendere, inalare, almeno lo spero, quello che avevo appena detto.
Fecero qualche smorfia di disprezzo e mi squadrarono con quell'aria di superiorità, solita dei figli di papà.
Tuttavia, non prestai la mia attenzione a nessuno di quei beoti, eccetto che a James, il quale era da tempo diventato una specie di capo branco per loro.
Notai che anche lui era rimasto esterrefatto, più che altro, indignato.
Stavo per voltarmi e andarmene, poiché ritenevo inutile continuare a parlare e insistere con gente del genere, quando qualcuno mi afferrò la mano e mi tirò indietro bruscamente.
《Ma che cazz...》girai il capo, e incrociai proprio quel paio d'occhi azzurro sbiadito a pochi centimetri dai miei.
《Come osi parlarci così? Chiedici subito scusa!》pretese, con la sua solita aria onnipotente.
Una rabbia innata mi travolse come una raffica di vento.
Mi ripresi il mio braccio, e gli lanciai uno sguardo carico d'astio.
《Non ci penso proprio! Io dico quel che mi pare a chi mi pare e non devo farne conto a nessuno, men che meno a te!》risposi, e me ne andai una volta per tutte, lasciandolo lì, accerchiato da tutti gli altri studenti.
Era l'inizio di una lunga guerra.
I giorni a seguire furono un vero incubo.
Per farmela pagare, quei piccoli, schifosi scarafaggi, mi riempirono l'armadietto di vermi.
Come se non bastasse, proprio quando stavo per entrare in classe, mi si rovesciò in testa una bacinella piena di fango.
E non importa con quanto impegno cercassi di tener loro testa, quella situazione stava superando il limite.
Non volevo crollare di fronte a tutti loro, no, non dovevo dargliela vinta, così scappai.
Salii sul tetto della scuola e mi accasciai a terra contro il muro.
La vista mi si annebbiò di lacrime. Non desideravo altro che andarmene da quella scuola d'élite.
Ma non potevo proprio farlo, dopo tutti i sacrifici che mia madre aveva fatto per me.
Così, dopo essermi data una calmata, mi rialzai e ritornai in classe, così com'ero, priva di vergogna.
Seguii tutte le lezioni senza curarmi dei gesti e dei sussurri attorno a me.
I professori, loro, pur volendolo, non avrebbero mai avuto il coraggio di opporsi a James, poiché avevano paura di far torto a una famiglia tanto potente come la sua.
Fu una giornata lunga, molto lunga, ma alla fine terminò, così come tutte le altre giornate.
Qualche tempo dopo, le prese in giro cessarono, sostituite da un nuovo scandalo.
Io e James non ci eravamo più parlati, in seguito a quell'episodio in cortile. Capitava delle volte che, in classe o in corridoio, i nostri sguardi s'incrociassero, ma a parte quello, non ebbi più nessun scontro diretto con lui.
Anche se, per mia fortuna, quell'incessante incubo era finalmente terminato, qualcosa ancora mi legava a James. Cosa, di preciso, non sapevo.
Comunque, ogniqualvolta se ne presentasse l'occasione, si sentiva aleggiare attorno a noi un forte sentimento di odio reciproco, che, inspiegabilmente, ci allontanava e ci avvicinava allo stesso tempo.
  Poi, accade un fatto che mi fece mettere in dubbio la mia opinione su di lui.

Tempeste e Uragani (Versione revisionata! #wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora