Aspettò 100 giorni per me.
Quando mi disse che gli piacevo ne erano già passati 12 che mi era stato vicino, che mi sosteneva, che mi dedicava canzoni. Io avevo capito ma facevo finta, gli dicevo "sta lontano", gli spiegai di essere complicata, che non ne valeva la pena.
Il tutto si tradusse in "non voglio una storia seria".
Il quindicesimo giorno lo passò interamente ad elencarmi i vantaggi:
"Coccolerò solo te, bacerò solo te, sarò solo tuo, andremo al mare insieme, ti bacerò sotto le stelle, tutti sapranno che sei mia.
" "Tuo, mia" gli dissi "sono pronomi che non mi piacciono. Non siamo oggetti. Io voglio stare con colui con il quale non devo essere nulla all'infuori di me."
Si dispiacque ma continuammo a parlare e continuava a costruirsi sogni che smontavo ogni volta.
Il ventesimo giorno lo passai ad elencargli i motivi per il quale non potevamo stare insieme:
"Siamo diversi" chiarii " io sono troppo libera e tu sei troppo possessivo. Io amo la musica attuale, tu adori i miti del pop. A te piacciono le cose romantiche, io non posso sopportarle. Tu odi leggere, io scrivo affinché qualcuno possa capirmi."
Dopo 30 giorni passati a negargli anche un giro al parco vicino casa, il trentunesimo gli feci ascoltare "she's not afraid." Volevo fargli capire che non avevo paura di niente tranne che dell'innamorarmi ma lui si focalizzò sull'ultima strofa chiedendomi se le mie amiche non ci volessero insieme. Era vero ma non gli avrei mai detto di no per loro, o almeno questo affermai.
Sapeva che lavoravo nel negozio dei miei, il trentaquattresimo giorno venne a chiedermi informazioni su una cosa inutile. Scoppiai a ridere. Mi disse che ero bellissima. La sera parlammo, mi mandò le sue canzoni preferite dei Beatles.
Il quarantaquattresimo giorno lo incontrai in piazza di sabato sera. Era davvero bello ma non dovevo fissarlo,fantasticare. Non dovevo innamorarmi, me l'ero promessa. Lo salutai, stetti un po' con lui. Mi offrii delle patatine fritte e io presi una coca cola da dividere. Me ne dovetti andare dopo poco e riuscii benissimo a capire che ci era rimasto male.
Il cinquantesimo giorno mi avvertii " sono 50 giorni che aspetto. Io resto fino al centesimo. Io mi sono innamorato. Io ti ho dato il cuore. Io ci sto mettendo tutto me stesso. Io ti sto dedicando tutto."
Io, io, io... E io? A me non ci pensava? Non pensava al fatto che dovevo chiudere gli occhi, tapparmi le orecchie e non far battere il cuore? Io non dovevo innamorarmi, non volevo essere delusa un'altra volta. Una storia non la volevo, lo avevo messo in chiaro, e se lui sapeva che si sarebbe fatto male, perché me lo stava rinfacciando?
"E dopo i 100 giorni?" Chiesi.
"Me ne vado, come se nulla fosse successo."
Al settantaduesimo giorno avevo deciso che vederlo morire per me ogni volta mi aveva stancato, che sarebbe stato meglio un taglio netto. Era sabato, di nuovo. Baciai uno dei miei amici, lui era di fronte.
Gli feci male, mi fece male ma era l'unico modo per tenerlo lontano. Così gli avevo spezzato il cuore ma sarebbe stato meglio, mi avrebbe dimenticata più in fretta. Ero stata stupida, un'egoista.
Avevo sbagliato, lo sapevo.
La sera mi scrisse: " puoi escogitare tutti i trucchi che vuoi, baciare chi vuoi, io non mi spavento. Io non me ne vado."
Mi chiese dei miei sogni. Gli dissi che amavo scrivere.
Passò il mio compleanno, mancavano 24 giorni allo scadere dei 100. Mi regalò un quaderno. C'era una dedica scritta in blu, il mio colore preferito. "Spero che un giorno ci scriverai la nostra storia."
Non l'ho mai fatto, mi fa male soltanto toccarlo e sentire il suo profumo.
Il giorno dopo lo vidi per strada. Mi chiese della collana che avevo al collo. Gli dissi che me l'aveva regalata mia madre per il mio compleanno. Pensò che il ciondolo fosse adatto a me. " Ha le ali d'angelo, come te." All'ottantanovesimo giorno mi disse che si sarebbe trasferito nel paese vicino dopo poco tempo. Gli chiesi se ci saremmo visti ancora e lui mi disse che mi avrebbe raggiunto anche gattonando. "Tutto finché si tratta di te." Ma non dovevo caderci, non dovevo innamorarmi, non sarebbe durata nemmeno un inverno.
Il novantaduesimo giorno mi mandò una foto. Era il periodo in cui la coca-cola metteva le frasi sulle etichette. Era un desiderio semplice :" voglio tutto, voglio te."
Ci incontrammo il novantottesimo giorno, mi suonò una soave melodia alla chitarra. " L'ho scritta per te."
Provò a baciarmi ma all'ultimo secondo mi scansai. Gli dissi che dovevo andar via. Corsi forte, corsi veloce. Mi veniva da piangere ma non piansi. Lo raccontai alle mie amiche. Risero. Risi anch'io ma stavo morendo. Mancavano due giorni ed io ero divisa tra la strada facile e quella giusta. Presi una decisione la sera stessa. Non potevo permettermi di stare male per un ragazzo. Non potevo più. Il novantanovesimo giorno non gli risposi, non visualizzai, eliminai il suo nome dalla rubrica. Il centesimo mi mandò una storia con il link annesso che rimandava al video "all you need is love". Il racconto narrava: "Un soldato aspettò 100 giorni per la principessa. Ogni volta passava sotto la finestra della sua camera nel castello e il centesimo giorno la principessa avrebbe dovuto scegliere se sposare lui o il principe a cui era stata promessa. Il soldato si uccise il novantanovesimo perché sapeva che se lei avesse scelto l'altro non avrebbe potuto sopportare il rifiuto. Almeno in questo modo si sarebbe accontentato di aver goduto di ogni suo sorriso." Piansi tanto. Avrei voluto tornare da lui una settimana dopo ma aveva mantenuto la sua promessa, era scomparso mentre io mi ero innamorata senza volerlo, senza saperlo. L'ho rivisto due giorni fa dopo un anno. Mi ha fatto ancora lo stesso strano effetto. Mi hanno fatto male i muscoli, le ossa sono diventate molli. Avevo i brividi. Lui mi ha visto, è sobbalzato. Ha ricordato? Chissà se sta aspettando un'altra principessa adesso, se si è reso conto che non avevo il cuore nobile che cercava, che le mie ali non erano quelle di un angelo. Spero solo abbia trovato quello che desiderava perché non conosco nessuno che lo meriti più di lui.