4.Le foto

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 "Gioia alzati! Dobbiamo andare dalla nonna!", la voce stridula di Andrea mi svegliò di soprassalto. Si buttò sul letto ed iniziò a saltare atterrando con le sue ginocchia su di me. Diciamo che avevo avuto dei risvegli migliori.
"Ahi, mi fai male!", lo sgridai un po' troppo bruscamente. Lui scese dal letto e non parlò. Lo guardai e vidi che fissava il pavimento con sguardo offeso. Mi misi seduta e dissi: "Lo sai cosa accade quando mi fai arrabbiare", lo presi sotto le ascelle e lo buttai sul letto, mi misi sopra di lui ed iniziai a fargli il solletico su tutto il corpo. Lui iniziò a ridere strillando ed io risi insieme a lui.
"No, basta!", urlava divertito.
"Mamma aiuto!", continuava a ridere.
"Scusa!", disse cercando di farmi smettere.
Alla fine lo lasciai respirare e mi allungai sul letto stanca come se avessi appena corso una maratona. Adoravo sentire la sua risata. Era così cristallina che ogni volta mi metteva di buon umore.
Mi rilassai troppo e questo fu un errore. La piccola peste mi saltò addosso ed iniziò a muovere le sue manine agili sotto il mio collo. Iniziai a ridere e lo afferrai per la pancia alzandolo in aria in modo che le sue mani non arrivassero al mio collo. Lui rise ancora più forte e poi lo buttai sul letto facendolo rimbalzare.
Ci ritrovammo entrambi allungati sul letto con il fiatone e un enorme sorriso ancora sulle labbra.
Pensandoci meglio, era questo il risveglio migliore.
"Che succede qui?", la voce di mia mamma ci fece voltare verso la porta.
"Gioia stava cercando di farmi morire soffocato dalle risate", disse mio fratello correndo verso di lei per abbracciarla. Mia madre mi guardò storto e non si abbassò ad accogliere Andrea come invece aveva sempre fatto.
Restai a bocca aperta quando disse: "Ah, vi state divertendo?", il suo sguardo era freddo. "Fatelo da un'altra parte. Non ho voglia di sentirvi". Detto ciò allontanò Andrea e tornò in camera.
Non ci vidi più dalla rabbia.
"Tu resta qui!", dissi con tono deciso e duro a mio fratello. Accesi il lettore cd e un pianoforte accompagnato da una batteria iniziarono a suonare: "We're staying all night, got 'Blue Jean Baby' playing in my mind. She gets me so high, giving me faith, I gotta testify..." la voce di Ross Lynch invase la stanza ed io alzai il volume al massimo. Lanciai un'occhiata ammonitrice a mio fratello per ricordagli di non lasciare la stanza e poi uscii chiudendomi la porta alle spalle.
Mentre abbassai la maniglia della porta di mia madre con la mano destra, sbattei la sinistra con forza per aprirla.
"Sei impazzita?!", urlai. Avrei voluto picchiarla. Lei mi guardò con rabbia e il mio sguardo non era molto diverso.
"Sarei io quella impazzita? Vostro padre è morto e a voi non frega un cazzo!", urlò contro di me. Ancora parolacce dalla sua bocca. Forse avrei dovuto farci l'abitudine.
"Esatto mamma! Nostro padre è morto non noi!", era un urlare contro l'altra.
"Non ve ne frega un cazzo!", ripeté.
"Ma tu che cazzo hai nel cervello? Hai ancora un cervello? Se mi rinchiudessi in camera come fai tu, come una deficiente ritardata, Andrea morirebbe di fame!", dissi indicando la porta, come per indicare Andrea. Forse esagerai con le parole, ma era la rabbia a parlare. Sapevo che stava male, ma era così per tutti quelli che avevano voluto veramente bene a papà.
"Come ti permetti ragazzina?", mia madre venne verso di me con il braccio alzato pronta a schiaffeggiarmi, ma inciampò tra le lenzuola che ormai erano sparse per terra e si ritrovò in ginocchio, mentre si reggeva sulle mani.
"Sei patetica. Forse avevi ragione ieri. Sei una madre orribile", dissi piena di odio. Uscii dalla stanza sbattendo con forza la porta. Entrai in camera arrabbiata e abbassai la musica senza però spegnerla. Iniziai a camminare avanti e indietro per un po'. Andrea era lì, seduto sul letto che mi guardava. Appena incontrai il suo sguardo mi corse in contro. Io mi abbassai per accoglierlo tra le mie braccia e, appena lo afferrai, scoppiò a piangere.
"Shh, tranquillo pesciolino. Non è successo niente", mentii spudoratamente. Strinsi forte la mascella per non far salire le lacrime. Tutta quella rabbia verso mia madre era un'emozione nuova e struggente per me. Le volevo un mondo di bene, ma quella donna non era mia madre.
"La mamma è arrabbiata con noi?", chiese Andrea ancora tra le lacrime.
"No tesoro. La mamma è solo arrabbiata con me, ma non con te. Ti vuole bene, lo sai. Non potrebbe mai arrabbiarsi con te. Sei il figlio e il fratellino migliore che si possano desiderare", dissi baciandolo sulla fronte. Poi lo abbracciai forte. Lo stringevo a me come per cercare di assorbire il suo dolore, in modo da lasciargli solo sentimenti felici.
"Ehi, andiamo a prepararci che la nonna ci starà preparando un pranzetto con i fiocchi, magari la aiutiamo a cucinare", gli sorrisi.
"Sì, ma io ho fame", disse ancora un po' giù di morale.
Io risi "Ma questa non è una novità pesciolino", gli scompigliai i capelli. Lui rise un po' ma subito tornò serio.
"Sai che c'è? Questa mattina non ho voglia di palline di cioccolata. Che ne dici di un bel cornetto con la Nutella?".
Mi rendevo conto che in quei giorni non lo stavo facendo mangiare in modo molto salutare, e sapevo anche che era sbagliato consolare i bambini con il cibo, ma sicuramente dalla nonna ci sarebbero stati gli spinaci, l'unico tipo di verdura che Andrea mangiava grazie a 'Braccio di Ferro', quindi decisi che per questa volta avrei potuto ricorrere alla Nutella.
Vidi gli occhi di mio fratello illuminarsi e finalmente sul suo volto spuntò un bellissimo sorriso. Quella vista mi rasserenò un po' e dissi: "Corri a prepararti allora", gli diedi una pacca leggera sul sedere come per invitarlo a correre. "Ti serve una mano?" dissi.
"Ma no, ormai ho otto anni!", rispose lui con tono scocciato. Io ghignai divertita: era buffo.
Quando uscì, alzai il volume della musica e andai in bagno. Mentre mi lavavo e mi preparavo, canticchiavo le note di "Let's Not Be Alone Tonight". Era tra le mie canzoni preferite degli R5, o forse era la mia preferita in assoluto: in fondo era tutto merito di quella canzone. Era stata la prima che avevo ascoltato e da lì iniziai ad interessarmi sempre di più agli R5 fino a scoprire che non c'era nessuna loro canzone che non mi piaceva, ergo, mi piacevano tutte. Iniziai a saltellare per il bagno, come una scema. Forse volevo solo scaricare la tensione, eppure quel saltellare mi aiutò. Mio fratello aprì la porta e restò a bocca aperta.
Appena vidi la sua espressione scoppiai a ridere, avrà sicuramente pensato che fossi pazza, così uscii dal bagno per avere un po' più di spazio ed iniziai a saltellare davanti a lui afferrandogli le mani e invitandolo a fare su e giù con me. Sentivo le sue risate mischiate alla canzone e in quel momento tutto mi sembrò più facile. Forse era un comportamento infantile, ma non mi importava. Stavo bene, quindi lo facevo. Me ne fregai anche di mia madre che era nella stanza dietro di noi.
Quando la canzone finì mi sedetti per terra con il fiatone, imitata da Andrea.
La canzone successiva era "Reapiting Days".
"Bella questa!", dissi a mio fratello. Purtroppo non sapevo bene il testo, ma non mi preoccupai più di tanto.
Presi il mio cellulare e aprii Wattpad, scorsi tra i libri della mia biblioteca ed eccolo finalmente, il libro che stavo cercando: "R5 Sometime Last Night" di R5GaiaR5. Quella ragazza aveva avuto la brillante idea di scrivere tutti i testi delle canzoni su Wattpad ed ogni volta che ne avevo bisogno li avevo sempre con me, anche quando non ero collegata ad internet.
Iniziai a canticchiare anche quella canzone, mentre mio fratello mi guardava.
"Hai lavato i denti?", gli chiesi. Lui fece cenno di si con la testa e io lo guardai storto. Era impossibile che si fosse lavato i denti visto che ero stata sempre io in bagno. A meno che non se li fosse lavato prima di svegliarmi, ma le probabilità erano minime.
"Uffa", disse lui alzandosi e andando in bagno.
"Lascia la porta aperta che ti vedo da qui", gli dissi. Era davvero un furbetto quel bambino, era capace di entrare in bagno e di aprire e chiudere l'acqua senza lavarsi i denti.
"Ma tanto adesso andiamo a mangiare e i denti si sporcano di nuovo", affermò con ovvietà.
"Appunto, immagina quanta sporcizia ci possa essere nella tua bocca, tra il cibo rimasto ieri sera e quello che immetterai questa mattina", spiegai.
"Ma così, se restiamo senza cibo sopravvivo, perché ho le scorte tra i denti", sorrise come se avesse appena trovato la scusa per dissuadermi. Quell'immagine era alquanto disgustosa, e dovetti trattenermi dal ridere.
"Lavati i denti", dissi con tono calmo ma autoritario. Lui sbuffò e poi prese lo spazzolino di Scooby-Doo e il dentifricio alla fragola.
Le note allegre di "Smile" iniziarono ed io tornai a cantare leggendo il testo sul libro di R5GaiaR5. Potrei dire che anche quella era una delle mie canzoni preferite, ma a questo punto avrete capito che sono quasi tutte le mie preferite.
"Fatto!", disse un Andrea sorridente davanti a me.
"Perfetto, andiamo".
Uscimmo di casa e ci dirigemmo verso il bar. San Feliciano era un paesino minuscolo e non c'era bisogno della macchina per gli spostamenti interni.
Arrivati al bar incontrammo tutte persone che conoscevamo, o almeno che conoscevano papà. Era la nostra prima uscita in paese da dopo il funerale, quindi le persone erano ancora titubanti su come comportarsi. C'erano quelle che ci salutavano troppo calorosamente, quelle che ci salutavano troppo freddamente e quelle che facevano finta di non vederci per risparmiarsi l'imbarazzo.
"Gioia", sentii una voce sorpresa pronunciare il mio nome. Non mi stava chiamando, stava semplicemente pronunciando il mio nome. Riconobbi subito quella voce e mi voltai verso il ragazzo che conoscevo bene.
"Ciao Dan", lo salutai. Si chiamava Daniele, me tutti lo chiamavamo Dan. Eravamo stati insieme per circa due anni da quando ne avevamo 17 io e 19 lui. Lavorava come barista in quel bar da quando ne aveva 16, era il bar di suo zio scomparso da tre anni e non aveva mai avuto intenzione di lasciarlo.
Fece il giro del bancone e venne verso di me abbracciandomi. Mi sentii per un attimo a casa, poi allontanai quella sensazione. Non potevamo stare insieme. Era finita per un motivo preciso, lo stesso motivo che mi impediva di avvicinarmi di nuovo a lui.
"Ciao piccolino", disse prendendo in braccio Andrea, una volta sciolto il nostro abbraccio.
"Come state?", si rivolse a me più seriamente.
Mi strinsi nelle spalle: "Stiamo bene. Tu che dici pesciolino?", volevo davvero sapere come stava Andrea.
"Sì, stiamo bene, ma io ho fame".
Dan rise. "Cosa vuole che le porto signorino affamato?", chiese scherzosamente poggiandolo a terra e tornando dietro al bancone.
"Voglio il cornetto con la Nutella e il latte con il Nesquik", rispose mio fratello mentre cercava di arrampicarsi su uno sgabello per arrivare all'altezza del bancone.
"Perfetto. E per lei signorina?", chiese guardandomi. I suoi occhi azzurri mi trafissero. Sapevo cosa stava facendo: cercava di leggermi dentro. Se non avessi distolto subito lo sguardo ci sarebbe riuscito, così mi concentrai sui cornetti.
"Integrale con frutti di bosco", lo indicai.
"E da bere?".
Ci pensai un po' su: "Un succo alla mela verde, grazie", gli sorrisi.
"Come sta tua madre?", chiese porgendoci i cornetti e preparando le bevande.
Sospirai. Questo fu un errore. Capì subito che qualcosa non andava,ma con lui non avevo bisogno di nascondermi: "Sta cercando di farcela", dissi indicando con gli occhi Andrea, per fargli capire che non era il momento adatto per parlarne. Lui fece cenno con la testa.
"Cosa fate di bello oggi?", cambiò argomento.
"Andiamo a pranzo da nonna, e tu?", omessi la parte in cui sarei uscita con un ragazzo. Non che per lui ci fossero problemi, anche lui usciva con una ragazza di Perugia, almeno era ciò che dicevano le vecchiette di queste parti quando si riunivano in casa di mia nonna, ma non potevo dire in giro che avrei incontrato un ragazzo, capite bene perché.
"Io oggi sono a pranzo da mia madre, poi nel pomeriggio andrò giù a Perugia", si fermò, titubante sul fatto di continuare o meno. 
"Posso andare a mangiare lì?", mi chiese Andrea indicando un tavolo di vecchietti che giocava a carte. 
"Va bene", dissi prendendolo sotto le ascelle per farlo scendere dallo sgabello. Portai il bicchiere con il latte al tavolo, salutando i signori che si trovavano lì. Alcuni mi fecero le condoglianze, altri mi dissero quanto era bravo mio padre. Io ringraziai poi tornai al bancone. 
Vidi Andrea che iniziò a giocare a carte con loro. Non lo perdevo di vista un attimo.
Poi mi voltai verso Dan e ricordiai ciò che aveva detto.
"Come si chiama?", gli sorrisi io complice.
"Ah, scommetto che è stata Maria", disse riferendosi alla vecchietta più pettegola del paesino.
"No caro, sono tutte insieme questa volta", risi osservando la sua espressione stupita.
"Andiamo non fare quella faccia. Eravamo la cosa più interessante in questo paesino sperduto. Stavano solo aspettando lo scoop che ero incinta, o che ci stavamo per sposare", continuai a ridere.
"Chissà cosa significa avere una vita privata", ironizzò lui.
"Prima o poi sarebbe accaduto che uno dei due avrebbe trovato qualcuno. Sei arrivato prima tu", scherzai.
"Allora, come si chiama?", chiesi nuovamente.
"Eleonora", era un po' imbarazzato e lo trovai tenero.
"E state insieme?". Improvvisamente mi trovai a sperare che dicesse di no. Era una cosa alquanto egoistica e stupida, ma una parte di me avrebbe voluto essere l'unica. Mi resi subito conto di quanto fosse malsana quell'idea e mi imposi di ricordare che tra noi ormai era finita. Per sempre.
"Beh, sì, più o meno", era incerto.
"Più? O meno?", perché non poteva semplicemente dire sì o no?
"Sì, stiamo insieme". Non mi guardò negli occhi mentre lo disse. "Alleluja. Credevo non lo avresti mai detto. Oggi avrò qualcosa di nuovo da raccontare a mia nonna", gli feci la linguaccia e lui rise.
"Buon sangue non mente", mi prese in giro.
Mi mancava il grado di intimità che avevamo l'anno precedente, quando mi raccontava tutto. Mi mancava avere qualcuno su cui poter fare sempre affidamento. Ma forse la cosa che mi mancava più di tutte era il modo in cui mi guardava. Quegli occhi azzurri così presi dai miei occhi castani. Mi faceva sentire speciale. Sorrisi a quei ricordi.
"Perché sorridi, adesso?", mi chiese confuso.
"Oh, niente. Immaginavo la faccia di mia nonna quando le darò le news", mentii.
"Secondo me mia nonna vorrà anche sapere: quanti anni ha, cosa fa nella vita, che lavoro fanno i genitori, come si mette di cognome e vorrebbe vedere una sua foto", dissi facendo finta di niente.
"Lo vuole sapere tua nonna o tu?", mi stuzzicò.
"Lo hai detto tu: buon sangue non mente", risi, ma subito aggiunsi: "Non preoccuparti, posso raccontarglielo a puntate. Ogni tanto le darò un'informazione nuova che prenderò da te".
"Giocate sulla mia vita privata?", si finse offeso.
Io scoppiai a ridere: "Qui si gioca sulla vita privata di tutti. Mi dispiace, la ruota ha scelto te".
"Allora quanti anni ha?", provai ad estorcere altre informazioni.
"Eh no", mi ammonì lui. "Hai già avuto la tua informazione per oggi: il nome". Aveva ragione ma ci provai comunque: "Non è giusto, il nome non vale tra gli indizi salienti, semmai il cognome".
"Mi dispiace: gioco tuo, regole mie", mi fece l'occhiolino.
Era sempre bello.
"Va bene, allora me ne andrò con questa misera informazione", feci finta di essere delusa. Poi mi avvicinai ad Andrea, aspettai che finisse la partita a carte, dove, ovviamente, vinse e uscimmo dal locale salutando Dan.
Camminammo ancora un po' per le stradine del paese, poi finalmente arrivammo di fronte al cancello di mia nonna.
Suonai il citofono e lei aprì subito il cancello.
"Tesori miei", ci accolse abbracciandoci.
"Ciao nonna", dicemmo io e Andrea contemporaneamente mettendoci a ridere.
"Non vi aspettavo così presto, sono solo le dieci e mezza", disse.
"Lo so, ma siamo usciti presto per andare a fare colazione da Dan", le sorrisi.
"Ah sì? Ti ha raccontato qualcosa?", chiese.
"Mi ha detto come si chiama". Feci una pausa mentre mia nonna mi guardava curiosa.
"Allora cosa aspetti a dirmelo?", era impaziente e mi venne da ridere.
"Un po' di suspanse non fa mai male, come Gerry Scotti insegna", la presi in giro. Quando ancora trasmettevano 'Chi vuol essere milionario' mia nonna non perdeva mai una puntata ed ogni volta che c'erano pause infinite per sapere se una risposta era corretta o meno, lei si lamentava sempre.
"Ma tu non sei Gerry Scotti", rispose lei.
"Io vado in camera a giocare", disse Andrea allontanandosi. Lo seguimmo con lo sguardo poi io e mia nonna ci sedemmo in cucina. Il pranzo era in preparazione sui fornelli.
"Allora, come sta tua madre?", perché facevano tutti quella domanda?
Sospirai di nuovo. Avevo deciso di aspettare ancora qualche giorno prima di parlarne, ma non ero più sicura che fosse una buona idea.
"Non la riconosco più", dissi sincera.
"In che senso?", voleva altre spiegazioni.
"Si è rinchiusa in camera, non mangia, non esce. È sempre di cattivo umore e credo sia una cosa seria. Questa mattina io e Andrea stavamo giocando e ridendo insieme, lei è venuta, non ha neanche abbracciato Andrea che è andato verso di lei felice di vederla, e ci ha rimproverati perché le stavamo dando fastidio", mi liberai.
"Ma davvero?", chiese lei sorpresa con occhi spalancati. Feci un cenno con la testa. Non sapevo cos'altro dire.
"Non preoccuparti tesoro. Dalle tempo, in fondo è solo la prima settimana", disse le stesse cose che pensavo.
"Sì nonna, lo so, ma da come si è comportata questa mattina mi è sembrata piuttosto grave la situazione", cercai di farle capire come la pensavo, in fondo mi rendevo conto che era una reazione normale stare giù e non voler vedere le persone, ma io e Andrea eravamo la sua famiglia, i suoi figli. Noi capivamo quello che provava, ma al posto di cercare conforto in noi e di aiutarci a vicenda, ci teneva lontani, come se fossimo degli sconosciuti.
"Lasciale almeno una settimana e,soprattutto, non darle addosso. Cerca di starle vicino e di consolarla", mi consigliò.
"Non so se ci riuscirò", risposi sinceramente. "Non riesco a sopportare questa situazione. Mi fa venire i nervi. Si comporta come una stupida, alcune volte avrei voglia di...", non sapevo come terminare la frase: picchiarla, schiaffeggiarla, urlarle contro e chi più ne ha più ne metta. Non andavo fiera di ciò che provavo, ma non riuscivo ad impedirlo.
"Gioia!", mia nonna intuì subito cosa avrei voluto dire e io guardai per terra imbarazzata.
"Cerca un modo per parlare con lei. Magari ha solo bisogno di qualcuno che le stia vicino e la consoli. Se la tratti male non farà altro che respingerti di più", aveva ragione, lo sapevo perfettamente, ma era difficile.
"Sì, ma Andrea cosa le ha fatto per meritarsi questo trattamento?", non avrei mai potuto giustificarla per come si era comportata con mio fratello.
"Non si comporta così per punire voi. Nessuno dei due merita questo trattamento Gioia, ma questo è il suo modo di reagire al dolore che sta provando. Non siamo tutti uguali. Non possiamo impedirle di comportarsi in questo modo, possiamo solo provare ad aiutarla", disse.
Io annuii, ma davvero difficile anche solo provarci. Anche noi avevamo bisogno di aiuto, di una figura genitoriale, senza contare che mia nonna aveva perso un figlio, eppure eccola qui, di fronte a me per darmi forza. Anche se aveva gli occhi arrossati, le borse sotto gli occhi e aveva l'aria stanca, stava reagendo, e era qui con noi per trovare conforto e per confortarci. Era così che doveva essere anche per nostra madre.
Mia nonna si alzò ed andò ad armeggiare davanti i fornelli.
"Ti serve una mano?", mi offrii.
"Sì, grazie tesoro. Potresti pelare le patate?", chiese.
"Certo". Presi un grembiule e lo infilai, per evitare di sporcarmi, anche se comunque sarei dovuta passare a casa per cambiarmi prima di incontrarmi con Zayn.
Iniziai a pelare le patate quando il mio cellulare vibrò. Lo presi e trovai un messaggio di Chiara.
Kiki: "OMG vai su twitter, sul profilo di Perrie!"
Ormai aveva visto che avevo visualizzato il suo messaggio quindi le risposi.
Io: "Adesso non posso che sto aiutando mia nonna a cucinare... dimmi tu cosa c'è"
"È tutto ok?", chiese mia nonna.
"Sì sì, è Chiara", le sorrisi.
"Che racconta di bello?".
"Mah, niente di che, mi ha chiesto di andare a vedere una cosa su internet", mi strinsi nelle spalle. Mia nonna non rispose.
Continuai a pelare le patate. Ero curiosa di sapere di cosa si trattasse, ma non volevo far vedere a Chiara che ero troppo interessata, soprattutto perché non era mia abitudine passare molto tempo su Twitter e questa cosa non doveva cambiare.
Kiki: "No Jo, ci sono delle foto da vedere. Credo mi stia per prendere un infarto", aggiunse tante faccine strane.
Cosa poteva aver pubblicato Perrie da far morire Chiara? Forse aveva messo delle foto di Zayn.
Io: "Ok, tra poco vado a vedere :)"
Iniziai a sbucciare più velocemente e alla fine andai su Twitter. Aspettai che il profilo di Perrie si caricasse e poi eccole lì. Le foto. Le feci scorrere tutte e 4 e restai senza parole.
Questo poteva essere un problema.      

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