Capitolo uno

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Sul far della sera, la notte di San Lorenzo, una donna squarciò il silenzio notturno con le sue grida graffianti e angoscianti. La capanna nella quale aveva affidato la sua maternità riluttava di paglia e sporcizia. L'aria inumidita puzzava di capra, mentre le stelle illuminavano il cielo.
Non sentiva più le gambe, i dolori erano atroci per non dire bestiali. Nel sanguinamento sentiva la testa del suo bambino varcare il mondo. Era tonda come una palla di biliardo. Le grida incessanti della donna incupivano la campagna e facevano ululare i lupi.
"Signore, ti chiedo aiuto!" le sue parole si perdevano nella'aria spregevolmente. E grida ancora più crudeli suonarono tutt'intorno.
"Mamma la nostra capra sta partorendo?" chiese il figlioletto paffutello della signora Matilde che abitava con suo marito in campagna.
"Non lo sai che è ancora presto per lei? Manca ancora qualche mese" parlava, mentre col mestolo riempiva i piatti di brodo fumante.
"Allora che sono queste urla mammina?"
"Stai tranquillo ciccino mio, sarà qualche strega che sta morendo nel bosco"
"Meno male mammina, così questa notte non arriva a casa nostra" il bimbo tutto contento bevve un sorso di minestra inzuppandosi le labbra sottili.
Nel bosco oscuro intanto, il parto procedeva più dolente che mai. Nina moriva di dolore, ma solo la luna sembrava ascoltarla.
Tutta sudata e insanguinata pregava dannatamente al cielo per la vita del suo bambino.
"Luna,Luna mia, che debbo fare ora luna?"
La luna illuminava tutti'intorno con la sua luce fioca e inquietante.
"Luna aiutami tu. Ci sei solo tu qui. Se io muoio luna concedimi il tuo posto, così ogni volta che il mio bambino guarderà il cielo si ricorderà di me. Ti pregò luna"
Il suo volto appariva stanco, ma proprio in quel preciso istante un dolore viscerale rovesciò il piccolino sulla paglia come un fagottino.
Urlava e piangeva sensa tregua.
Nina se lo porto' al petto tremante.
"Piccolo mio" sussurrò dolcemente anche se stremata"quanto m'hai fatto patire. Figlio mio ora sei con me"
Tutto combaciava alla perfezione che la notte si incupi' lentamente, cullando la donna dai pianti del bambino .

Nella casetta di mamma Matilde, ciccino era già sotto le lenzuola, e mentre la mamma gliele rimboccava ebbe un sussulto.
"Mammina cosa sono questi pianti da bambino?"
"Stai tranquillo ciccino mio, di sicuro la strega sta crepando dal dolore che si dispera inutilmente"
"Meno male mammina, così imparerà a far soffrire i bimbi"
La donna diede un bacio sulla fronte del suo bambino offrendogli un generoso sorriso.
"Buonanotte ciccino" mormorò
" Sogni dorati mammina" rispose il bimbo già addormentato.
La notte era ancora lunga e consigliera. Nina cullava il suo bimbo nella capanna. Il figlioletto allattava al seno della madre con audacia e ingordizia.
"Mangia, mangia piccolo mio, che devi diventare pienotto come il piccolo ciccino della signora Matilde"
Il bimbo sembrava proprio abbuffarsi, Nina sentiva che era madre. Ora si che lo era diventata. Aveva aspettato per nove mesi che il sole sorgesse e tramontasse solo per osservare assopita il faccino del suo angioletto. Era così piccolo e rotondello che non riusciva a smettere di baciarselo. La sua pelle setata era come oro sotto le sue mani. I suoi occhi erano cristallini come il ruscello e le sue iridi morbide come la lana.
"Sei così bello piccolo mio" la mamma se lo lusingava tutto sotto la luce lunare.
Nina sentiva il corpo avvampare come fuoco, il cuore non le resisteva più, la saliva mancava sul suo palato, sentiva freddo per tutto il corpo e d'un tratto le morirono le parole in gola. Le pupille le si alzarono leggermente posandola ancora tremante sul pagliaio puzzolente. Il bimbo piangeva dannatamente, come poteva non farlo la sua mamma era morta. Il piccolino era disteso per terra freddo come la neve. Ma ancora vivo di calore interno.
La luna era chiara e dolcemente cupa che sembrava volesse consolare il bambino con una ninna nanna lenta.
Sembrava trattenere il fagottino di calore, solo illuminato da mamma luna il bimbo teceva acquietato dal sonno.
"Ti sorvegliero' sempre piccolino" sembrava volesse dirgli.
La mattina presto, il papà di ciccino si incamminò nei campi a tagliare la legna per il fuoco. La sacca pendolante dietro le spalle conteneva formaggio e acqua. La terra era zuppa come il fango, l'erbetta spuntava qua e là armoniosa, e gli uccellini appena nati gridavano gioiosi. Dopo una salita lunga la quale l'uomo bestemmio' spesso gli alberi orgogliosi riempivano la boscaglia.
L'ascia che si era portata dietro Annibale era fragorosa e possente come un bue. Quattro colpi secchi scorticarono il tronco di un albero e subito quello cadde per terra rumorosamente, squarciando i rami tutti' intorno.
Dopo qualche Oretta aveva fatto un bel po' di legna e si accovaccio' sulla terra per gustarsi il formaggio fresco. Mentre lo addentava sentì dei lamenti in lontananza. Un pianto incessante.
"Ma cos'è?" si disse.
Dopo aver bevuto un sorso d'acqua si incamminò per la boscaglia più lontana attirato dai pianti dolenti.
L'erba alta gli ostacolava il cammino, ma non s'arrese e continuò a marciare spedito verso il lamento.
Fra gli alberi di quercia scorse una capanna vecchia, che riempiva i lamenti.
Gli occhi gli si sgranarono quando videro una donna giovane impietrita per terra con le formiche che le passeggiavano tutti'intorno. Stava incominciando a puzzare. Il suo stupore fu più profondo quando un piccolo fagottino si muoveva fra la paglia in cerca d'aiuto.
"Ma guarda qui cosa abbiamo!" si disse l'uomo. Detto ciò si affretto' a recuperare il bimbo per terra e ad avvolgerlo nel sacco del suo pranzo.
"Ma cosa ti è capitato?" gli chiese l'uomo sorreggendolo tremante, come se il piccolo potesse rispondergli.
Poi lo adagio' fra l'erba, e rientrò nella capanna accigliato. Prese la donna fra le sue braccia e la portò fuori pesantemente.
"Povera donna" mormorò scrutando il suo corpo insanguinato.
Prese la sua pala e incomincio' a scavare nella terra fredda.
"Ora ci occupiamo della tua mamma" disse seppelendo Nina nella fossa.
Il suo corpo si sporco' di terra sensa pietà. La terra rientrava da tutte le parti perfino negli occhi che si ingrumirono pian piano finché il biancore scompari' lasciando spazio a un marrone grumoso e scuro.
Poi con un bastoncino di legno ritrovato per terra, scrisse una frase nella terra.
"Qui giace la mamma di un bimbo paffutello".
L'uomo si fece un misero segno della croce e si incamminò lontano da lì col fagottino fra le braccia.
Rientrato a casa Matilde la moglie di Annibale non poté credere ai suoi occhi quando le fu posto davanti un piccolino tremante.
"Ma dove lo hai trovato?" chiese al marito ancora accecata dallo stupore.
"In una capanna nel bosco, la sua mamma era già morta e così l'ho seppellita portandomi il bambino dietro"
"Hai fatto bene a seppellirla, ma non so se questo piccino lo possiamo tenere con noi" disse mentre cullava il bambino fra le sue braccia esperte. Mentre discutevano di ciò, ciccino irruppe nella calma con lo zainetto sulle spalle.
"Come è andata a scuola piccolo?" il papà diede un furtivo bacio al figlio che ammicco' ad un sorriso dolce.
"Bene, ma quella mia insegnante non mi piace"
I genitori risero insieme.
"Ma, mammina che hai fra le mani?"
La donna non riusciva a spiegare il fatto al figlioletto, che il padre intervenne maestosamente.
"Rosina ha partorito" mentì.
"La nostra capretta? Finalmente!" esclamò il fanciulletto tutto felice saltetellando intorno alla madre disorientata.
La donna abbassò il fagottino all'altezza bassina di ciccino.
"Ma babbo questo è un bambino!" la bocca di ciccino si spalancò in tutta sorpresa.
"Ma come è possibile?"
Il papà gli si avvicinò titubante avvolgendogli la testolina nella sua grossa mano.
"Si vede che Rosina si è accoppiata con il pastore" rispose il babbo sorridente.
Ciccino rise armoniosamente e accarezzò la fronte del bimbo.
"E' così Bellino, non si assomiglia per niente al pastore"
" si infatti è bello come Rosina" mormorò la madre per non svegliare il fagottino.

IL BAMBINO CHE IMPARÒ A VOLAREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora