Quella sera, dopo cena, Mark inviò una e-mail a Toby tramite il forum. Aspettò per un po', poi per un'ora, poi per due. Alla fine a mezzanotte si convinse che non sarebbe arrivata risposta.
Era angosciato.
Una parte di sè gli diceva che forse Toby non l'avrebbe più voluto vedere, non sapeva perchè, erano stati bene, ma non riusciva a non pensare a quell'eventualità. Poi pensava a un problema tecnico: magari la mail era andata persa, la posta di Toby era ingolfata, non gli andava Internet... si malediceva per non avergli lasciato il numero di cellulare. Come ultima ipotesi pensò gli avessero inflitto una punizione per aver fatto tardi.
A lui sembrava un'assurdità essere puniti per essere rincasati entro le otto, ma più tardi dell'ora stabilita, ma ogni famiglia aveva le proprie regole e la propria severità. Magari non erano tollerati ritardi in generale. Ad ogni buon conto era agitato. Toby l'aveva colpito, poteva sentire il cuore accelerare quando ripensava al primo bacio, superficiale, sulle labbra.Gli mancava incredibilmente.
Avevano parlato per pochissimo, un paio d'ore, ma gli sembrava di conoscerlo da una vita e di non poterne fare a meno. Si diede dell'idiota. Come'era possibile voler così bene a una persona appena conosciuta? Sembrava un film, una cosa da televisione. Eppure...
Si addormentò sulla scrivania, sperando di vedere illuminarsi l'icona di un nuovo messaggio in arrivo. Non avvenne nè quella sera nè il giorno dopo. Il lunedì mattina Mark era preoccupatissimo. Il pensiero che Toby non lo volesse più vedere era coperto dalla preoccupazione per la sua sorte. Non voleva credere che Toby lo avesse solo usato come il cugino per una botta e via. Aveva visto l'interesse nei suoi occhi, aveva sentito la sua anima... non poteva essersi inventato tutto.
Uscì presto per pattugliare l'ingresso della scuola dedicato alle sezione di Toby, che era diverso da quello normalmente usato da Mark. Rimase davanti al cancello per mezz'ora, poi quando stava quasi per rinunciare, intravide una chioma folta e nera che svettava su molti altri compagni. Era Toby. Aveva il bel viso segnato dalla tristezza e avanzava come se fosse un manichino, rigido sulle gambe e col busto. Mark pensò che avesse avuto un qualche tipo di incidente. Gli si fece sotto. Toby non lo notò subito, ma quando le scarpe di Mark gli si fermarono davanti fu costretto ad alzare lo sguardo.
Una scintilla di felicità scaturì dai suoi profondi occhi neri, illuminandoli. Ma subito sembrò spegnersi.
Toby lo guardò in viso, Mark non disse nulla. Cosa poteva dire? "Perchè non hai risposto?" "Cos'è successo?" "Stai bene?"
Nessuna di queste domande arrivarono alle labbra di Mark.
Toby, mordendosi un angolo del labbro inferiore, chinò il capo di nuovo e aggirandolo entrò nell'edificio scolastico. Mark rimase fuori. A chiedersi cosa fosse andato storto.Toby era immensamente triste.
Quel giorno ogni lezione sembrava come quella di filosofia. Era stanco, aveva sonno, voleva solo dormire e non pensare. Non pensare a quello che aveva fatto a Mark, al volto deluso che si era trovato di fronte quella mattina. Non voleva pensare alle ore di pianto che aveva fatto quel weekend. Pensava a lui ogni momento, eppure non voleva che si avvicinasse troppo. Non poteva coinvolgerlo nel suo gorgo. Gli voleva già così bene da preoccuparsi di non farlo soffrire troppo. Se il prezzo da pagare per risparmiargli ulteriori sofferenze era quello, Toby era pronto a pagarlo, ma un conto era pensarlo, un altro evitare di correre tra le sue braccia a scusarsi. A metà mattina non resse più e dovette chiedere di uscire. Appena chiuse la porta scoppiò in lacrime. Si sentiva male fisicamente, si accasciò fuori dalla porta della classe. Non poteva chiedergli di afforntare le paure che lo perseguitavano da sedici anni al posto suo. Non poteva. Doveva respingerlo per il suo bene. Ritrovata un po' di convinzione nelle sue decisioni, si alzò, andò in bagno. Si sciacquò il viso. Si guardò allo specchio: uno straccio. Aveva occhi pesti, l'espressione di chi non ha nulla per cui vivere.
Si asciugò la faccia e uscì. Mentre stava passando davanti a una porta a vetri oscurati, questa d'improvviso s'aprì e due mani lo tirarono dentro. Era uno dei corridoi di passaggio che collegavano le varie ali del complesso scolastico. La luce al neon del soffitto era rotta, non si vedeva nulla, il passaggio era completamente buio. Una luce s'accese. Era il display di un cellulare. Sopra di esso aleggiava il volto di Mark.
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Vibrare all'unisono
RomansaToby e Mark, due adolescenti che hanno da poco scoperto la loro omosessualità, cercano un'anima a cui legarsi, in un mondo pieno di realtà sconcertanti ed emozioni contrastanti dove però, ogni tanto, per due cuori è possibile vibrare all'unisono. L'...