Errori

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Ottobre 2013 e Lauren non aveva più niente in mano.

La speranza, l'amicizia, l'amore. Niente.

Aveva scelto Lettere per non essere entrata ad Arredamento, ma si sentiva fuori luogo; era stata scartata dalle amiche, le quali la ritenevano "fantastica" e "speciale", si vede che avevano trovato qualcun altro di più "fantastico" e "speciale"; non era mai abbastanza per nessuno, nemmeno per i ragazzi.

Era diventata una ragazza piena di insicurezze: il suo sorriso non era bello, i suoi occhi erano spenti, il suo aspetto fisico non le piaceva, iniziò a pensare che fosse inutile, sempre insufficiente, non si prendeva più cura di sé perché, anche se lo avesse fatto, le cose non sarebbero cambiate e avrebbe continuato a rimanere da sola.

Era un momento difficile, molto difficile. Lauren non provava più niente, era diventata apatica nei confronti della vita: quello che viene, viene, pensava. Anche se le fosse potuto succedere qualcosa di bello non avrebbe cambiato stile di vita.

E al mondo non importava. Le poche persone rimaste intorno a lei si accorsero del suo cambiamento radicale, ma non se ne importarono: nessuno fece niente per farla sorridere anche un attimo, semplicemente la lasciavano per i fatti suoi. Soprattutto la sua famiglia: la sorella con cui solitamente parlava stava passando anche lei un periodo difficile, il suo ragazzo si era trasferito a Roma per proseguire gli studi procedendo con la laurea magistrale; i genitori di Lauren litigavano in continuazione anche per le cose più piccole e insignificanti: ogni motivo era buono per discutere e non avevano "tempo" per preoccuparsi anche della figlia.

E Lauren rimaneva completamente sola nella sua stanza, al computer ad ascoltare la musica e ad aggiornare il suo blog di Tumblr con frasi, citazioni e foto prese dal web.

Mai una volta che il display del suo cellulare si illuminasse, mai un giorno in cui a lezione qualcuno si sedesse vicino a lei, mai qualcuno che potesse starle vicino.

Un giorno si guardò allo specchio e scoppiò a piangere in silenzio: il cuore gridava, ma nessuno sentiva. Non c'era più luce nei suoi occhi, nemmeno un piccolo bagliore. E fu in quel momento che il mondo le crollò addosso. Le sue spalle non reggevano più, il suo cuore veniva stretto dal dolore e anche le lacrime si fermarono. Non riusciva più a farle scendere, stava soffocando in un mare in tempesta. Prese il suo astuccio e si disegno un finto sorriso con un pennarello nero, mentre gli occhi erano ancora rossi e lucidi. Si rimise davanti a quel demone: il suo specchio. E anche così non andava bene, continuava ad essere insufficiente e ad un certo punto iniziò a girarle la testa, iniziarono a tremarle le gambe e cedette. Cadde e per mezz'ora stesse lì in quell'angolo, accasciata e rannicchiata, chiusa in se stessa, prigioniera di quel mare in cui non ci sapeva più nuotare.

Il giorno seguente studiava perché lo doveva fare, non perché volesse realmente farlo. Non doveva deludere i suoi genitori, non poteva dire che Lettere non era la sua strada, che avrebbe preferito pulire i bagni di un carcere piuttosto che continuare a studiare presso quella facoltà.

Prese nuovamente fra le mani il suo astuccio per correggere col bianchetto un errore di scrittura sul foglio di appunti e, cercando fra matite e penne, trovò un oggetto che aveva dimenticato dopo aver finito la scuola: un arnese molto piccolo, piatto, di un argento opaco con una scritta frontale, con il quale correggeva le sbavature di china sul foglio da disegno. Era una lametta ancora coperta dalla sua cartina tutta sporca di grafite.

Lasciò stare lo studio e iniziò a osservare quel piccolo oggetto così pieno di ricordi. Avrebbe potuto usarlo per avverare il suo sogno di diventare arredatrice, avrebbe potuto ancora adoperarlo per correggere le sbavature di inchiostro e invece lo scartò, lo portò in bagno con sé e incise un piccolo taglio sul polso per confermare che stesse vivendo nella realtà e non in un sogno, come un pizzicotto.

Dammi un motivo per non arrendermiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora