3. past washed away by the waves

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HARRY

Avevo subito tante dolorose delusioni nella mia vita, ma nessuna era stata tanto difficile da superare quanto quella di Jason.
La nostra storia non era una comune. Ci eravamo conosciuti per una caviglia rotta ed eravamo finiti ad amarci. Nell'arco di tempo che stavo con lui mi sentivo vivo, felice, accettato. Sapeva ogni cosa su di me, era attento ai miei gesti e non permetteva a nessuno di farmi del male. Passavamo giornate sul divano a coccolarci. Lui mi accarezzava i capelli e io sorridevo come un coglione per ore. Gemma adorava Jason, lo considerava un ragazzo speciale. Un giorno mi aveva persino detto che mai aveva visto una coppia felice quanto noi. Facevamo l'amore quasi ogni weekend. O almeno, io pensavo facessimo l'amore. Probabilmente per lui era solo un passatempo. Due mesi dopo l'inizio della nostra relazione, lui cambiò. Lo vedevo sempre più pensieroso e le notti passate con lui sembravano solo stupidi tentativi di farmi amare di nuovo. Gli chiesi cosa avesse ma le risposte furono solo le ennesime scuse. "Sono solo in pensiero per la scuola, amore." Diceva. E io facevo finta di credergli. Alcune settimane dopo scoprii che si sentiva con un altro. Il cuore mi si spezzò, non lo volli più vedere. Appena cercava di parlarmi io cambiavo strada mentre Niall gli consigliava di smetterla di assillarmi. Incontravo i suoi occhi tristi e non facevo a meno di pensare che volesse tornare da me, tornare ad amarmi, tornare ad accarezzarmi i capelli e a fare l'amore. Mi illudevo.
La sera prima della partenza per Londra mi ritrovai una sua lettera sotto al cuscino. Resistetti dall'aprirla. Qualunque cosa ci fosse scritta non potevo leggerla, non prima di partire. La infilai dentro alla valigia e chiusi la cerniera. Volevo ricominciare a essere me stesso anche senza di lui.

Mi ritrovai nel bar di un autogrill situato nel nulla più totale a pensarlo. Strinsi la presa sulla tazza di tè che avevo ordinato mentre cercavo di non piangere. Niall era di pessimo umore per Ally e io non potevo di certo fargli pesare la mia tristezza, avrebbe solo aumentato la sua. Sospirai mentre giocavo con il cucchiaino sul tavolo.
«Che ci fa un ragazzo così carino tutto solo?» a parlare fu una voce maschile. Staccai la vista dal legno e incontrai lo sguardo curioso di un ragazzo che sembrava avere la mia età. Sgranai gli occhi, in un misto tra sorpresa e confusione. Lui si sedette di fronte a me.
Ci fissammo per qualche secondo poi riprese a parlare: «Che ti hanno tagliato la lingua, riccio?»
Sorrisi. «Che io sappia potresti anche essere un pedofilo.»
«Quali indizi gli avrebbero fatto elaborare questa affermazione, detective?» domandò con un tono divertito.
«Oh, non saprei proprio. Forse il fatto che è spuntato dal nulla -perché siamo veramente nel nulla più totale- e che ha cercato di rimorchiarmi con una frase tipica dei film in cui qualcuno viene ucciso.» Sorseggiai un po' di tè.
«Ottime osservazioni, ma dubito che un pedofilo porti i risvoltini ai jeans.» Si leccò le labbra.
Mi sporsi per verificare.
«Sì, in effetti quelli sono un pugno all'occhio.»
Scoppiammo in una risata collettiva. Mi soffermai a guardarlo: aveva un corpo esile e le spalle strette e un po' curve, come a segnare un'eterna insicurezza. Quando sorrideva delle rughe si formavano intorno alle sue labbra e chiudeva gli occhi per poi portare la testa all'indietro. Indossava una maglietta a maniche corte, che lasciava centrare l'attenzione sulle braccia coperte di tatuaggi. Alcuni con un significato nascosto, altri magari fatti per sfizio.
Si ricompose in poco tempo.
«A parte gli scherzi, ti ho visto un po' pensieroso. Che è successo? Ti ha lasciato il ragazzo?» Rimasi a bocca spalancata dopo quell'affermazione.
«Come hai capito che sono gay?»
«Non l'avevo capito» un sorriso malizioso comparve sul suo viso «ma almeno ora ne ho la certezza.»
Mi morsi un labbro, scuotendo la testa.
«E comunque no, è qualcosa di più complicato» ammisi.
«Se ti va di parlarne ho ancora circa...» Controllò l'orario dal pendolo appeso al muro del locale «Dieci minuti.»

«Non ti conosco, perché dovrei fidarmi di te?» lo interpellai.
«Perché mentre eri al bagno ti è caduta questa» sfilò dalla tasca la lettera di Jason e la fece scivolare sul tavolo. «e mi sembrava giusto riportatela.»
«È così che hai intuito la mia omosessualità e ipotizzato che mi fossi lasciato con un ragazzo?» Presi lo scritto tra le mani, giocandoci.
«Eh già, non sono un mago, purtroppo.» Alzò le spalle in segno scherzoso, socchiudendo gli occhi.
Accennai un sorriso, ringraziandolo. La busta era bagnata e si capiva cosa c'era scritto a mala pena. Decisi di aprirla per scorgere se si leggesse ancora il contenuto, ma il risultato fu la visione di una chiazza blu scura al centro e un "Caro Harry" appena comprensibile. La lasciai cadere sul pavimento, mettendomi le mani fra i capelli dalla disperazione. Quelle parole erano l'unica speranza di sapere se Jason mi amava ancora o se era stato tutto un gioco. Alcune lacrime mi rigarono il volto, facendo preoccupare il ragazzo di fronte a me. Mi poggiò una mano sulla spalla, muovendola in modo regolare per cercare di rassicurarmi.
«Mi dispiace riccio, avrei voluto raccoglierla prima che cadesse nella pozza d'acqua sotto al rubinetto, ma era troppo tardi.» Sollevai il capo per poi rivolgergli un sorriso sincero.
«Non è colpa tua, sono stato io l'incosciente. Dovevo conservarla in un posto più sicuro invece che prenderla fuori dalla valigia e portarmela in giro ovunque.»
Lui mi scompigliò i capelli.
«Vai a parlare con quel ragazzo, magari avrà il coraggio di dirtele in faccia le cose invece che scrivertele su un pezzo di carta.»
Aveva ragione, io e Jason dovevamo parlare. L'unico problema era che, tra i due, ero io che non volevo farlo. Solo la sua vista mi provocava una tristezza devastante, figuriamoci avere una conversazione seria.
«Penso che non sia una buona idea parlare, soprattutto se quello che non riesce nemmeno a guardarlo in faccia senza volgere l'attenzione verso un altro obiettivo, sono io.» Mi asciugai le lacrime.
«Non si può scappare sempre dalla verità, occhi verdi» posò un pacchetto di sigarette sul tavolo «anche se fa male.»
Accese la paglia, infischiandosene dei divieti appesi alle mura. Nonostante fossimo vicini all'entrava, l'odore era abbastanza rilevante.
Le sue mani erano insicure mentre portavano il fumo alla bocca, come se fosse un gesto che non compiva da mesi. Lo guardai ammaliato. Possedeva un velo di mistero la sua anima. Era una di quelle che ti spingevano ad andare oltre al sorriso beffardo che portava per scoprire chi fosse veramente.
«Hai Facebook, riccio?» domandò curioso.
Annuii in risposta, mentre lui mi faceva cenno di passargli il cellulare. Lo tirai fuori dalla tasca e glielo passai, dopo aver inserito la password e aver cliccato sull'applicazione. Portò la sigaretta tra le labbra e digitò qualcosa di veloce, per poi ridarmi l'apparecchio. Si alzò cautamente per poi buttare fuori l'ennesima nuvola di fumo scuro.
«Ci sentiamo lì, allora. Ciao Harry.» Mi rivolse un sorriso gentile per poi scomparire dietro la porta che conduceva all'esterno.
Qualche istante dopo il telefono tintinnò.

"Louis W. Tomlinson ha accettato la tua richiesta di amicizia."

CIAO GENTE

Dopo anni siamo tornate! Scusate per l'enorme ritardo, ma la scuola ci ha dato un sacco da fare e trovare due minuti per scrivere era praticamente impossibile, ma ora eccoci qui! Che ne pensate? Se vi è piaciuto lasciate un voto (pls) e commentate.

ci vediamo alla prossima, si spera tra poco. :)

Scritto da adovrelovato

Strangers. || Niall Horan ❁ Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora