Capitolo III - Parte I

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 Jason tornò a scuola con un enorme peso nel petto: questa volta l'alcool non era stato sufficiente a fargli dimenticare il bacio dato a Will, e nemmeno il desiderio che fra le sue braccia non ci fosse il ragazzo biondo, abbronzato e solare ma il suo esatto opposto, quello dai capelli corvini, la pelle chiara e che centellinava le parole. Si sentiva in colpa, terribilmente in colpa, soprattutto dopo aver scoperto che Reyna era stata male quella sera e che per qualche giorno non sarebbe tornata a scuola.
Attraversò il corridoio, facendosi strada fra un centinaio di studenti che chiacchieravano, scherzavano, si divertivano, quindi vide quello che invece si limitava a starsene impalato sullo stipite della porta della sua classe, quasi come se stesse aspettando qualcuno. Jason allora incominciò ad aumentare il passo per raggiungere Nico, ma poco prima che l'altro incontrasse il suo sguardo, Will sbucò dal nulla e gli rivolse un luminoso sorriso, che Nico – assurdo! – ricambiò appieno. Tra i due sembrava essere nata una certa complicità, tanto che Will ogni tanto posava le sue mani sulle spalle magre dell'altro, e il suo migliore amico non si scostava. Si sentì improvvisamente fuori posto: com'era possibile che Nico si facesse toccare con tanta confidenza? Come mai sorrideva così tranquillamente, mostrando addirittura, di tanto in tanto, i denti bianchi? Un pensiero si fece strada nella mente di Jason: che la sera della festa fosse successo qualcosa fra i due? Che Will e Nico avessero...
No, frena. Nico non lo farebbe mai, e poi è cotto di Percy.
Jason sospirò, quindi andò da loro e tutti i pensieri negativi scomparvero quando vide negli occhi di Nico passare una scintilla di felicità nel vederlo, un po' come se si fosse chiesto "Ma dov'è finito Jason?" e l'avesse cercato fino a quel momento. Si sentì decisamente rincuorato da questo, quasi abbastanza da ignorare invece l'imbarazzo palese di Will e il rumore delle chiavi con cui aveva cominciato a giocherellare per distrarsi. Quasi.
«Allora, com'è andata la vostra divertentissima lezione di greco antico, ragazzi?» chiese quindi, cercando di smorzare la tensione.
«Lo sai benissimo che a me piace greco, Grace» sbuffò Nico, guardandolo storto. Aveva sempre reagito così, ed era stranamente confortante ricevere la stessa risposta anche quando a Jason pareva che l'amico si allontanasse sempre di più da lui.
«Lo so, lo so» rispose quindi, sorridendo. Quindi aggiunse: «Sentite, vi va di venire oggi pomeriggio a vedere la partita?»
Ma Jason non ricevette risposta, e dovette solo seguire lo sguardo di Nico e Will per capire il motivo: Percy Jackson stava venendo verso di loro, e con un'aria seria o, per meglio dire, funerea.
Fu Nico, stranamente, a rivolgergli per primo la parola: «Che succede, Percy?»
L'altro lo guardò come un cucciolo bastonato: «Allora, Jack mi ha detto che Christian gli ha detto che Louis gli ha raccontato che...-».
«Vai al sodo» lo interruppe questa volta Will.
«Sentite, io non so come possa essere accaduto, ma...-».
«Essere accaduto cosa?» chiese quindi Nico, con quell'aria minacciosa che però Jason sapeva riconoscere come espressione della sua preoccupazione.
«Sta girando la voce che Jason abbia tradito Reyna...-».
Jason saltò sul posto, diventando improvvisamente pallido: «Chi? Come...?» balbettò.
«... Con Nico» concluse poi.

Nico dovette sbattere le ciglia più volte per rendersi conto di ciò che Percy stava dicendo loro: la voce era che lui e Jason... no, non riusciva nemmeno a portare a termine il pensiero, era troppo strano da immaginare. E indoviniamo con chi se la sarebbero presa? Bravi, risposta esatta: con Nico Sfigato Di Angelo.
Si passò una mano fra i capelli e incontrò gli sguardi sconvolti degli altri due: Jason aveva un volto cinereo, tanto che, più che sembrare avesse visto un fantasma, sembrava egli stesso un fantasma, invece Will aveva le pupille degli occhi dilatate e una sottile linea di colpa si stava insinuando piano nelle sue iridi celesti. Percy, dal canto suo, non sapeva cosa fare: stava spostando il peso da un piede all'altro con agitazione, senza riuscire in qualche modo a stare fermo.
«Sai chi ha diffuso questa voce?» chiese ad un tratto Nico.
Percy, quasi felice che glielo si chiedesse, ripose subito: «Uno dice di averlo sentito da un'amica di Reyna, ma ben due da Octavian».
Certo, ha senso, d'altronde è avvenuto tutto sotto casa sua. Ma perché io e non Will?
Non ci fu bisogno di porre ad alta voce la domanda, perché Percy gli rispose inconsapevolmente: «Dice di aver visto Grace che tirava per un braccio Nico e lo baciava. Credo fosse il momento in cui invece avete fatto l'abbraccio di gruppo, vero?»
«Sì» rispose a sorpresa Jason. Nico poteva intravedere dietro ai suoi occhi i pezzi di puzzle che si andavano a sistemare al loro posto, e quindi lo vide passarsi prima veloci le dita fra i corti capelli biondi e poi leggere sulla cicatrice che aveva sul labbro. Era quella la sua espressione di preoccupazione, con quei due gesti sfogava tutte le emozioni che provava e, paradossalmente, le ricacciava dentro di lui per non farle poi più uscire se non davanti alle persone di cui si fidava ciecamente.
«Devo parlare con Reyna prima che lo venga a sapere da altre vie» esordì poi, con voce seria e controllata, come se stesse decidendo la strategia per una partita di football.
«Purtroppo temo lo sappia già: nella mia classe di francese c'è una grande amica di Reyna, Calypso – non so se la conoscete! –, e l'ho vista chiamare qualcuno in un angolino tutta preoccupata» disse sconsolato Percy.
«Penso che prima vorrà sentire la tua versione, però» cercò di consolarlo Nico, notando i suoi occhi divenire sempre più duri.
Oh Jason, smetti di voler essere perfetto. Si ritrovò a pensare Nico, vedendo gli effetti dell'opera di soffocamento di sentimenti che stava mettendo in atto. Aveva la sensazione che, così, si sarebbe messo molto più nei guai di quanto volesse immaginare, eppure non era la persona più adatta a dare consigli di questo tipo. Quando era morta Bianca, Nico si era rinchiuso in un guscio impenetrabile e solo dopo mesi Jason era riuscito – più con le cattive che con le buone maniere – a strapparlo da lì; aveva pianto con due mesi di ritardo, fra le braccia del suo migliore amico aveva spremuto fuori ogni goccia di dolore che si era tenuto stretto per paura che di Bianca gli rimanesse solamente quello, e aveva lasciato che le lacrime che avrebbe dovuto tirar fuori al suo funerale vicino a sua madre scorressero finalmente libere sulle sue guance. Che diritto aveva, quindi, di dire all'amico cosa fare e cosa no?
«La mia versione non cambierà di tanto, Nico» disse quindi Jason, con le dita che di nuovo andavano a cercare la propria cicatrice.
Quindi intervenne Will: «Io credo che sia meglio tu le dica la verità: che hai... sì, che è successo con me» disse.
«No, escluso» disse Nico, sorprendendosi lui per primo. Da dov'era spuntato tutto quel coraggio? «Io sono sotto mira già da tempo, e so gestire queste cose. Tu no, Will. Lascia perdere». E stranamente era vero: non voleva che Will divenisse il bersaglio di commenti acidi, di battute a doppio senso, di scherzi di cattivo gusto e in genere di tutto ciò che succedeva a lui. Se c'era una cosa che voleva evitare, era che qualcun altro subisse ciò che sopportava lui, e d'altronde a lui ormai non pesava più molto: erano tre anni che andava avanti quella storia ed erano tre anni che in realtà per lui la situazione era migliorata, quindi a lui non sarebbe cambiato assolutamente nulla. Inoltre adesso aveva degli amici che lo aiutavano, amici che potevano tirarlo fuori dai guai se necessario, come aveva fatto Will o come aveva fatto Jason per anni, ma non era solo e questo lo rendeva più forte di prima. Non erano più le medie, quando lui da perfetto ingenuo aveva confessato i suoi sentimenti a un ragazzo più grande e quello l'aveva sbeffeggiato per un anno intero, non erano più gli anni in cui se ne stava sempre solo: ora aveva qualcuno accanto e si sentiva sicuro di se stesso e delle mani che l'avrebbero aiutato.
Il trillo della campanella interruppe i suoi pensieri, quindi ognuno di loro si allontanò per la propria strada: quell'ora nessuno avrebbe avuto una materia in comune.

Will non riusciva a non pensare a due cose, completamente opposte fra loro. Primo pensiero: Nico era terribilmente forte, anche se le sue braccia erano più simili a quelle di un ragazzino appena entrato nell'adolescenza, e da questo si rese conto che i suoi muscoli allenati non avrebbero potuto nulla contro di lui. Secondo pensiero: se anche avesse potuto fare il culo a chiunque con quel suo caratterino, nella loro scuola non bastava la forza d'animo, anzi, serviva molto più quella delle braccia.
Aveva la sensazione che questa volta non se la sarebbe cavata con poco, che il putiferio che stava per avvenire l'avrebbe sballottato troppo e lanciato lontano da lui, lontano da tutti quelli che lo consideravano un amico. Fu proprio quando il professore di matematica iniziò il ripasso sulle proporzioni che Will si fece una promessa: sarebbe dipeso da Nico, se lui fosse cambiato avrebbe assecondato questo suo cambiamento, se si fosse allontanato lui l'avrebbe seguito, se si fosse avvicinato glielo avrebbe permesso. Si sentiva in debito con lui, e non solo perché aveva deciso di prendere tutto – o quasi – il peso che sarebbe derivato da quello stupido pettegolezzo sulle sue spalle, ma anche perché era stato gentile con lui, a modo suo.
No, non l'avrebbe lasciato a se stesso, avrebbe fatto qualsiasi cosa perché non si facesse del male per colpa sua. Sarebbe stato la sua ombra, il suo medico personale... il suo amico.

Jason non riusciva a seguire la lezione. La sua testa andava a una velocità esagerata e lui stesso non riusciva a raggiungere i propri pensieri e a coglierli in tempo, prima che già un altro prendesse il posto del precedente.
Perché non si era opposto alla scelta di Nico, poco prima? Perché non gli aveva dato dello stupido e non gli aveva detto che per lui, così, le cose sarebbero solo peggiorate? Per quale motivo adesso non si era infilato nella sua classe di nascosto (d'altronde l'aveva già fatto altre volte) e non gli stava accanto? In realtà aveva la risposta a ognuna di quelle domande, ma aveva paura di accettarla.
Reyna si sarebbe infuriata di certo, e poi lo avrebbe lasciato. Ma non sarebbe stata una di quelle che si sarebbero scagliate contro Nico, lei se la sarebbe presa solo e solamente con lui, e per il momento era l'unica cosa positiva di quella storia: qualcuno doveva arrabbiarsi con l'unico vero colpevole della situazione, non semplicemente sfogarsi su quello che meno sapeva difendersi. E Jason quasi desideravache qualcuno lo insultasse e lo riempisse di pugni, perché sentiva di meritarseli dal primo all'ultimo, e non solo per ciò che effettivamente aveva fatto, ma anche per ciò che non aveva fatto e soprattutto per il perché.
Non aveva impedito a Nico d'immolarsi come un agnello sacrificale per la felicità di Jason e di Will perché, in fondo, lui si sentiva così meno bugiardo. Aveva immaginato fosse Nico a baciarlo, ed era con Nico che, in fin dei conti, aveva tradito Reyna; perché, quindi, impedire alle persone di sapere la verità? Non stava mentendo, non stava fingendo, e offrendosi come capro espiatorio Nico aveva come ricambiato il suo... sentimento che ancora non comprendeva.
Dovette finire la lezione perché riuscisse a giustificare anche la seconda cosa che non aveva fatto, e rispondere quindi all'altra grande domanda. Non era accanto a Nico perché si sarebbe allontanato da lui: doveva staccarsi da quegli occhi neri e dalle sue braccia bianche; era colpa di Nico se adesso lui si trovava in quella situazione, anche se non l'aveva fatto apposta, anche se n'era inconsapevole, quindi doveva allontanarsi, tirare una linea netta che separasse Jason Grace da Nico Di Angelo.
E poi, si disse lo faccio anche per il suo bene: è meglio che la gente non ci veda insieme, o potrebbe ancora più prenderlo di mira.
E con questo pensiero arrivò alla conclusione che stava dalla parte del giusto, anche se il suo cuore gli diceva tutt'altro.  


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