Capitolo 5

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Sono passate due ore da quando Mark e Evelyn sono partiti. Sono preoccupato, lo ammetto. Sento che è successo qualcosa. Conosco Mark fin troppo bene. E l'angelo sicuramente avrà provato a scappare.

Spero solo di sbagliarmi. Non so nemmeno perché mi stia preoccupando cosi tanto per lei. In fondo è un angelo, che cosa mi importa di lei?

Eppure mi importa. In qualche modo che io continuo a negare, mi importa di lei.

-e se non volesse far fuoriuscire le ali?- domanda tutto di un tratto Oliver

-me lo sono chiesto anche io, estrargliele con la forza potrebbe ucciderla- dice Daniel

-potremmo farle credere che estrargliele sia l'unico modo per andarsene di qui- dice Jeff con una punta di malvagità nella voce

-spiegati meglio- dice Daniel

-potremmo dirle che se riuscirà ad estrarre le ali, la scambieremo con un nostro amico o qualcosa del genere-

-potrebbe funzionare...tanto è stupida non capirà mai il tranello- ride Daniel

-che ne dici Noah?-

-si potrebbe andare- dico

Non so nemmeno io il perché di quella risposta...ero troppo concentrato a pensare all'angelo e a Mark che ho risposto quasi d'impulso.

In quel momento, la porta si apre. Non faccio in tempo a voltarmi che sento qualcosa cadere sul pavimento e lanciare un gemito. Mi volto.

Vedo Mark furioso e l'angelo accasciato a terra agonizzante.

-Cos'è successo?- chiede Oliver allarmato alquanto me;

Mark non risponde, si limita a sedersi inespressivo.

Mi avvicino a mi inginocchio accanto a lei, semicosciente. La sorreggo con un braccio e non posso fare a meno di osservare le ferite provocate dalle zanne di Mark. Si è nutrito. Avrebbe potuto ucciderla.

-che gli hai fatto?- chiedo piuttosto arrabbiato, nonostante sappia già la risposta

-ha provato a scappare- si limita a dire

-ed era necessario tutto questo? Ti bastava un semplice movimento per metterla ko e riportarla qui incolume!-

-Mi ha attaccato-

-non mi sembri ferito-

- ho fatto quel che dovevo fare-

Mark si alza ed esce sbattendo la porta. Questo ha fatto sussultare l'angelo che ora ha aperto appena gli occhi e mi osserva.

La chiamo, cercando di assicurarmi che stia bene. Non sta bene. Il suo cuore sta rallentando. Mentre la chiamo, una lacrima le scende sul viso pallido e le bagna la maglietta. Capisco dalla sua espressione che sta soffrendo. Il cuore è sempre più debole.

-La porto in camera- dico agli altri e la prendo in braccio.

Esco dalla sala grande e mi reco nella stanza. La adagio sul letto e la copro con le coperte. È sempre più fredda.

Mi siedo sulla sedia accanto al letto, accertandomi che il cuore ritorni a poco a poco regolare. Dopo una mezzoretta le tocco la fronte: gelida. Le afferro entrambe le mani e gliele scaldo. Il cuore inizia a battere un po' piu forte e finalmente mi tranquillizzo. Le lascio le mani e noto che il corpo ha acquistato un po' di colore. Le tocco di nuovo la fronte: non è più fredda. Non è caldissima ma è meno gelida di prima.

Mi risiedo sulla sedia e aspetto. Man mano che passa il tempo, il cuore inizia a battere regolarmente e il pallore del suo viso diminuisce. Anche l'odore aumenta ma cerco di non farci caso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 06, 2015 ⏰

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