Andai in camera e mi feci una doccia. Misi dei pantaloni strappati e una camicia a quadri bianca e nera, feci una coda spettinata, mi truccai con eyeliner e matita, misi del profumo e, mentre stavo per uscire, sascha irruppe nella stanza con dei portatili e cavi di cuffie, mouse e caricatori. A cosa gli servivano tutte quelle cose? Prima di parlare mi fissò nuovamente da capo a piedi con uno sguardo misto tra serio e malizioso.
S:"Dov'è lo studio?"
Lo guardai con aria perplessa.
S:"La mamma ha detto che qui c'è uno studio."
Io:"Qui non c'è mai stato uno studio."
Mi indicò l'armadio.
S:"Potresti aprirlo per favore?"
Mi disse mettendo sul letto tutte le cose che aveva portato. Sbuffai e andai ad aprire l'anta dell'armadio. Spostò tutti i vestiti appesi da una parte e notai una serratura. Non l'avevo mai vista. Lui mi sorrise e disse:
S:"Per una volta il tuo occhio di falco non ha notato nulla!"
Tirò fuori una chiave e la infilò nella serratura.
Io:"Aspetta."
Si girò di scatto.
Io:"Come fai a sapere che li dietro c 'era una porta?" Mi avvicinai a lui. Profumava di un odore che non avevo mai sentito, ma mi piaceva un sacco.
S:"Beh, mentre tu eri fuori ho esplorato un po' la camera e ho trovato questo. Ho chiesto a nostra madre delle chiavi e me le ha date."
Mi stavo innervosendo. Non mi andava a genio che dicesse 'nostra madre', insomma, ci conosciamo da appena tre ore. E poi lui non so neanche chi sia.
Cercai di ignorarlo e lo guardai mentre apriva la porta. Cercò a tastoni l'interruttore e accese la luce e ci trovammo in una stanza nuova di zecca, ricoperta da teli con sopra tre strati di polvere. C'era una scrivania vuota, un divano. Tante mensole e un paio di armadietti di legno chiaro. In un angolo un armadio piccolo, per terra un tappeto circolare ancra chiuso nella sua plastica.
Per prima cosa aprii la finestra, poi ci dirigemmo verso l'armadio. Poggiammo contemporaneamente la mano sulla maniglia, ma io la tolsi subito, mi dava fastidio.
Aprì l'anta dell'armadio e ci trovammo davanti ad una scala a chocchiola in metallo.
S:"Stai attenta."
Disse concentrato, mentre cercava di salire. Mi stava porgendo la mano. Appena lo toccai sentii qualcosa attrasversarmi il corpo, come una scarica di energia. Non so perché, ma anche non conoscendolo, sentivo che mi poteva capire. (Paranormal tatto)
Dopo lo schricchiolio che produceva la scala sotto i nostri passi, ci trovammo... In una soffitta.
Mi scappò un sommesso "wow..." Proprio mentre mia madre ci chiamò dicendo che dovevamo andare. Scendemmo di corsa le scale e mettemmo a posto l'armadio, per poi avviarci giù come se non fose successo nulla.
Sentivo il suo sguardo fisso su di me mentre scendevamo le scale, mi sentivo a disagio. Volevo conoscerlo meglio, in lui ho trovato qualcosa di strano, ma allo stesso tempo affascinante e misterioso.
Salimmo in macchina e ci avviammo verso la pizzeria.
Durante il viaggio mia madre e Roberto parlavano di tutto e tutti, io invece ero concentrata su Sascha.
Lui era concentrato su di me.
Stavamo girando attorno a quello che volevamo dirci con questo gioco di sguardi, ogni volta che si girava a guardarmi abbassavo lo sguardo, poi ci mettevamo a ridere.
Arrivammo alla pizzeria, già da fuori si sentiva un buonissimo profumo di pizza...
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Fuoco. || Sascha Burci
FanfictionSara, 18 anni, ricca, vive in una villa del Piemonte in un paesino piuttosto freddo. La vita è monotona, nonostante tutti i comfort, finchè un giorno arrivano dei nuovi coinquilini.. con un figlio. Il loro incontro stravolgerà completamente la vita...