Gli anni per una persona come John passano veloci, poco più di uno schiocco di dita o il tempo di fare un respiro. Durante la sua lunga vita si erano susseguite guerre, periodi di pace; aveva visto imperi cadere e altri nascere. Ma per questa sua natura era sempre stato costretto a partire dopo un certo periodo, quando le persone si accorgevano che rimaneva sempre lo stesso, che lo scorrere degli anni non lo intaccava. Ben presto si rese conto di non poter intrattenere vere e proprie relazioni con gli altri, dal momento che affezionarsi avrebbe voluto dire soffrire inutilmente, per l'eternità: la durata della sua vita. Ma questo lo aveva capito troppo tardi, dopo aver perso in un incendio la donna che aveva amato e che aveva guardato crescere ed invecchiare.
Ormai quel tempo era lontano, fin troppo. I ricordi peró nella mente dell'uomo non sarebbero mai sbiaditi, i rimorsi e l'odio l'avrebbero accompagnato come cani fedeli.
Chiuso nel suo studio di Londra, al Bart's dove era chirurgo da qualche anno, fece appena in tempo a srotolare le maniche del camice, così da nascondere le braccia, che una donna minuscola entró tutta trafelata, come un uragano. John alzó gli occhi su di lei, distante come sempre, guardandola come se lei e tutto ció che lo circondava per lui non esistessero. Alzó leggermente il mento, infastidito.- Clara, sa bene che preferisco si bussi... -
Commentó mentre le si avvicinava. Lei deglutì e si assicuró una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio, cercando di evitare lo sguardo del medico.
- Ecco... Lo so, ma è urgente. Hanno portato una ragazza in fin di vita. Sembra le abbiano sparato. Non si sanno le cause e... -
- Capisco. -Sospiró e lasció la rossa sola nella stanza, dirigendosi con passo misurato verso la sala operatoria. In fondo aveva tutto il tempo del mondo, no? Passando nei corridoi guardava dritto davanti a se, come se vedesse oltre i muri di cemento, oltre le persone, come se al di là di tutto ci fosse un futuro che lui conosceva già. I suoi colleghi gli fecero spazio, intimoriti o perché non avevano mai sopportato il suo comportamento.
Entró nell'unica stanza con la luce rossa accesa appena sopra la porta. Si guardó attorno, incrociando lo sguardo con ognuno presente lì dentro e, con una leggera smorfia, indicó la porta.- Quella è l'uscita. Io lavoro da solo, non voglio distrazioni o che qualcuno mi intralci. -
Uno dei medici più giovani drizzó la schiena, guardandolo come si potrebbe guardare un pazzo.
- Cosa? Ha intenzione di operare da solo?! Vuole forse farla morire?! -
Il giovane strinse i pugni, guardando il biondo dritto negli occhi. Fu un secondo. Solo un secondo in cui un fulmine attraversó le iridi blu mare del medico e l'altro si ritrasse appena, uscendo contrariato. Tutti gli altri lo seguirono: chi intimorito e chi ormai conosceva le sue procedure.
John scosse la testa ed andó a chiudere a chiave la porta, così che nessuno potesse più entrare.- Vediamo che animaletto mi hanno portato oggi...-
John si avvicinó al tavolo operatorio, osservando la ragazza stesa su di esso. Lunghi capelli color oro le incorniciavano il volto, coperto dalla mascherina per l'ossigeno, e in parte ricadevano giù dal ripiano. Era pallida, probabilmente per via dell'ingente perdita di sangue. Sul petto, appena sopra il seno destro, si apriva un foro, da cui il sangue continuava ad uscire. Era l'unica punta di colore su quel corpo altrimenti intonso e perfetto.
- Animaletto, sei fortunata. -
Si tolse il camice e poi la camicia, prendendo un respiro profondo.
Aveva dovuto adattarsi a quegli anni e andare in giro con un bastone su cui si avviluppano due serpenti avrebbe dato decisamente troppo nell'occhio, per cui, notando come in quell'epoca amassero decorare la pelle John aveva optato per una soluzione molto più comoda. Ora un caduceo era tatuato sulla sua schiena, dove con la colonna vertebrale coincideva il bastone e sul resto della schiena, per terminare sulle scapole, due aspidi si attorcigliavano.- Ti farà male. -
John premette le mani sulla ferita e fu come se i serpenti prendessero vita sulla sua pelle. I due scivolarono sulle sue spalle, fino ad intrecciarsi alle braccia, le teste con le fauci aperte e i denti scoperti sul dorso della mano. L'uomo chiuse gli occhi e la sua pelle sembró quasi emettere una debole luce.
L'emorragia si arrestó, mentre il respiro e i battiti si regolarizzarono; lentamente la ragazza riprese anche colorito. Solo quando fu sicuro che la ragazza non rischiasse assolutamente nulla allora il chirurgo procedette con l'estrazione del proiettile. Sapeva esattamente cosa fare e come muoversi, mentre i suoi compagni rettili lo accompagnavano fin nei più piccoli gesti, così da non commettere nemmeno un errore. Si occupó poi di ricucire la ferita, lanciando veloci occhiate al bossolo che aveva posato accanto ai suoi attrezzi. Perché mai sparare ad una ragazza così indifesa? John fece una smorfia, lo stesso la donna, forse disturbata dall'ago, ma lui nemmeno se ne accorse.- Umani. Non li capiró mai... Guardati. Così fragile... Siete stati bravi a sopravvivere fino a questo punto. Ma tu, animaletto, sei quasi arrivata alla fine oggi, vero? -
Sorrise amaramente, pulendo infine la ferita e disinfettandola ancora una volta. Coprì poi i punti con una garza, andando finalmente a lavarsi via il sangue dalle mani. I serpenti si ritrassero, guardando quasi soddisfatti il loro padrone. Lo conoscevano bene e avevano percepito qualcosa sciogliersi all'interno del suo petto, nell'istante in cui l'aveva sfiorata. Qualcosa di sconosciuto ormai a John, che aveva ignorato e catalogato come " pena ".
Si rivestì lentamente. Ancora una volta, aveva tutto il tempo del mondo. Si mise in tasca il proiettile, dopo averlo pulito, e si diresse verso la porta, ma poco prima di aprirla e uscire si fermó, con la mano ancora sulla maniglia e l'altra che giocava con il bossolo.- Maledetto me... -
Tornó sui suoi passi, coprendo la ragazza con il lenzuolo, fino alle spalle. Generalmente se ne sarebbe andato, ma quella volta qualcosa l'aveva spinto a compiere quello stupido gesto così... Umano. Così diverso da quello che avrebbe fatto normalmente. I serpenti sulla sua schiena sibilarono sommessamente e capì che era ora di andare.
- Vedi di tenerti stretta questa vita. -
Disse prima di uscire.
La ragazza socchiuse gli occhi in quel momento, percependo a stento quella frase. Tutto ció che vide fu un guizzo bianco sparire dietro la porta. Chi era? Dove si trovava?
Comprese tutto quando numerosi medici ed infermiere affluirono nella stanza, sciamandole attorno come api laboriose. Li lasció fare, sentendoli dire che era un miracolo, che non capivano come fosse viva dal momento che il proiettile era arrivato al cuore.
La bionda mimó un grazie, rivolto al suo salvatore, con le labbra, mentre lacrime calde le scendevano sul viso. Era felice e, ne era sicura, si sarebbe tenuta stretta quella vita che le era stata restituita.
John, ormai seduto nel suo studio, strinse il proiettile in un pugno, sorridendo mentre il superiore lo rimproverava poiché non poteva operare da solo nonostante il suo tocco miracoloso.
Che animaletto interessante...
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Φάρμακον
General Fiction~ Dal fianco sinistro sgorgava la morte e dal destro la vita. ~