- Io... -
Charlotte fece un passo indietro, finendo nell'angolo buio delle scale. Si strinse le mani al petto, osservando la silhouette del dottore tremare leggermente. Lo vide alzare la testa e guardare un punto davanti a lui, non nella direzione della ragazza. Sorrise, alzandosi in piedi.
- Sei già qui. Non hai perso tempo. -
Una risata provenì da un punto dietro la rampa di scale, da qualcuno che Charlotte, dalla sua posizione, non riusciva a vedere.
- Ti controllo sempre, lo sai... -
Rispose l'altro, uomo dalla voce. Voce a Charlotte sembró di aver giá sentito. Fece per avvicinarsi, ma un gesto della mano di John le fece intendere che doveva rimanere nascosta.
- Sai anche quali sono le regole, vero? -
- Ovviamente. -John strinse i pugni, attento ad ogni più piccolo movimento o suono. Non c'era da scherzare con Lui, se avesse scoperto la ragazza l'avrebbe uccisa subito, senza esitazione dal momento che lei sapeva del suo segreto.
- John, ci sei davvero cascato di nuovo? Chi volevi riportare in vita? Posso sentirti ogni volta che usi quel potere, non potevi certo sperare di tenermelo nascosto, spero. -
L'uomo nascosto ridacchió ancora, divertito dalla situazione.
- Cosa ti avevo detto, mh? Che resuscitare qualcuno vuole dire mettere quell'individuo alla pari di noi Dei. Solo noi possiamo essere immortali, no? Non è questo quello che ti avevo detto? -
- Me lo ricordo quello che hai detto, difatti non l'ho riportato in vita. -Disse a denti stretti il biondo. Charlotte intanto guardava quella scena pietrificata, senza riuscire a concretizzare tutte quelle informazioni che le giungevano. Era impossibile... Dei? Per lei ne esisteva solo uno, loro non potevano esistere, peró... Quello che aveva visto non lo aveva sognato, era tutto vero.
- Lo hai fatto per qualche minuto, difatti non capisco il perché. -
- Aveva delle... -Esitó, masticando per bene le parole.
- Delle informazioni importanti che dovevo sapere. -
- Stai mentendo John. -
- Affatto. -Non era freddo come sempre, sembrava un animale impaurito, chiuso in gabbia e ferito. Pur sapendo che non lo avrebbe ucciso, temeva la reazione dell'uomo. Era imprevedibile, soprattutto adorava punire chi non rispettava le sue - stupide - regole.
- Beh, se la metti così... -
Charlotte sentì dei passi allontanarsi, accompagnati da un terzo ticchettio che non riuscì ad identificare. Continuava a guardare John, senza avere il coraggio di muovere alcun muscolo o addirittura di respirare. Le sembrava di essere chiusa in una bolla, quasi in apnea, sospesa in un tempo infinito.
Poi arrivó uno schiocco di dita, subito prima del rumore di una porta richiusa.
Il viso di John si contrasse, perdendo il sorriso di poco prima.- John...? -
Accennó lei, usando per la prima volta il suo nome. Fece qualche passo in avanti, ma l'uomo si portó le mani al petto, cadendo pesantemente.
- Che... Che succede?! John! -
Si precipitò al suo fianco, lasciando che tutta la rabbia e la paura scivolassero via, come lo sporco lavato via dalla pioggia, ricordandosi le parole di David. Di lui si fidava, poteva stare tranquilla allora, anche se poi avrebbe avuto bisogno di spiegazioni.
Si inginocchiò accanto a lui, sfiorandolo con la punta delle dita senza capire cosa gli stesse succedendo. Il dottore si agitó per il dolore, cercando l'ossigeno che i suoi polmoni non riuscivano ad incamerare. La ragazza gli fece posare la testa sulle sue ginocchia, in modo che non colpisse il pavimento in preda agli spasmi. Sul petto il biondo non faceva che graffiarsi, graffi che guarivano subito dopo senza lasciare traccia. Allora era vero?- John, calmati... -
Sussurró lei, prendendo ad accarezzargli i capelli e il viso leggermente sudato, pensando di farlo rilassare così. John rantoló, trattenendo un urlo di dolore per non svegliare chiunque si trovasse nelle stanze lungo quel corridoio.
Charlotte notó qualcosa di scuro che cominció ad aprirsi sulla spalla sinistra dell'uomo, qualcosa che, per la forma, ricordava un fiore o una stella; quei petali si allungarono come dita, abbracciandogli parte della spalla e del petto, fino quasi al cuore. A quel punto si fermarono e John rilassó ogni muscolo del corpo, abbandonandosi sul pavimento. Ansimava, fissando un punto indeterminato davanti a lui. Ogni dolore era finito e il biondo sapeva bene che quello era solo un avvertimento, una punizione per i pochi minuti in cui David aveva respirato ancora. Lui sfioró la causa del suo dolore, leggermente in rilevo e di un colore violaceo che ricordava i lividi, blu scuro in alcuni punti.- Mi devi delle spiegazioni. -
Affermó lei, senza più badare alle formalità ormai.
- Non credo sia il momento... -
Prese un profondo respiro, scostandola ed appoggiandosi al corrimano per potersi rimettere in piedi.
- Credo sia d'obbligo! -
Pestó un piede a terra, stizzita. John sbuffó, passandosi una mano sul viso ancora sofferente e, prendendo camicia e camice dalle mani della ragazza, se li rimise, nascondendo quello che si trovava sulla sua schiena e, ora, sulla spalla.
- Andiamo nella tua stanza allora. Nessuno deve sapere, ok? Ne va della tua e della mia vita. -
Lei annuì, incamminandosi al suo fianco. John si preoccupò di chiudere la porta della stanza 221 a chiave, così da non essere disturbati o sentiti. Si sedette poi sulla sedia con un sospiro, mentre lei si riaccomodava a letto.
- Non credo sia una buona idea... -
- Ormai ci sono capitata in mezzo, no? Voglio sapere e... E mi spiace. -Abbassó lo sguardo, giocando con le proprie dita. John alzó un sopracciglio, guardandola.
- Per cosa? -
Charlotte si strinse nelle spalle, senza guardarlo.
- Quello che ti ho detto, come ho reagito è come ti ho trattato. Ero... Arrabbiata e tu così freddo... -
- Ora hai capito il perché? Perché sono così, perché volevo starti lontano? Quello che mi è successo è colpa tua. -Ringhió sommessamente.
- Lo so... -
Accennó lei invece con un filo di voce.
- Ormai è tardi peró. Hai rovinato il lavoro di anni, sai? Anni passati a dimenticare a recludere tutto in un angolo della mia mente. Ma poi sei saltata fuori tu... -
Sospiró, passandosi una mano sul viso.
- Raccontami, per favore. Dimmi tutto, perché Dave mi ha chiesto così... Ha detto che tu... " mi amerai come lui non ha saputo fare ". -
Solo allora alzó lo sguardo sull'uomo, trovando i suoi occhi blu a fissarla, con una dolcezza infinita, come mari calmi dopo una tempesta. Ritornarono peró distanti quando lui se ne accorse e incroció le braccia sul petto.
- Non so cosa abbia voluto dire. Non provo nulla del genere da quando ero molto giovane. Non so più cosa si provi quando si ama o si prova affetto, quindi... -
- Non ci credo... Sono piuttosto portata per queste cose e alcune tue reazioni sono piuttosto eloquenti. Non avresti cercato di riportare in vita Dave se non ti fosse importato, non mi avresti portato la cena e il resto.-La ragazza sorrise e Inclinó la testa. John fece una smorfia, sfiorandosi la zona del cuore.
- Anche se fosse... Non posso. Non posso provare nulla per te, per quelli come te. -
- Perché? Cosa abbiamo di così complicato? -
- Complicato? Nulla. Semplicemente morire nel giro di pochi attimi per me... -
- Oh... -Charlotte si ravvivó i capelli, sospirando.
- Parti da principio e racconta, per favore... Ho bisogno di sapere chi e cosa sei, cosa senti, cosa è successo. Tutto quanto o credo impazziró. Ho una tale confusione in testa. -
John alzó lo sguardo su lei, illuminata dai primi raggi dell'alba. Se gli angeli fossero esistiti lei sarebbe sicuramente stata una di loro. Forse era meglio ammetterlo: ci era cascato nuovamente ed era certo sarebbe stato ancora più doloroso quella volta.
Fu così che cominció a raccontare e le parole uscirono dalla sua bocca, come un fiume in piena.
Finalmente si liberó del peso che era la sua intera vita.
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Φάρμακον
General Fiction~ Dal fianco sinistro sgorgava la morte e dal destro la vita. ~