III

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Ma cosa stava facendo? Gli anni lo stavano facendo impazzire? Beh, Anubi aveva fatto quella fine - un senzatetto con una maschera che urlava a chiunque gli passasse accanto di essere un dio -, per cui poteva succedere anche a lui. Roteó gli occhi, sospirando e passandosi la mano libera tra i capelli.
Era uscito, nell'oretta di pausa che aveva avuto poco prima di cena, così da prendere qualcosa da mangiare, e un fulmine gli aveva attraversato il cervello, ordinandogli di prendere qualcosa anche per la ragazza.
Per questo motivo si trovava davanti la stanza 221, a spostare il peso da una gamba all'altra, senza sapere bene cosa fare. I due rettili sibilarono sommessamente, come a dirgli di sbrigarsi.

- Siete insopportabili... -

Brontoló, bussando ed entrando senza aver aspettato la risposta.
La ragazza alzó lo sguardo su di lui, mettendo da parte il libro che stava leggendo. Era stupita, decisamente.

- Salve... -

Si mise meglio a sedere, poggiando la schiena contro i cuscini.

- Pensavo sarebbe tornato solo domani. -

Cominció, ma John non rispose. Le mise semplicemente un sacchetto sulle gambe, per poi accomodarsi su una sedia vicino alla finestra. La ragazza aggrottó le sopracciglia, aprendolo titubante. Il biondo assaporó lo sguardo di lei, illuminato dalla piccola lampadina posata sul comodino. Aveva gli occhi color del miele, gli piacevano. Si irrigidì, colpito da quel pensiero. No, era semplicemente una constatazione, nulla più.

- La cena, visto che la mensa dell'ospedale non è il massimo. -
- Non doveva disturbarsi... -

Ammise con voce stupita. Charlotte non riusciva a capirlo: poche ore prima l'aveva trattata come una seccatura, ora le aveva addirittura portato la cena. Dal sacchetto tirò fuori un panino, delle patatine e una bibita gasata. Sorrise leggermente. Era andato ad un fast food siccome non conosceva i suoi gusti?

- Grazie! -

Alzò gli occhi sul chirurgo, sorridendogli felice. John distolse prontamente lo sguardo, perdendosi fuori dalla finestra senza risponderle. Era come trovarsi dentro e fuori il proprio corpo; come se stesse guardando al di là dei vetri il giardino dell'ospedale, ma, contemporaneamente, fosse anche sul ciglio della porta, contemplando quella scenetta patetica in cui lui - idiota - si faceva fregare, ancora. Troppo umano, da sempre, per poter essere completamente privo di interesse verso quelle fragili creature.
Improvvisamente l'immagine dell'incendio gli tornò alla mente, bruciandogli nuovamente l'animo e facendolo gelare all'esterno. Charlotte lo vide, vide quel bagliore sul viso di John e ne rimase perplessa. Non riusciva a leggere nulla in lui, sembrava stanco della vita, una vita che fin da principio l'aveva deluso, ma che lui si ostinava a tenere stretta, anche attraverso quelli che erano i suoi pazienti, come lei.

- Senta... Ne vuole metà? -

Accennò.

- Uhm? -

Quella voce lo risvegliò dallo stato di trance in cui era piombato. Si accorse di avere la fronte imperlata da piccole goccioline di sudore.

- No, non mangio. -

Si limitò a rispondere. Lei ridacchiò, una risata simile al frusciare delle foglie. Piacevole.

- Cosa fa, si nutre d'aria? -

John si lasció scappare un mezzo sorriso. No, semplicemente non aveva bisogno di mangiare, non quello che mangiavano loro umani: questo avrebbe voluto dirle, ma non poteva.

- Ho mangiato prima. -
- Ma allora anche lei sorride! -

John tornó improvvisamente serio, accennando ad andarsene.

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