III capitolo

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Mars

"Mi chiedo come fai mangiare quelle cose." Disse Taylor, disgustata.

"Le guardi come se fossero un pannolino sporco." Dissi continuando a sgranocchiare le mie tortilla.
"Per me hanno lo stesso sapore." Disse alzando le spalle.
"Guarda non ti chiederò come fai a saperlo." Dissi facendo anche io una faccia disgustata.
Quella sera, come ogni venerdì sera, era dedicato a Taylor. "Serata tra ragazze" come si ostinava a chiamarla lei. Per me era solo un altro giorno che passavo in compagnia di quella folle e bellissima ragazza. Forse l'unica vera amica che io abbia mai avuto.
"Ma dimmi..." Iniziò e io sapevo esattamente dove stesse andando a parare. "cos'è questa storia con Drew Wright?"
Alzai gli occhi al cielo. "Non c'è assolutamente nessuna storia con Drew Wright."
"Mmm..." Disse poco convinta. "Non ne sono convinta."
Alzai gli occhi al cielo e dissi: "E perché mai?"
"Sei stata tutto il giorno con lui." Disse come se quella fosse la perfetta dimostrazione per cui io e Drew dovevamo passare la vita insieme.
"Anche noi due passiamo intere giornate insieme, ma credimi se ti dico che non sono innamorata di te." Le dissi.
Alzò gli occhi al cielo e mi ignorò, dicendo: "Quando non ti piace la compagnia di qualcuno, cosa che succede molto spesso, inventi una scusa o glielo dici apertamente e te ne vai." Disse. "Hai passato tutto il giorno in sua compagnia. Non dirmi che non è strano."
"Conosco Drew da tutta la vita." Dissi sulla difensiva. "Mi fa piacere passare del tempo con lui."
"Ma non è quel tipo di piacere dettato dall'affetto fraterno." Disse con un sorrisino malizioso.
Non c'era molto da dire. Drew Wright era sempre stato il mio punto debole. E avevo passato tutta la vita a nascondere quel sentimento profondo nato e cresciuto insieme a noi. Non ne ero innamorata, solo inevitabilmente legata.
Drew era uno di quei ragazzi tanto belli da fare male agli occhi. Aveva quei ricci castani che facevano impazzire le ragazze e quegli occhi smeraldo che le facevano sciogliere come burro fuso. Era consapevole del suo fascino e ovviamente ne approfittava. Sicuramente non era uno di quei ragazzi che cambiava le ragazze come i calzini, ma aveva avuto la sua buona dose di avventure. E io? Io ero solo la sorella dei suoi migliori amici e ormai anche la sua. Mi voleva bene, ma non mi voleva.
Con gli anni quella folle e malsana attrazione era sparita, o almeno si era ridotta al minimo quando era partito per un Master in economia. Ma da quando era tornato non potevo non esserne attratta. Era davvero uno spettacolo.
"Non so di cosa parli." Dissi alzandomi per buttare il cartone vuoto della pizza. "Drew è come un fratello."
"Un fratello sexy." Disse sempre con quel sorriso odioso.
"Smettila." Dissi alla fine sorridendo divertita.
"D'accordo, d'accordo. La smetto." Disse arrendendosi. "Cosa devi fare domani?" Cambiò discorso.
"Ho una lezione la mattina e poi attacco a lavoro alle 15.00. Tu?" Dissi già esausta per il giorno dopo. L'università di medicina era il mio obbiettivo da quando mia madre era morta e ,anche se era sfiancante a volte, non mi ero mai pentita di quella decisione.
"Io ho due lezioni il pomeriggio." Disse. Lei invece frequentava l'università di lettere antiche e ne era follemente innamorata. "Comunque a che ora stacchi?"
"Alle 19.00. Perché?" Chiesi curiosa.
"Avevo pensato che domani sera potevamo uscire." Disse semplicemente. "Così. Per svagarci."
Taylor sapeva tutto di quello che era successo quel maledetto mercoledì e io sapevo che lei stava cercando di farmi divertire per non pensarci, ma quella non mi sembrava una splendida idea.
"Dove avresti intenzione di portarmi?" Chiesi semplicemente senza lasciare intendere la mia risposta definitiva.
"Vengo da te, ci prepariamo insieme e poi usciamo." Disse. "Cena fuori e poi andiamo a ballare."
"Non so." Dissi semplicemente.
"Dai, D." Disse prendendo le sue cose e avvicinandosi alla porta. "Se ti annoi ce ne andiamo e puoi tornare in stanza a guardarti tutti gli episodi di The Walking Dead."
"Prometti?" Chiesi. "Prometto." Rispose, per poi darmi un bacio sulla guancia e sparire verso il suo appartamento.
***
Mio Dio. Quel giorno il lavoro mi aveva sinceramente distrutta, ma ormai avevo preso un impegno con quella matta della mia amica e lo dovevo rispettare.
Quando uscii dal "Musa" quello che mi trovai davanti mi lasciò sorpresa e infastidita. Non riuscivo a credere che era lì.
Girai nella direzione opposta, sperando con tutto il cuore che non mi avesse vista. Ma ovviamente la fortuna non era dalla mia parte e mi ritrovai davanti i suoi occhi castani.
"Cosa vuoi, Austin?" Chiesi scocciata.
"Dato che non rispondi più alle mie telefonate, ho pensato di venirti a trovare." Disse come se fosse la cosa più normale della terra.
"Hai pensato male." Dissi, strappando il mio braccio dalla sua presa forte. "E non ti rispondo più perché sei pesante e incapace di capire che tra noi non c'è mai stato nulla e mai ci sarà."
Girai i tacchi e tornai a camminare per la mia strada, ma sentivo il suo sguardo addosso e i suoi passi dietro di me.
Mi girai di scatto. "Smettila Austin." Dissi alterata. "Stai diventando uno stalker."
"Ti ho solo chiesto una possibilità." Disse lui.
"Io non te l'ho data." Dissi. "Quindi sparisci dalla mia vita ed è l'ultima volta che te lo dico."
Mi girai e inizia a camminare con passo più svelto e dopo cinque minuti fui felice di vedere che non era più dietro di me.
Non avrei mai creduto che un ragazzo tanto dolce e disponibile potesse trasformarsi in questo. Erano mesi che non mi lasciava in pace. Era fermamente convinto che tra noi ci fosse qualcosa, ma per me era solo un ragazzo carino che mi aveva dato ripetizioni una singola volta.
Quando tornai a casa, Taylor era già sotto la doccia. Aveva le chiavi e entrava quando le pareva. Si era anche portata dei vestiti, lo spazzolino, i trucchi. Era una ragazza completamente folle.
"Tay." Urlai come saluto.
"Ciao, D." Disse. "Cinque minuti e esco."
Li conoscevo benissimo i suoi cinque minuti, equivalenti ai trenta minuti di noi comuni mortali.
Sfruttai quella mezz'ora per decidere cosa mettere quella sera. Non ero per niente pratica per certe cose. Quando ero piccola avevo dei momenti in cui sarei anche uscita in pigiama, altri in cui se non trovavo cosa mettermi entravo in paranoia.
Ecco questo era uno di quei momenti in cui sarei anche uscita in pigiama. Ero esausta e emotivamente distrutta per pensare cosa mettermi quindi rimasi a fissare l'armadio con i miei vestiti, pensando totalmente ad altro.
"Ti sei incantata?" chiese Taylor facendomi saltare in aria.
"No." dissi. "Ma sono convinta sempre di più che uscire stasera non sia stata una delle idee migliori che tu abbia mai avuto."
"Io penso il contrario invece." disse. "D, impara a lasciarti andare qualche volta."
"Okay." dissi dopo qualche secondo di silenzio. "Ma decidi tu cosa devo indossare."
"Speravo l'avresti detto." disse, iniziando a saltellare coperta solamente da un mini asciugamani che copriva meno di quello che doveva coprire.
Quando uscì dall'armadio quello che avrei dovuto mettere quella sera, non ne ero completamente contenta. Taylor sapeva qual era il mio tipo di abbigliamento e aveva cercato di rispettare le mie richieste, ma quei pantaloni neri in finta pelle e quella maglietta con la schiena nuda non mi convincevano un granché.
Mi piacevano addosso, ma mi sentivo a disagio e completamente non me stessa. Quella sera però non volevo pensare a nulla. Quindi lasciai i capelli mossi sciolti e misi un rossetto rosso di Taylor. Misi le Lauboutin nere classiche, regalo di mio padre.
Taylor era tutta un'altra cosa. Amava vestirsi bene e apparire al meglio. Diceva che la faceva sentire sicura di sé. Ma lei era bellissima anche con un pigiama con i pinguini. Adoravo i suoi capelli biondi e quegli occhi nocciola che avevano spezzato un sacco di cuori. Era bella e sembrava saperlo benissimo. Quella sera aveva deciso di indossare un vestito verde smeraldo come gli occhi di Drew.
Uscimmo dalla mia stanza e ci avviammo verso il mio ristorante preferito.
Taylor era una di quelle persone che per farti stare meglio ti avrebbero portato in capo al mondo. Se ti fosse piaciuto il sushi ti avrebbe portata in Giappone per farti mangiare il miglior sushi della terra. Se ti fosse piaciuto il mare ti avrebbe portato ai Caraibi. Se ti fosse piaciuta Parigi, ti avrebbe portato direttamente sulla cima della Tour Eiffel. Era fatta così e io l'adoravo.
Arrivammo davanti al ristorante tailandese migliore in zona ed era già tutto prenotato. E Taylor odiava il tailandese.
Quando ci sedemmo la fissai con un sorriso.
"Che c'è?" Mi chiese lei.
"Sei completamente pazza." Dissi continuando a scuotere la testa.
"Non è niente." Disse abbassando lo sguardo. Era troppo orgogliosa e testarda per ammettere che metteva tutta se stessa quando qualcuno a cui voleva bene soffriva.
Mangiammo, parlando di tutto come sempre. O almeno io mangiai, lei si limitò a giocare con il pane.
Quando uscimmo, ero piena e stanca, ma lei era convinta che andare a ballare non mi avrebbe fatto pensare per un po'. E forse aveva ragione.
Arrivammo al "Club 26", una discoteca che aveva aperto da poco.
Pensavo che nella mia intera esistenza non mi sarei mai presa un tale sbronza da stare male, ma quella sera non ero me stessa. O forse ero una me stessa diversa.
Ero tutta sudata, schiacciata da corpi altrettanto sudati e importunata da tizi che non avrei guardato mai neanche con la coda dell'occhio. Taylor, però, in questi casi diventava un pugile professionista e mentre ballavamo tirava pugni a caso. Mi faceva morire dal ridere, ma ero ubriaca. Ridevo per tutto.

Era una bella sensazione. Quella che ti da l'alcool, intendo. Ero più leggera e sicura di me. I miei fratelli mi avrebbero uccisa se mai l'avessero scoperto, ma in quel preciso istante c'ero solo io, la mia migliore amica e una discoteca dove mi stavo divertendo come mai in vita mia. Non era un posto superficiale e stupido come lo avevo definito anni prima. Era grande, affollato e per niente familiare. Il posto adatto a me in quel particolare momento della mia vita.

Ballavo con quei pantaloni succinti e la schiena nuda sudata. Spostavo la mia lunga chioma di capelli neri da una parte all'altra per far prendere aria al collo dato che, come sempre, avevo dimenticato l'elastico. I tacchi mi uccidevano, ma ero contenta, ubriaca e sorridente. I ragazzi ci notavano e io mandavano sguardi maliziosi e sorrisi qua e là solo per il gusto di guardare le loro espressioni. Non mi avevano mai guardata così, come se mi avessero voluto mangiare. Era una situazione fastidiosa e invadente se non gradivi sguardi come quelli da uno sconosciuto qualsiasi. Volevo quello sguardo da qualcuno che mi rispettava e voleva allo stesso tempo. 

"Bevi qualcosa?" chiese una voce dietro di me.

Mi girai da un lato spaventata, dall'altro sorpresa. 

"In realtà ho davvero bevuto troppo." dissi sorridendo come la più stupida delle oche a quel bel ragazzo che da un lato sperai di non rivedere mai più, perché essere ubriachi e come avere sulle spalle l'angioletto e il diavoletto dei film. Uno che ti dice di non fare una cosa, uno che ti spinge a farla e alla fine è il caos totale.

"Allora la vuoi una sigaretta?" chiese svelandomi il colore dei suoi occhi. Castani. 

Lo guardai e nel frattempo l'angioletto e il diavoletto mi stavano mandando a puttane il cervello. Alla fine annuii con un sorriso confuso.

Uscimmo dal locale dove avevo lasciato Taylor con un dj alto cinque volte me. Il ragazzo senza nome si dimostrò un galantuomo che mi aprì la porta e mi porse la sua giacca.

Ci appoggiammo al muretto e lui mi diede la sigaretta. La accesi e rimasi in silenzio.

Dov'era finita la Mars ubriaca e sicura di sé? Era tornata quell'altra?

"Come ti chiami?" interruppe il silenzio il ragazzo senza nome.

"Dopo avertelo detto dovrò seriamente ucciderti." Ecco che torna, ecco che torna.

"Così terribile?" chiese Mister occhi castani ridendo leggermente.

"Non immagini quanto." dissi con la sigaretta tra le labbra.

"Prometto di non fare commenti." disse sorridendomi.

"Il mio nome è..." decisi di lasciarlo un po' sulle spine. "DianeMargaret."

Spalancò gli occhi e alla fine sorrise. "Non è così male."

"Noooo." dissi ironica.

"Posso darti un soprannome?" chiese aspirando.

"Il soprannome si da alle persone vicine, agli amici." dissi. "Cosa ti fa credere che ci rivedremo?"

"Sensazione, DianeMargaret." disse spegnendo la sigaretta.

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