Capitolo 13

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Scusate l'enorme ritardo, ma sono iniziate le interrogazioni e i primi compiti scritti.... voglio morire!!!!

Michael andò in camera di Andrea all'alba per aiutarla a fare le valigie. Le aveva prenotato un biglietto per il primo treno che giungeva a Londra.

"Tutti dormono e nessuno sa niente... sei consapevole che il tuo comportamento ferirà molto i signori Reed?" le domandò Michael mentre trasportava il bagaglio di sua sorella per le scale, cercando di non far alcun rumore.

"Lo so, ma quando tu gli dirai che cosa è successo , capiranno. Insomma , chi non capirebbe? " disse a bassa voce Andrea.

"Perché lo dovrei fare io?" squittì il ragazzo. Andrea roteò gli occhi al cielo e sbuffò.

"Ovviamente perché tu sei mio fratello" rispose , nascondendo un sorriso. Quella piccola innocente litigata la stava aiutando a non pensare a Logan,ma soprattutto a ciò che aveva fatto.

"Ma loro non sanno che sono tuo fratello" ribattè Michael.

"Allora racconta tutto , che importanza ha nasconderlo? Questo segreto ha già procurato troppi guai, non credi?" affermò triste.

"Dovresti perdonarlo" disse timoroso l'altro. Andrea girò di scatto la testa verso di lui, e lo osservò torva.

"Michael io non sono arrabbiata con lui perché mi ha tradito ... beh anche per quello. Ma sono state le sue parole accusatorie a ferirmi. Tu non hai sentito quello che mi ha detto, il modo in cui mi ha aggredito verbalmente. Mi ha fatto più male del gesto in sé. Le parole mi fanno molto più male di qualsiasi altra cosa" ammise torturandosi le mani.

"Ieri non me lo hai detto" mormorò Michael " non lo sapevo.... Mi dispiace"

"Lo so, va bene così. Sapevo dall'inizio che avvicinarmi a lui sarebbe stato solo un errore, l'ultimo mio errore". Suo fratello non sapeva come rispondere, e non parlò fin quando non si ritrovarono tutte e due nel taxi per andare alla stazione. Lui aveva insistito per accompagnarla, anche se poi sarebbe dovuto tornare indietro.

" Non so se quello che sto per chiederti ti sembrerà inopportuno, ma vorrei sapere di più sulla tua vita passata"

"Ma se non è il momento giusto, non importa" aggiunse subito dopo, notando lo sguardo smarrito e perso di Andrea.

"No, va bene. Infondo sei mio fratello, è normale che tu voglia sapere qualcosa sul mio passato. Ma devi promettermi che non mi giudicherai... non ero quella che si potrebbe definire una brava ragazza" . Michael la rassicurò con lo sguardo e la prese per mano.

Andrea si sistemò meglio sul sedile e incominciò a raccontare.

"Avevo quattordici anni e mezzo la prima volta che ho preso una bottiglia di vodka e mi sono ubriacata. Mi sono lasciata andare , ho sentito l' alcool scendere lungo la mia gola ... e bruciava . Però mi dimostrava che ero viva, almeno il mio corpo lo era. Non mi importava se mi girava la testa , non mi importava niente . Giravo di notte da sola, sotto la pioggia, con la neve , sempre. Ero consapevole che era pericoloso farlo , ed era per questo motivo che lo facevo. Bramavo il pericolo, lo desideravo in modo mal sano. Ero completamente fuori controllo... bevevo , fumavo, usavo i ragazzi per poi buttarli come carta straccia. Mi facevo desiderare indossando abiti provocanti e usando parole ammalianti. Poi li lasciavo a bocca asciutta . Era divertente, almeno per la vecchia Andrea con una mente assai contorta . Odio la vecchia me stessa. Ero così sconsiderata e fuori di testa" mentre si sfogava non riusciva guardarlo negli occhi, si vergognava troppo " I miei nonni non sapevano proprio come comportarsi con me. Ero un fantasma che gironzolava in casa loro, senza parlare, mangiare o dormire... gli incubi erano tremendi. Le mie urla riempivano di dolore i loro cuori. Nostra nonna cercava di rendermi felice portandomi in viaggio con lei, soprattutto a Parigi per conoscere il resto della famiglia e raccontarmi un po' del suo passato. Mi ha fatto visitare la scuola di ballo in cui ha studiato e ho conosciuto anche molti ballerini e ballerine con cui mi tengo ancora in contatto. Se ci ripenso adesso, credo che se fossi stata una ragazza normale, mi sarei divertita. Ma non lo sono mai stata... però non ho mai mancato loro di rispetto, perché dal momento in cui sono venuti a prendermi a New York, quando ero sotto shock e inerme sul pavimento, la prima cosa che ha detto  nostra  nonna è stata che si sarebbe presa cura di me .... I suoi occhi non erano compassionevoli, anzi erano brillanti e pieni d'affetto. Io non volevo compassione e lei lo aveva capito dal primo istante"

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