Capitolo quattro

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Uscendo un vento freddo mi assale. L'unica cosa a cui riesco pensare è a mia madre. Un senso di colpa si fa strada nella mia mente. Perché l'ho lasciata lì? Perché l'ho lasciata con mio padre? Vorrei tornare indietro ma ho paura,ho paura che lui possa uccidere anche me. -Cazzo la polizia!- dico. Devo chiamare la polizia. Prendo il telefono e compongo il numero.
-Pronto?Come posso aiutarla?- risponde una voce femminile.
-Aiuto la prego!- dico
-Si calmi e mi dica cosa è successo-. Senza accorgermene ho iniziato a piangere.
-Mia madre.....mio padre ha ucciso mia madre-
-Dove si trova?-
-A casa,la via è Claybol street,56-
- Mando subito una pattuglia-

Chiudo la chiamata,sono un po più calma rispetto a prima ma continuo a pensare a mia madre. Una voce familiare mi distoglie dai miei pensieri.
-Hey,ciao stronzetta-. Mi giro e vedo lui,il mio migliore amico,l'unico che riesce a farmi sorridere,Jack. Io e Jack ci conosciamo dalla'asilo e i nostri sono cari amici,o meglio erano... Inizio a piangere pensando a cosa è appena accaduto dentro alla casa che ho alle mie spalle.
-Cosa succede?- chiede Jack evidentemente molto preoccupato visto che in questi 16 anni mi ha visto piangere massimo 5 volte. Gli corro incontro e lo abbraccio,le mie lacrime bagnano la sua felpa blu. Alzo lo sguardo e vedo i suoi occhi verdi che mi fissano con aria preoccupata. Il suo ciuffo nero è scompigliato e il suo piercing al labbro risplende alla luce del sole. Ho avuto sempre un debole per lui ma non voglio confessarglielo,non voglio perdere la nostra amicizia. Lui è fra quelle poche persone a cui tengo davvero. All'improvviso vengo strattonata all'indietro cadendo a terra. Qualcosa mi trascina dai capelli. -Volevi scappare puttana? Ora vedrai che non scapperai più-. Riconosco la sua voce,la sua disgustosa voce. È Fray,colui che chiamavo padre.

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