Sbattei forte la porta, non vedevo l'ora di entrare in casa e lasciarmi tutto alle spalle, potevo finalmente crollare e piangere, i miei occhi erano lucidi, lanciai lo zaino in sala e qualcosa dentro di me mi disse "ora puoi, la casa é vuota, sei sola come sempre". Volevo avere qualcuno con cui condividere il mio dolore, tutti dicevano che se si soffre in due si possono trovare soluzioni e il dolore pesa molto meno. Volevo soltanto prendere in mano la lametta e sfregarla sul mio braccio, il taglio della mattina era ancora aperto. Come prima cosa mi levai il maglioncino e con acqua e sapone e lo lavai bene bene, fino a far scomparire l'enorme chiazza di sangue. In fretta e furia presi della carta igienica e me l'avvolsi stretta stretta sui tagli del braccio, tanto da tamponare la fuoriuscita del sangue, presi il portafoglio e correndo con il fiatone entrai nella prima farmacia e presi i cerotti. Per fortuna mia madre non era ancora tornata dal lavoro,prima di tagliarmi dovevo fare un'ultima cosa, buttare il cibo nella spazzatura che avrei dovuto mangiare appena tornata da scuola, tanto mamma non se ne accorgeva mai, oramai campavo d'aria e acqua. Stavo sudando freddo, i miei pensieri scorrevano troppo veloci, stavo impazzendo di brutto, il mio capo si scontró con il muro, volevo buttare giù la parete della mia stanza, avevo troppa rabbia dentro. Nessuno mi capiva, ero sola, intrappolata a vivere una vita non mia. Davo pugni a tutto andare, per colmare il vuoto che sentivo dentro, non potevo vivere un altro istante senza lametta. Corsi in bagno, ma nel tragitto inciampai contro il mobile mi feci male, ma non importava, a nessuno importava, e neppure a me.