Camilla

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Lo squillo di una sveglia tagliò l'aria come una coltellata.
"Uffa..." mugolò Camilla da sotto il suo spesso piumone.
"Stai zitta!" Sbuffò ancora rivolta alla sua stupida suoneria dello smartphone.
Guardò l'orologio sulla parete dinnanzi al letto.
Erano le sette e mezza.
Lentamente si mise seduta, accarezzando con le mani il tessuto soffice del piumone.
Con un movimento impacciato dell'indice spense quel dannato aggeggio chiamato sveglia e con in brusco movimento tolse via le coperte.
Subito il freddo la investì, provocandole la pelle d'oca.
Si alzò dal letto, assaporò la sensazione fredda dei piedi nudi sul parquet e aprì la finestra facendo penetrare la luce nella camera.
Si infilò le ciabatte e, trascinando i piedi, raggiunse il bagno.
Si guardò disperatamente allo specchio, i suoi capelli sembravano una criniera arruffata e il trucco fortuanatamente leggero che si era dimenticata di togliere le era colato sul volto come lava da un vulcano.
"Che schifo." Borbottò.
Con pazienza cominciò a districare i capelli color ebano e delicatamente tolse i residui del trucco dal viso.
Successivamente si vestì con la divisa del bar dove lavorava, un gilet rosa shocking, sotto una camicia nera e una gonna svolazzante sempre nera lunga fino a poco sopra il ginocchio.
Si legò i capelli in una treccia laterale che le scendeva sulla spalla e applicò del trucco sui toni del marrone sul viso.
Era pronta.
Afferrò la tracolla in cui teneva un portamonete con qualche spicciolo e il suo portafortuna.
Era un piccolo cameo con dentro la foto di Camilla con i suoi genitori.
Un sorriso amaro piegò le sue labbra.
Simone ed Alisa Bernardi, padre e madre di Camilla, erano morti in un misterioso incidente.
Se lo ricordava bene, Camilla, quel giorno.
Aveva sei anni, era all'asilo e stava aspettando che i genitori la venissero a prendere con la macchina nuova.
Poi, con i suoi occhi da bambina, aveva visto solo che i suoi genitori non la venivano più a prendere, gli insegnanti si erano iniziati a preoccupare e il suo mondo, la sua vita, era mutata improvvisamente.
Era stata affidata ad una famiglia benestante che si era sempre comportata bene con lei.
I genitori adottivi erano spesso freddi con lei e il suo fratellastro, ma a parte questo a loro non era mancato proprio nulla.
A questo pensava Camilla, ormai diciottenne, mentre scendeva le scale del palazzo dove abitava.
Aveva finito mesi prima la ragioneria, tra pochi giorni avrebbe compiuto diciannove anni, aveva la grande fortuna di avere un lavoro, seppur non con uno stipendio particolarmente alto.
Era una ragazza fortunata e con una vita serena, no?
Camilla non era per niente serena. Il mistero che avvolgeva la morte dei genitori la torturava.
I genitori di Camilla non avevano avuto nessuno scontro con altre auto nell'incidente, semplicemente in mezzo alla strada erano morti, come in un improvviso infarto.
Anche se si sapeva che non era certo quello il motivo della loro morte.
Era un mistero che aveva coinvolto per molti anni gli agenti di polizia. Ormai però la causa era stata abbandonata, sommersa da tante altre.
Annegata in questo mare di pensieri quasi non si accorse che era arrivata al bar dove lavorava.
Si chiamava "Victoria's", spesso si svolgevano delle piccole esibizioni musicali di cantanti di media fama.
Essendo già cambiata poggiò solo la tracolla al retro del locale, poi si posizionò al bancone, pronta a ricevere le ordinazioni dei clienti.
"Non c'è Marika, ci dobbiamo arrangiare." Le comunicò Dalia sbuffando.
Solitamente era proprio Marika a servire i tavoli, ma quel giorno il destino volle che fosse Camilla a fare ciò.
E forse non fu una scelta casuale, del "signor" destino.
Camilla stava prendendo le ordinazioni dell'ala ovest del locale, mentre Dalia di quella est.
Dopo aver portato un frullato ad una ragazzina con delle buffe trecce rosa shocking andò a prendere le ordinazioni dal cliente che era appena entrato nel locale.
"Buongiorno!" Salutò con un sorriso affaticato, quel giorno il locale brulicava di clienti e doveva correre da una parte all'altra del bar.
Era quasi senza fiato.
Quando guardò meglio il cliente arrossì di botto.
Era l'uomo più bello che avesse mai visto, di circa venticinque anni, pensò Camilla.
Aveva un fisico asciutto ma atletico, i capelli corti lasciavano intravedere il viso dai lineamenti marcati, gli occhi incredibilmente scuri e profondi in cui le sembrava di sprofondare.
"Salve." La salutò lui formalmente.
Camilla era ancora incantata, ma ben presto si risvegliò dalla sua trance.
"Cosa ordina?" Domandò dimostrando un minimo di professionalità.
"Vorrei un caffè con poco zucchero e una brioche vuota." Chiese sorridendo il cliente.
Camilla rimase abbagliata da quel bellissimo sorriso, in fretta decise di andare per non fare altre figuracce.
Andò a fare un caffè e prese una brioche, caricò tutto in un vassoio e fece per andare a servire i clienti.
Quando, mentre attraversava il locale, un cane legato sotto il tavolo le spuntò davanti facendole prendere un colpo.
Dalla sorpresa cadde all'indietro, facendo cadere il vassoio a terra.
Tutto il locale scoppiò a ridere, facendo arroventare per l'ennesima volta di quel giorno guance di Camilla.
Non le era mai successo prima di fare una figuraccia del genere.
Era una ragazza abbastanza attenta, soprattutto nel lavoro.
Ma quegli occhi e quel sorriso del misterioso cliente avevano invaso la sua mente facendola distrarre.
Se solo fosse stata un po' più attenta non avrebbe fatto quella figuraccia davanti a mezzo locale e soprattutto davanti a quel bellissimo uomo.
Con le lacrime che minacciavano di sgorgare dagli occhi da un momento all'altro si sistemò dignitosamente la gonna e, afferrando il vassoio, cercò di alzarsi.
Delle mani forti la presero per i fianchi e la alzarono.
Camilla trattenne il sospiro, il suo stomaco brulicava di farfalle impazzite sentendo l'odore di dopobarba che riconosceva come quello dell'affascinante cliente.
Si girò velocemente per vedere chi fosse il suo aiutante e constatò che era chi immaginava.
"Grazie." Sussurrò grata.
Lui le sorrise, si abbassò per prendere il vassoio e lo portò al bancone.
"Volevo finire l'ordinazione..." Disse guardandola negli occhi.
"Certo, mi dica." Esclamò lei un po' confusa.
"Mi piacerebbe che lei venisse un attimo fuori con me, si cambiasse e tornasse stasera per fare il turno al bar. Le va?" Chiese ammiccante.
Dalia, che stava passando lì vicino, le fece l'occhiolino, facendole capire che aveva il suo consenso e che avrebbe cercato di gestire il bar da sola.
"Oh, uhm... cioè, beh okay!" Rispose diventando quasi viola dall'imbarazzo.
"Andiamo solo alla gelateria e torni questa sera, ora andiamo." Le spiegò lui.
Mentre Camilla afferrava il giubbotto pensò alla sciocchezza che stava commettendo: stava per uscire con un uomo che non conosceva e che poteva benissimo essere un malintenzionato.
Ma un istinto, un istinto molto prepotente, le diceva che non doveva avere paura di quell'uomo.
Dopo essere uscita dal retro del locale per evitare gli sguardi della gente che aveva assistito alla sua caduta ed essere arrivata all'ingresso principale del bar vide l'affascinante uomo.
"Il mio nome è Thomas Castelli, incantato." Sì presentò sorridendo.
"Di nuovo quel sorriso..." pensò quasi con gli occhi a cuore.
"Io invece mi chiamo Camilla Bernardi, piacere." Esclamò lei distogliendosi dai suoi pensieri di adorazione.
"Scusa...?" Chiese lui sbiancando.
"Cosa intendi? Ho detto qualcosa che non va?" Domandò Camilla confusa.
"Come hai detto che ti chiami?" Riformulò la domanda lui.
"Camilla Bernardi" ripetè lei sempre con più confusione nella mente.
Lui la guardò, pallido e quasi tremante.
"Tutto bene?" Chiese Camilla preoccupata e afferrandogli il braccio per evitare un'eventuale caduta.
"Sì, certo, ovvio, tutto okay." Rispose Thomas.
Camilla lo guardò dubbiosa, Thomas sembrava stare tutt'altro che bene, ma in ogni caso non replicò.
"Dove andiamo?" Chiese timidamente lei stringendosi nel cappotto troppo leggero.
"Hai freddo?" Le chiese lui regalandole uno sguardo dolcissimo.
Improvvisamente tutto il freddo che sentiva prima Camilla scomparve, sostituito da un curioso caldo che partiva dalle guance per espandersi a tutto il corpo.
"Un po', ma non importa." Rispose.
"Importa a me, mettiti la mia giacca." Le disse lui sempre con grande dolcezza.
"Grazie, ma tu?" Chiese Camilla paonazza dall'imbarazzo e dalla felicità.
Lui non le rispose, si tolse velocemente la giacca e la porse a Camilla.
Lei, donandogli un sorriso grato, la indossò.
"Sei un po' ridicola, con due giacconi!" Disse Thomas buttando la testa indietro dal ridere.
Cavolo, se a Camilla piaceva il suo sorriso, la risata... per lei era micidiale.
Lei si unì alla sua risata.
"È il momento più bello della mia vita" pensò.
...
Era passato un intenso e bellissimo mese.
Camilla e Thomas avevano continuato a uscire insieme, ormai entrambi sapevano che entro poco sarebbe stato inevitabile mettersi insieme.
E nessuno dei due ne era per niente dispiaciuto.
Si piacevano a vicenda, avevano un legame particolare davvero invidiabile. Tutto sembrava andare per il meglio.
Thomas la veniva a trovare ogni mattina al bar, cosa che le faceva sempre notevolmente piacere.
Successe anche quella mattina di quel giorno di dicembre.
Camilla stava facendo un cappuccino quando Thomas, impeccabile nel suo giubbotto blu e i capelli scompigliati ad arte, era entrato dalla porta del bar.
A grandi passi, dettati dalle sue lunghe gambe, aveva raggiunto il bancone, si era allungato oltre ad esso e aveva stampato un bacio sulla guancia a Camilla.
I clienti abituali del locale si erano abituati a questo piccolo momento di dolcezza fra loro e ormai assistevano, soprattutto le coppie più anziane, con grande nostalgia.
"Come stai, bellissima?" Le chiese Thomas.
"Bene, oggi il bar è meno affollato, come vedi, quindi posso permettermi un po' più di respiro" rispose Camilla sorridendo al grazioso nomignolo "Tu invece?, come stai?"
"Bene. Oggi usciamo? Ti devo parlare di una cosa importante" disse lui grattandosi nervosamente il mento.
"Certo, a che ora? Io sono libera dalle tre alle sei." Mormorò con gli occhi brillanti. La speranza che lui le chiedesse di mettersi insieme si era accesa come una candela.
"Facciamo alle tre e mezza, ti vengo a prendere sotto casa tua. A dopo" Esclamò quasi freddamente lui.
Detto questo, girò i tacchi.
Camilla era confusa, le sue speranze cominciavano a sfumare e iniziava a preoccuparsi. E faceva bene.
...
Camilla aveva avuto solo mezz'ora di tempo per andare al supermercato e prepararsi per l'appuntamento.
Velocemente aveva legato i capelli in una coda alta, aveva indossato una camicia celeste e dei jeans a vita alta che risaltavano i fianchi.
Prima di uscire aveva calzato degli stivaletti di pelle e aveva afferrato la tracolla che tanto amava, poi aveva sceso le scale del palazzo ed era rimasta per quasi un minuto ad aspettare Thomas, che come suo solito non aveva tardato.
"Eccoti" lo salutò lei con un sorriso nervoso.
"Ciao, bellissima" Esclamò lui guardandola intensamente.
Lentamente allacciò le braccia attorno alla sua vita e l'abbraccio stretta.
Camilla si beò del suo profumo, di cui si riempì le narici, ma allo stesso tempo avvertì un "sapore" strano in quell'abbraccio, come se dietro si fossero celate delle parole.
Quando si staccarono lei chiese:
"Cosa c'era in questo abbraccio?"
Lui la guardò, confermando che c'era davvero qualcosa.
In ogni caso Thomas ignorò la domanda.
"Ti devo dire una cosa, Camilla. Non è per niente facile per me..." Thomas evitò il suo sguardo, ma quando Camilla riuscì ad intravederlo notò che i suoi occhi erano lucidi.
"Thomas, cosa sta succedendo?" Chiese preoccupatissima.
Vederlo così la uccideva.
"È che mi vergogno... così tanto... tu, tu non sai... ma ora ti dico, ora mi riprendo..." la voce di Thomas era interrotta dai singhiozzi.
"Entriamo in macchina, se mi devi dire qualcosa di così importante è meglio se lo facciamo lontano da orecchie indiscrete..." suggerì con dolcezza e prendendo la sua mano per guidarlo all'interno della macchina.
Una volta entrati nel veicolo lei le disse:
"Stai tranquillo, potresti anche dirmi che hai ucciso qualcuno, la mia unica risposta sarebbe domandare dove dobbiamo seppellirlo" sussurrò Camilla abbracciandolo.
I loro visi erano così vicini... entrambi avevano un innato desiderio di baciare l'altro.
Camilla fece per baciarlo, ma lui si spostò.
"Camilla, io non ce la faccio, non ce la faccio a stare accanto a te, che sei così bella, così dolce, simpatica, buona, sincera... io mi sto innamorando di te, e non posso permettermi di farti una cosa del genere. Tu devi sapere la verità. Non riesco ad abbracciarti senza pensare al fatto che ti nascondo una cosa del genere. Io ti devo dire una cosa che riguarda i tuoi genitori, Camilla." Disse tutto d'un fiato Thomas, gli occhi che emanavano una tristezza indicibile.
Camilla trattenne il respiro. Il suo istinto le diceva che stava per conoscere la parte importante della sia vita che rimaneva avvolta dal mistero.
"Prima che noi nascessimo, mia madre e la tua erano come sorelle. Solo che entrambi erano innamorate dello stesso uomo. Quando seppero di provare gli stessi sentimenti per lo stesso uomo nacque tra loro un'aspra rivalità che fece dimenticare a entrambe la fratellanza che le univa prima. L'uomo che entrambe amavano, Simone Bernardi, scelse tua madre, ignorando i sentimenti della mia, che lei gli aveva comunicato. Quando i tuoi si sposarono, tuo padre ebbe qualche scappatella con mia madre. Intanto anche mia madre si era sposata con mio padre. Nell'ultimo tradimento che tuo padre fece nei confronti di tua madre, lui promise a mia mamma che avrebbe lasciato sua moglie per lei. Ma non lo fece mai. Mia madre per molti anni desiderò di morire, andò in depressione. Ricordo quei tempi, ero solo un bambino che vedeva la sua famiglia andare a scatafascio. Un giorno mio padre scoprì i tradimenti di mia madre. Furioso, progettò di uccidere i tuoi genitori. Mio padre aveva una concessionaria d'auto. Vendette ai tuoi genitori un auto che al suo comando faceva spruzzare all'interno un veleno mortale. È stato così che i tuoi sono morti. La polizia non ha mai scoperto il veleno perché era talmente poco che, dopo averlo sparso nell'ambiente (inquinando) non lasciava nessuna prova. L'effetto del veleno non lasciava anche esso tracce." Le lacrime solcavano il volto pallido di Thomas.
Camilla corse via. Da quella macchina, da quelle parole, dall'uomo che amava, ma anche dal figlio dell'assassino dei suoi genitori.
...
Erano passati quattro giorni. Quattro giorni passati a letto, a pensare.
Anche se in fondo Thomas non c'entrava niente, non poteva amarlo. Era il figlio degli assassini dei suoi genitori, cavolo!
Ma Camilla lo amava.
Dopo soli quattro giorni sentiva la terribile mancanza di lui.
E a pensarci bene solo al pensiero di lui piangente sapeva che avrebbe dimenticato dei suoi genitori.
Sapeva che l'aveva cercata, più volte aveva suonato il campanello e l'aveva visto dallo spioncino.
Il desiderio di aprirgli la porta e buttarsi tra le sue braccia era stato fortissimo, ma l'aveva combattuto.
Quel lunedì era nel letto, sommersa nel piumone, simile ad una coltre di neve.
La sua attenzione non era richiamata da nulla, solo dal ricordo di Thomas.
Che pazzia, per anni si era torturata sul mistero dei suoi genitori e ora le importava solo di Thomas...!!
Un ticchettio le giunse alle orecchie. Sembrava provenire dalla finestra chiusa.
In fretta la aprì, una figura alta e massiccia scivolò nella sua stanza.
"Thomas!" Strillò spaventata, senza poter controllare la felicità che le stava rischiarando l'anima nel vederlo.
"Camilla!!" Esclamò lui con gli occhi brillanti dalla felicità.
Entrambi si guardavano: tutti e due erano felici, felicissimi nel vedersi, tutti e due avevano una voglia matta di baciarsi, di stringersi, anche solo di parlare, di ascoltare l'uno la voce dell'altra.
Tutti e due avevano bisogno dell'altro.
E capirono che insieme avrebbero accettato l'accaduto, sarebbero andati avanti insieme, avrebbero sconfitto tutto e tutti solo se si fossero tenuti per mano.
Ed in quello sguardo che si lanciarono sigillarono un amore che sarebbe durato per sempre.

So che avrei dovuto incentrare la storia più sul mistero ma non ho resistito!
Questa è la volta buona che vengo eliminata!
Con questo vi saluto, come sempre ringrazio i giudici e vi lascio, spero che per voi si stata una buona lettura :)



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